La serie fanta-avventurosa a fumetti in stile manga creata da Ben Dunn arriva sul piccolo schermo interpretata da Alba Baptista e Tristán Ulloa, per un risultato che si discosta dalla fonte ma ne coglie le sfumature più importanti
La serie fanta-action Warrior Nun di Netflix è – in sostanza – un adattamento piuttosto libero del fumetto americano in stile manga Warrior Nun Areala di Ben Dunn (inedita in Italia al momento), che segue la ‘suora guerriera’ del titolo, sorella Shannon Masters, e le sue amiche dell’Ordine della Spada Cruciforme mentre combattono le forze del male. Lo show è una sorta di ‘sequel spirituale’ ( una definizione sempre più in voga a Hollywood ultimamente …) del materiale disegnato pubblicato per la prima volta nel 1994. Prende infatti l’ampia premessa, una setta religiosa di suore e sacerdoti che combattono il Male sotto la guida di una suora guerriera superpotente e la reinventa e adegua per il giovane pubblico del 2020. Alcuni personaggi vengono ripresi fedelmente dalle pagine del testo originario, come Shotgun Mary (Toya Turner), mentre altri, come la protagonista suor Shannon, vengono un po’ trascurati in favore di nuovi personaggi creati appositamente per il piccolo schermo.
I 10 episodi complessivi iniziano coi membri dell’Ordine appena rientrati da un’operazione fallita durante la quale la loro leader, sorella Shannon (Melina Matthews), è stata ferita a morte. Rimuovono il sacro artefatto impregnato di potere dalla schiena della donna, ma prima che possa essere collocato all’interno della prossima ‘Portatrice’, la chiesa viene attaccata. Una consorella colloca allora il manufatto all’interno del cadavere della diciannovenne Ava (la portoghese Alba Baptista) per proteggerlo. La sacra reliquia fa risorgere la ragazza, che in precedenza conviveva con la quadriplegia, e le dona la capacità di camminare, attraversare oggetti solidi ed esercitare una forza eccezionale … tra le altre cose. Ava deve decidere quindi cosa fare del suo nuovo straordinario potere, prima che qualcun altro prenda la decisione per lei.
La storia segue poi il tipico viaggio di formazione dell’eroe, con Ava che scopre poco alla volta il mondo esterno e inizia a comprendere quale sia il suo posto in esso. Incontra un ragazzo carino, JC (Emilio Sakraya) e il suo gruppo di amici nomadi, e insieme esplorano la città e creano problemi, finendo anche per rovinare la festa del genio della tecnologia Jillian Salvius (Thekla Reuten), che sembra su punto di rivelare una scoperta scientifica in grado di potenzialmente alterare l’equilibrio del mondo, con grande sgomento del Cardinale Duretti (Joaquim de Almeida).
Ava riesce a correre sulla spiaggia e a ballare in discoteca grazie alla libertà di movimento che l’artefatto le concede. Ma quella libertà ha – naturalmente – un costo. Il manufatto appartiene infatti all’Ordine della Spada Cruciforme (OSC) ed è ricercato dai suoi membri, dai demoni e da altre parti interessate che vogliono usare il suo immenso potere per i loro specifici fini. Ava ha quindi una scelta: aiutare le religiose in una guerra in cui è stata arruolata contro la sua volontà, o approfittare della seconda possibilità che le è stata data di vivere la sua vita senza vincoli e menomazioni, lasciando però l’OSC impotente nella lotta contro il Male?
Ava è forse il personaggio meno interessante di Warrior Nun. Il che – sia chiaro – non vuol dire che sia un personaggio scritto o recitato male, quanto piuttosto passare più tempo con alcune delle altre sorelle avrebbe potenzialmente potuto essere più gratificante. Specie se consideriamo i minuti trascorsi (persi?) in compagnia di Ava e del suo potenziale interesse amoroso. Detto questo, la costruzione di questo universo fatto di magia e religione e dell’OSC attraverso gli occhi di Ava è avvincente e affascinante. Tutto ciò che sta vivendo le è nuovo e intraprendere questa avventura con lei invece che col ‘solito’ personaggio stanco del mondo e della vita è in un certo senso rinfrescante. In tal senso, i paragoni con una versione ultracattolica Buffy l’ammazzavampiri non sono del tutto avventati.
Lilith (Lorena Andrea), d’altra parte, è la consorella più vicina ad ereditare il manufatto. Quello della ‘portatrice’ è il ruolo per cui è stata a lungo preparata. Non le importa di seguire i capricci di una ‘non credente’ qualsiasi, e di certo non si preoccupa di ciò che accadrà ad Ava – che è stata rianimata dal manufatto – se dovessero rimuoverlo dal suo corpo. Lilith è alla ricerca feroce del suo percepito diritto di nascita e Ava è solo una peccatrice casuale che si trova sulla sua strada.
La madre Superiora (Sylvia De Fanti), come Lilith e il Cardinale Duretti, non crede che Ava sia degna del compito e si risente molto dell’idea di doverla allenare o fare da guida. Tuttavia, padre Vincent (Tristán Ulloa) crede che l’artefatto l’abbia scelta per un motivo preciso. Esorta così Ava a diventare parte dell’OSC e incoraggia gli altri ad abbracciarla e riconoscerla. Altri membri dell’OSC, come suor Beatrice (Kristina Tonteri-Young) e Camile (Olivia Delcán), si accontentano di seguire il volere dei loro superiori, ma quando diventa meno chiaro di chi ci si possa fidare, devono capire da soli se riporre o meno la propria fiducia Ava.
Il conflitto su cosa fare con Ava e cosa fare riguardo al manufatto, catalizza decisamente la narrazione in questa prima stagione di Warrior Nun. Ogni personaggio con cui Ava interagisce ha un’idea diversa di chi lei sia e di chi dovrebbe essere. E tutti vogliono dirle come dovrebbe comportarsi e cosa dovrebbe fare, specialmente quelli che vogliono che lei rinunci al manufatto – e presumibilmente alla sua vita ‘magicamente’ riguadagnata. Più che il non aver mai avuto la possibilità di esplorare il mondo al di fuori dell’orfanotrofio in cui è cresciuta, Ava conviveva con la quadriplegia. Ora, la ragazza sta esplorando il suo posto nel mondo e sta compiendo decisioni secondo il suo personale modo di pensare e istinto. Altre sorelle sono ugualmente costrette a esaminare il loro posto all’interno dell’OCS e della più ampia lotta contro il Male. Il Potere è criticato e, dove il fumetto trattava la Chiesa Cattoica come una forza definitiva per il Bene assoluto, la serie Netflix preferisce lasciare un po’ più di ambiguità verso i protagonisti, spingendo così il pubblico a rimanere nel dubbio.
Eppure, una scelta ‘sensata’ non equivale per forza di cose a qualcosa di necessario, o buono. Questo tipo di narrazione, infatti, a volte distrae. Gli spettatori non ne ricavano nulla che non potesse essere estrapolato dalla performance dell’attrice stessa. La narrazione ha una funzione, impariamo a conoscere la personalità di Ava e approfondiamo il suo processo decisionale, ma i suoi monologhi interiori sono il più delle volte invadenti. Sembra che i produttori non si siano fidati della protagonista o del pubblico, il che è un peccato, perché la 23enne Alba Baptista (Jogo Duplo) è decisamente una interprete espressiva.
Tra l’altro, a qualcuno potrebbe non essere sfuggito lo strisciante sottotesto queer di Warrior Nun. Tuttavia, sorprendentemente, si opta per una storia sostanzialmente eteronormativa, il che è … deludente. Ci sono personaggi dai tratti queer, ma questo non fa parte delle loro caratterizzazioni, sebbene la situazione potrebbe probabilmente cambiare nella potenziale seconda stagione (non ancora confermata). Alludere all’orientamento sessuale di un personaggio non è abbastanza, e con una serie focalizzata così fortemente sulle donne e sulla sovversione delle aspettative (sono suore che combattono!), mantenere storie queer sullo sfondo è soprattutto un disservizio per gli spettatori e i personaggi stessi.
Questa prima stagione di Warrior Nun è inoltre piuttosto parca di scene azione. Parte del fascino dello show è guardare giovani donne guerriere fare cose ‘da guerriere’, ma non ci sono abbastanza combattimenti a placare la sete di chi li cerca nel corso dei dieci episodi. Ava, comprensibilmente, non è molto ‘portata’ allo scontro e si limita soprattutto a reagire, il che è appropriato: ha appena riguadagnato l’uso degli arti. Ma Mary, Lilith e il resto della setta si sono allenate per anni, quindi il corpo a corpo è nel loro repertorio e potrebbe essere messo in pratica più frequentemente. In ogni caso, limitare – almeno per ora – questo aspetto sembra intenzionale. L’OCS non si batte (solo) contro i demoni, ma contro Ava, in sostanza. La loro lotta, è più uno scontro di volontà.
In definitiva, Warrior Nun vuole parlare di donne forti e di sorellanza, e riesce a portare a casa il risultato. Le figure femminili sono qui decisamente centrali, e anche quando lavorano per uno scopo più ampio o verso gli stessi obiettivi, non sono uguali tra loro. Ogni consorella ha una sua storia e una personale ragione per far parte dell’OCS e ciascuna, dentro o fuori dall’ordine, si realizza in modo indipendente. L’OCS è sì ai ferri corti con Ava, ma le offre anche potenzialmente quella famiglia e quel senso di appartenenza che lei non ha mai provato prima. I poteri divini e i nemici soprannaturali da combattere sono certamente divertenti (e necessari), ma – alla fine – sono i personaggi e le loro relazioni che legano lo show e danno allo spettatore qualcosa su cui investire 10 ore del suo prezioso tempo.
Di seguito – sulle note di A Palé di Rosalia – il trailer internazionale di Warrior Nun, nel catalogo di Netflix dal 2 luglio: