Voto: 5/10 Titolo originale: The Witcher , uscita: 20-12-2019. Stagioni: 4.
The Witcher, stagione 4: la recensione degli 8 episodi col nuovo Geralt
01/11/2025 recensione serie tv The Witcher di Gioia Majuna
Una stagione di transizione solida e più coerente, in cui la serie Netflix ritrova equilibrio ma perde parte del suo carisma con l’addio di Henry Cavill

La quarta stagione di The Witcher nasce con un compito doppio: riallineare una saga che si era fatta confusa e, soprattutto, ridefinire l’immaginario del pubblico dopo l’uscita di Henry Cavill. L’ingresso di Liam Hemsworth non è solo una sostituzione, ma un atto fondativo che cambia tono, corpo e psicologia del personaggio.
Il risultato, come spesso accade nei passaggi di testimone, divide. C’è chi vedrà in questo nuovo Geralt un’evoluzione coerente con la storia, e chi invece ne percepirà la mancanza di magnetismo. Di certo, The Witcher 4 sarà il capitolo più discusso dai tempi della prima stagione.
La storia si apre con un cantastorie che ricapitola le gesta del “Macellaio di Blaviken” e ci riporta nel cuore della vicenda. Geralt, ferito al ginocchio dopo lo scontro con Vilgefortz, viaggia con Jaskier e la guerrigliera Milva per ritrovare Ciri (Freya Allan) prima che cada nelle mani del mago o dell’imperatore Emhyr. Lungo il cammino incontra figure note ai lettori dei romanzi, tra cui Regis, enigmatico “erborista” dal passato oscuro, e i futuri membri della Hanza.
Dall’altra parte del Continente, Yennefer (Anya Chalotra) richiama le maghe ad Aretuza per contrastare Vilgefortz e ricostruire un ordine magico devastato. Intanto Ciri, stremata dalla sua eredità di Sangue Antico, rinnega identità e poteri rifugiandosi tra i Ratti sotto il nome di Falka, cercando disperatamente di costruirsi una vita al di fuori dell’ombra dei “genitori”. È il filone più umano e doloroso: la principessa, nel tentativo di definirsi, rischia di perdersi del tutto.
Il confronto tra Hemsworth e Cavill è inevitabile. Cavill incarnava Geralt come un monolite di carisma e contenimento: un eroe che comunicava più con un ringhio che con cento parole. Hemsworth ha un approccio diverso, più agile e meno titanico, e questo mutamento si riflette anche nella scrittura. Il nuovo Geralt è un uomo ferito, meno bestia solitaria, più incline ad accettare l’aiuto degli altri. Il volto più morbido e l’atteggiamento più vulnerabile si inseriscono in un percorso coerente con la trasformazione del personaggio. Tuttavia, la voce, la postura e la gravità che Cavill aveva dato al ruolo sono difficili da replicare. Hemsworth convince nell’azione, ma manca ancora di quella profondità istintiva che rendeva il suo predecessore un punto fermo della serie.
Anche la struttura della stagione riflette questa fase di transizione: Geralt, Yennefer e Ciri percorrono strade separate, e lo spettatore li segue alternandosi tra i tre punti di vista. È un’impostazione che chiarisce le linee narrative e permette di approfondire ciascun personaggio, ma a volte dà l’impressione di assistere a tre serie parallele. I fili si riuniscono solo tardi, e alcuni episodi, pur ben girati, sembrano trattenuti da una certa lentezza. Quando però le trame si intrecciano, l’impatto emotivo torna potente e la serie ritrova la sua identità.
Dal punto di vista visivo, The Witcher 4 rimane fedele al suo universo, tra duelli coreografati, magia e mostri spettacolari. L’estetica è curata ma fin troppo levigata, e toglie un po’ di fango e sangue a un mondo che dovrebbe respirare materia e pericolo. La fotografia satura e l’uso di luci digitali raffinate ricordano che si tratta di una grande produzione Netflix, e questo può piacere o deludere a seconda delle aspettative.
La forza della stagione, piuttosto, sta nei nuovi personaggi: Regis, interpretato da Laurence Fishburne, porta eleganza e ironia, mentre Zoltan e Milva aggiungono sfumature di umanità e respiro d’avventura. Anche Ciri, con i Ratti, trova finalmente uno spazio di crescita: la sua ribellione diventa un racconto di formazione autentico, e per la prima volta non è solo un simbolo o un obiettivo, ma una protagonista piena.
La stagione guadagna chiarezza, ritmo e un equilibrio più maturo tra le tre linee narrative principali, ma non riesce a eliminare del tutto i suoi difetti. Il tono resta disomogeneo, oscillando tra l’epica e la leggerezza, e la moltitudine di comprimari rischia di diluire la tensione. Soprattutto, manca ancora una vera centralità carismatica: Geralt è spesso un perno narrativo più che un protagonista pulsante. Hemsworth cresce episodio dopo episodio, ma serve la stagione finale per capire se potrà davvero imprimere un segno personale al personaggio.
Nel complesso, The Witcher 4 è una promozione con riserva. Sono 8 episodi di assestamento, più ordinati e coerenti rispetto alle stagioni precedenti, con buoni momenti di azione, qualche svolta drammatica riuscita e un equilibrio emotivo che ricomincia a funzionare.
Non è il ciclo più intenso né il più travolgente, ma prepara il terreno per la conclusione e restituisce alla saga una direzione. Il vuoto lasciato da Cavill resta avvertibile, ma la serie riesce, almeno in parte, a trasformarlo in occasione narrativa. Se la quinta stagione saprà capitalizzare questo nuovo equilibrio, The Witcher potrà chiudersi non come una copia sbiadita del suo inizio, ma come una rilettura più consapevole e umana di ciò che è sempre stato: un racconto di destino, sangue e scelte impossibili.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano della stagione 4 di The Witcher, su Netflix dal 30 ottobre:
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