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Voto: 5/10 Titolo originale: Attrition , uscita: 24-09-2018. Regista: Mathieu Weschler.

Attrition | La recensione dell’action zen con Steven Seagal

23/05/2019 recensione film di Francesco Chello

L'attore 67enne ritorna assoluto protagonista, tra insegnamenti filosofici e letali colpi di kung-fu, nel film di Mathieu Weschler

Steven Seagal in Attrition (2018)

Attrition è l’ultimo titolo, in ordine di uscita, della lunga filmografia di Steven Seagal (a brevissimo diventerà il penultimo; il 28 maggio infatti, è prevista la release americana di General Commander). Distribuito nel 2018, in Italia è disponibile in home video, già dal 5 dicembre scorso, per la 01 Distribution.

Avrei potuto dire che la distribuzione italiana sia avvenuta un po’ in sordina ma, in realtà, non è che gli altri titoli dell’attore 67enne vengano solitamente presentati in pompa magna; poco male, anzi, io piuttosto sottolineerei (a favore) il fatto che i suoi film arrivino praticamente sempre sul suolo italico, nonostante una distribuzione nostrana notoriamente diffidente, selettiva e focalizzata su ogni minima copia venduta – differente da molti altri mercati decisamente più attenti, in cui si tende a distribuire qualsiasi cosa abbia una minima nicchia di mercato (penso ad esempio alla Germania, dove i film di Lorenzo Lamas, Don ‘The Dragon’ Wilson o Michael Dudikoff, solo per citarne alcuni random, godono di una considerazione che qui è un miraggio).

Attrition film Steven Seagal posterCiò dimostra che Steven Seagal, da noi (per quanto possa contare il nostro mercato), ma soprattutto in generale, vende ancora e ha uno zoccolo duro di appassionati che lo segue costantemente da oltre trent’anni. Una filmografia che qualche anno fa avrei diviso quasi equamente tra uscite cinematografiche (la prima parte di carriera) ed uscite DTV, ma da diverso tempo a questa parte si può tranquillamente parlare di un rapporto 70/30 a favore dei prodotti straight to video, salvo rare eccezioni come Machete del 2010, oppure uscite cinematografiche localizzate per mercati minori. I suoi film sono semplici, talvolta simili tra loro, spesso imperfetti. Normale quindi che un personaggio del genere tenda a dividere, perché per ogni fan a cui basta vedergli menare le mani a qualsiasi costo per ritenersi soddisfatto, c’è un detrattore che trova terreno fertile per affondare una critica. Ecco, a questo punto arriva il momento in cui il recensore deve prendere parte e schierarsi. Io direi che solo il fatto di stare qui a parlare di tutto questo renda facilmente intuibile la mia posizione.
Insomma, zoccolo duro, #teamSeagal.

Inizio subito con le buone notizie. Al netto di tollerabili difettucci sparsi, Attrition è tra le cose migliori realizzate da Steven Seagal di recente. E non mi riferisco solo al precedente (da noi è uscito questo mese, ma all’estero è stato distribuito prima) China Salesman – Contratto Mortale (la nostra recensione), contro il quale vincere risulta abbastanza facile. Il film in questione nasce da progetto passionale dell’attore marziale, che non solo produce ma scrive anche la sceneggiatura e avrebbe voluto pure occuparsi di quella che poteva diventare la sua seconda regia in carriera dopo Sfida tra i Ghiacci del 1994, salvo poi decidere di cedere il timone al francese Mathieu Weschler, il cui primo film era stato The Trashmaster (2010), realizzato utilizzando il motore grafico di GTA IV (ed un budget di soli 600 euro). Uno script sentito, dicevo, in cui Steven Seagal inserisce molteplici (ed apprezzabili) riferimenti al buddismo, all’etica delle arti marziali ed i suoi profondi valori. E pazienza se poi si fa prendere la mano sulle doti eccezionali del suo personaggio con annessa tendenza a filosofeggiare un po’ troppo, perché se fate parte di quel famoso zoccolo duro di cui sopra sapete benissimo che si tratta di un peccato veniale per un uomo come lui che ha un ego grande quanto la Russia (ogni riferimento al suo grande amico Vladimir Putin è più o meno casuale …).

Siu-Wong Fan e Cha-Lee Yoon in Attrition (2018)La storia racconta di un ex soldato in cerca di una redenzione morale e spirituale che si trasferisce in un paesino della Thailandia, in cui si adopera a fare del bene nei panni di una via di mezzo tra medico e guaritore, oltre che essere un saggio maestro di kung-fu; sarà costretto a tornare in azione per salvare una ragazza, dotata di alcuni misteriosi poteri, vittima di un rapimento – giusto in tempo per inserire anche un messaggio di lotta al traffico di esseri umani. Proprio la faccenda dei poteri è l’aspetto un po’ più debole della vicenda – oltre che accennata e poi non approfondita, una connotazione quasi fantasy che a tratti si rivela intrusa nonostante un’atmosfera mistica che avvolge il contesto e potrebbe aiutare a digerirla più facilmente.

Aspetto fondamentale, Steven Seagal ritrova la centralità del ruolo in Attrition. Sembra cosa scontata se parliamo dell’attore protagonista, ma non lo è. In più di un titolo degli ultimi anni, l’attore si è ritagliato un minutaggio contenuto a dispetto del primo nome in locandina. Ed anche in questo caso non parlo di China Salesman, in cui la sua è solo una striminzita partecipazione ingannevole, ma di altri film in cui fa da protagonista part time. Chi, come me, lo segue dagli esordi e continua a vedere (e magari comprare) ancora i suoi film, ha accettato da tempo immemore tutti i loro limiti aspettandosi, però, di vederlo sempre al centro della scena. Ben venga qualche spalla (se valida), ma che Steven Seagal abbia lo spazio che deve avere. E questo vale a prescindere dal giudizio sul film stesso, vedi ad esempio Killing Salazar (aka Cartels) del 2016, titolo nel complesso piacevole in cui, però, compare solo a tratti nonostante venga presentato come lead role.

In Attrition questo, per fortuna, non accade. Il nostro eroe è il catalizzatore della storia, c’è un buon numero di personaggi di contorno in cui nessuno ruba spazio ma anzi ognuno contribuisce a completare il quadro, specie nell’ultima parte in cui l’azione si fa gradevolmente corale anche grazie al contributo dei comprimari. Mi riferisco in primis a Siu-Wong Fan, attore marziale già in alcuni Ip Man, che sul finale può esibirsi in un paio di gustosi combattimenti. Meno conosciuti ma comunque efficaci, Kat Ingrat, che copre le ‘quote rosa’ di botte ben assestate, e Sergey Badyuk, per la ‘quota pallottole come se piovesse’. C’è anche un piccolo ruolo per Rudy Youngblood (visto in Apocalypto), che però viene tenuto fuori dalla rissa conclusiva.

James P. Bennett in Attrition (2018)Steven Seagal è protagonista di diversi scontri con svariati nemici messi al tappeto, altro punto certamente a favore. Per quanto combatta con poca mobilità, resta sempre preciso e perentorio nell’esecuzione, i colpi sono rapidi e danno sempre quella sensazione di letalità, movimenti comunque belli da vedere. La controfigura c’è – del resto c’era già dieci o anche quindici anni fa – ma meno di quanto si potrebbe pensare, viene utilizzata maggiormente nei momenti in cui schiva i colpi avversari o deve assestare qualche calcio più elastico. Il tasso di violenza si attesta su buoni livelli, chi soccombe le prende di brutto. La confezione è abbastanza curata per gli standard di categoria. La regia di Mathieu Weschler è dinamica e si concede qualche intuizione interessante, come la sequenza montata al contrario che parte dalle macchie di sangue e si riavvolge lentamente. Il contesto orientale si presta benissimo al tipo di storia che mescola azione, arti marziali e valori morali.

In definitiva, Attrition è quel film che farà contenti i fan di Steven Seagal, proponendo botte e intrattenimento insieme a quelli che sono dei reali punti di riferimento personali dell’attore, come il buddismo o la nobiltà d’animo che vive nelle arti marziali. Ed a conferma del trasporto del protagonista per questo progetto, lo vediamo sui titoli di coda alle prese con un’altra delle sue passioni: da buon musicista suona la chitarra e canta intrattenendo alla grande cast e crew!

Di seguito il trailer internazionale di Attrition: