L'attore 67enne ritorna assoluto protagonista, tra insegnamenti filosofici e letali colpi di kung-fu, nel film di Mathieu Weschler
Attrition è l’ultimo titolo, in ordine di uscita, della lunga filmografia di Steven Seagal (a brevissimo diventerà il penultimo; il 28 maggio infatti, è prevista la release americana di General Commander). Distribuito nel 2018, in Italia è disponibile in home video, già dal 5 dicembre scorso, per la 01 Distribution.
Avrei potuto dire che la distribuzione italiana sia avvenuta un po’ in sordina ma, in realtà, non è che gli altri titoli dell’attore 67enne vengano solitamente presentati in pompa magna; poco male, anzi, io piuttosto sottolineerei (a favore) il fatto che i suoi film arrivino praticamente sempre sul suolo italico, nonostante una distribuzione nostrana notoriamente diffidente, selettiva e focalizzata su ogni minima copia venduta – differente da molti altri mercati decisamente più attenti, in cui si tende a distribuire qualsiasi cosa abbia una minima nicchia di mercato (penso ad esempio alla Germania, dove i film di Lorenzo Lamas, Don ‘The Dragon’ Wilson o Michael Dudikoff, solo per citarne alcuni random, godono di una considerazione che qui è un miraggio).
Insomma, zoccolo duro, #teamSeagal.
Inizio subito con le buone notizie. Al netto di tollerabili difettucci sparsi, Attrition è tra le cose migliori realizzate da Steven Seagal di recente. E non mi riferisco solo al precedente (da noi è uscito questo mese, ma all’estero è stato distribuito prima) China Salesman – Contratto Mortale (la nostra recensione), contro il quale vincere risulta abbastanza facile. Il film in questione nasce da progetto passionale dell’attore marziale, che non solo produce ma scrive anche la sceneggiatura e avrebbe voluto pure occuparsi di quella che poteva diventare la sua seconda regia in carriera dopo Sfida tra i Ghiacci del 1994, salvo poi decidere di cedere il timone al francese Mathieu Weschler, il cui primo film era stato The Trashmaster (2010), realizzato utilizzando il motore grafico di GTA IV (ed un budget di soli 600 euro). Uno script sentito, dicevo, in cui Steven Seagal inserisce molteplici (ed apprezzabili) riferimenti al buddismo, all’etica delle arti marziali ed i suoi profondi valori. E pazienza se poi si fa prendere la mano sulle doti eccezionali del suo personaggio con annessa tendenza a filosofeggiare un po’ troppo, perché se fate parte di quel famoso zoccolo duro di cui sopra sapete benissimo che si tratta di un peccato veniale per un uomo come lui che ha un ego grande quanto la Russia (ogni riferimento al suo grande amico Vladimir Putin è più o meno casuale …).
Aspetto fondamentale, Steven Seagal ritrova la centralità del ruolo in Attrition. Sembra cosa scontata se parliamo dell’attore protagonista, ma non lo è. In più di un titolo degli ultimi anni, l’attore si è ritagliato un minutaggio contenuto a dispetto del primo nome in locandina. Ed anche in questo caso non parlo di China Salesman, in cui la sua è solo una striminzita partecipazione ingannevole, ma di altri film in cui fa da protagonista part time. Chi, come me, lo segue dagli esordi e continua a vedere (e magari comprare) ancora i suoi film, ha accettato da tempo immemore tutti i loro limiti aspettandosi, però, di vederlo sempre al centro della scena. Ben venga qualche spalla (se valida), ma che Steven Seagal abbia lo spazio che deve avere. E questo vale a prescindere dal giudizio sul film stesso, vedi ad esempio Killing Salazar (aka Cartels) del 2016, titolo nel complesso piacevole in cui, però, compare solo a tratti nonostante venga presentato come lead role.
In Attrition questo, per fortuna, non accade. Il nostro eroe è il catalizzatore della storia, c’è un buon numero di personaggi di contorno in cui nessuno ruba spazio ma anzi ognuno contribuisce a completare il quadro, specie nell’ultima parte in cui l’azione si fa gradevolmente corale anche grazie al contributo dei comprimari. Mi riferisco in primis a Siu-Wong Fan, attore marziale già in alcuni Ip Man, che sul finale può esibirsi in un paio di gustosi combattimenti. Meno conosciuti ma comunque efficaci, Kat Ingrat, che copre le ‘quote rosa’ di botte ben assestate, e Sergey Badyuk, per la ‘quota pallottole come se piovesse’. C’è anche un piccolo ruolo per Rudy Youngblood (visto in Apocalypto), che però viene tenuto fuori dalla rissa conclusiva.
In definitiva, Attrition è quel film che farà contenti i fan di Steven Seagal, proponendo botte e intrattenimento insieme a quelli che sono dei reali punti di riferimento personali dell’attore, come il buddismo o la nobiltà d’animo che vive nelle arti marziali. Ed a conferma del trasporto del protagonista per questo progetto, lo vediamo sui titoli di coda alle prese con un’altra delle sue passioni: da buon musicista suona la chitarra e canta intrattenendo alla grande cast e crew!
Di seguito il trailer internazionale di Attrition: