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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Task , uscita: 07-09-2025. Stagioni: 1.

Task: la recensione dei 7 episodi della miniserie con Mark Ruffalo (su SKY e Now)

13/09/2025 recensione serie tv di Marco Tedesco

Un crime drama teso e umano che interroga cosa dobbiamo a noi stessi e ai nostri cari

mark ruffalo serie task 2025

Task, nuova serie HBO in 7 episodi creata da Brad Ingelsby e interpretata da Mark Ruffalo e Tom Pelphrey, riparte dalle periferie della contea di Delaware già esplorate in Mare of Easttown, ma allarga lo sguardo fino a farne un racconto morale su colpa, cura e responsabilità. In termini di resa narrativa, la serie alterna thriller poliziesco e melò familiare; in termini di visione del mondo, interroga il prezzo delle scelte degli adulti sulle vite dei figli. È qui che Task trova la sua verità più persuasiva e, insieme, i suoi limiti.

La sequenza iniziale in auto, con Robbie (Pelphrey) che invita gli amici a “immaginare una spiaggia” per staccarsi dalla realtà, definisce l’asse tematico: il desiderio di evasione come surrogato di una felicità impossibile. Quella “spiaggia” ha il suo corrispettivo concreto nella cava dove Robbie da ragazzo nuotava con i suoi, oggi luogo freddo e isolato.

L’immagine è semplice, ma efficace: il paradiso privato non basta più quando il presente esige denaro per crescere i figli, protezione dalla violenza, una via d’uscita che non c’è. Pelphrey scolpisce un uomo luminoso in superficie e infranto in profondità: la sua cordialità domestica, il gioco con i bambini, il sorriso che tiene insieme una casa precaria, convivono con rapine notturne a covi di spaccio e con un lutto non pacificato. È la scelta attoriale migliore della serie: mostrare un protagonista “buono” per vocazione e “colpevole” per necessità, senza sconti né assoluzioni.

Dall’altra parte c’è Tom Brandis (Ruffalo), ex sacerdote e oggi agente dell’FBI, che vive l’elaborazione di più traumi contemporaneamente: la morte della moglie, il figlio in carcere, una fede che non consola più. Non è l’eroe in fuga dalla verità tipico del poliziesco: è un uomo che la verità la dice a se stesso, ogni mattina, tra una preghiera che non riceve risposta e un bagno nel ghiaccio per scosciare il torpore del dolore. Ruffalo lavora per sottrazione: spalle curve, occhi febbrili, un’umanità che si avverte anche quando l’alcol diventa stampella. È una prova di rara compostezza, meno “esibita” del solito, che dà densità a ogni silenzio.

Se Task fosse solo la caccia tra cacciatore e preda, sarebbe una buona serie. Diventa interessante quando mette in campo chi regge il mondo intorno a loro. Maeve (Emilia Jones), ventunenne che si sobbarca cucina, pulizie, turni in sala giochi e gestione emotiva dei più piccoli, è il terzo vertice del racconto: essere “adulta per mancanza d’alternativa” significa permettere allo zio Robbie di uscire la notte a “fare il necessario”.

mark ruffalo task serie 2025È un’osservazione sociale netta: il lavoro di cura ricade sulle donne, spesso senza riconoscimento, e la serie lo mostra con chiarezza affettuosa. Specularmente, l’unità operativa guidata da Tom funziona davvero grazie ai legami che si creano tra le agenti: Lizzie (Alison Oliver), giovane poliziotta che trema e impara, e Aleah (Thuso Mbedu), tiratrice esperta, sono un controcanto credibile a due maschi che tendono a isolarsi nel dolore. In questo intreccio Task respira: i corridoi degli uffici, le chiacchiere esauste dopo il turno, i pranzi disturbati da telefonate, restituiscono un’aria vissuta che il pubblico riconosce.

Sul piano formale, la serie conserva un passo avvincente: inseguimenti tesi, una sparatoria capace di stringere lo stomaco, domande lasciate a ribollire e sciolte con tempismo. Tuttavia, qui emergono le frizioni. Il ritmo a tratti sfarfalla tra avviamenti procedurali e improvvise impennate; alcuni colpi di scena nella seconda metà paiono più funzionali al meccanismo che generati dai personaggi; una lunga corsa del sesto episodio ha l’aria dell’esibizione di muscoli più che della necessità drammatica.

Anche la gestione dei comprimari è diseguale: figure lanciate con cura (Maeve in primis) tendono a scomparire quando la trama si stringe sul duello centrale, mentre l’antagonista Perry (Jamie McShane), capo della banda motociclistica, emerge come gelo puro, terzo polo del triangolo morale: non un demone caricaturale, ma la ferocia amministrativa del crimine.

Dove Task convince davvero è nella sua etica. Ingelsby mette sul tavolo tre domande, semplici solo in apparenza: che cosa dobbiamo ai nostri cari? Che cosa dobbiamo alla generazione che viene? Che cosa dobbiamo a noi stessi? Le pesa senza sermoni, lasciando che siano i gesti a parlare: un padre che ascolta, un uomo che sbaglia e torna, una ragazza che regge la casa, una collega che tende la mano. La serie non chiede di tifare per il ladro o per il poliziotto; chiede di vedere la catena invisibile delle conseguenze. E, mentre guarda in faccia il dolore, osa suggerire che la cura – non l’evasione – è l’unica forma possibile di salvezza.

Nel confronto con il precedente lavoro dell’autore, l’ago pende in modo diverso: meno enigma e più fuoco incrociato; meno perfezione di ordito, più pressione dei fatti. L’impianto non è impeccabile, e a tratti affiora un senso di già visto, ma Task resta un poliziesco umano e partecipe, una serie HBO capace di valorizzare i suoi attori e di far sentire il peso delle scelte sui corpi e sulle case. Se Mare of Easttown era un romanzo corale d’indagine, Task è un romanzo d’attrito: fra lutto e necessità, fra legge e colpa, fra fuga e cura. Non rifonda il genere, ma ne rimette al centro ciò che troppo spesso si perde per strada: la responsabilità verso chi amiamo.

Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Task: