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Voto: 7/10 Titolo originale: Birth/Rebirth , uscita: 18-08-2023. Regista: Laura Moss.

Birth/Rebirth: la recensione del film horror d’esordio di Laura Moss

03/12/2023 recensione film di Marco Tedesco

Judy Reyes e Marin Ireland sono le intense protagoniste di una glaciale rivisitazione del mito di Frankenstein

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Da tempo ormai di dominio pubblico, il romanzo di Mary Shelley del 1818 intitolato Frankenstein ha formato, plasmato e influenzato la cultura popolare e il nostro rapporto complesso e contraddittorio con la scienza e il progresso e/o il progresso scientifico. Per intenderci, la scienza – insieme alle innovazioni tecnologiche che comporta – ha portato a cambiamenti paradigmatici, la maggior parte benefici, altri no, spesso simultaneamente.

Ma la scienza progredisce, estendendo la durata della vita umana al di là di quanto la scrittrice inglese o i suoi contemporanei potessero immaginare, fornendo comfort materiali tra le classi sociali e inimmaginabili anche solo un secolo fa, e collegando profondamente persone, paesi e culture in modi sia positivi che negativi.

Il testo di Mary Shelley è stato variamente letto come un ammonimento a giocare a fare Dio, a usurpare il ruolo della Natura e della biologia, all’arroganza dell’età preindustriale e, secondo una lettura più attenta, come un’opera proto-femminista che incarna le paure e le ansie della procreazione e della genitorialità.

Birth Rebirth (2023) film posterEsemplificata dal capolavoro di James Whale del 1931, Frankenstein, la lettura più comune, tuttavia, si concentra sull’idea di “giocare a fare Dio”, di uomini – è sempre colpa degli uomini … – che eludono i divieti morali, etici e persino legali per resuscitare e rianimare i morti e quindi diventare non solo come dei, ma dei essi stessi, sminuendo, se non eliminando del tutto, il ruolo delle donne nella procreazione.

A due secoli dal romanzo della Shelley e a quasi un secolo da quando Whale e i suoi collaboratori riscrissero le convenzioni e i cliché del genere horror, l’idea sembra essere diventata stantia, superata sia dagli studi commerciali che dai registi indipendenti.

Fortunatamente per noi, però, la rivisitazione di un sottogenere ricco di stereotipi non ha impedito alla sceneggiatrice e regista Laura Moss di fare un audace e brillante debutto all’ultimo Sundance (e poi al Festival di Sitges) con Birth/Rebirth, un’originale e tortuosa rivisitazione della storia di Frankenstein per il pubblico del XXI secolo.

Birth/Rebirth si apre non con la “nascita” o la “rinascita” del titolo, almeno non letteralmente, ma con una sequenza volutamente disorientante che coinvolge una donna incinta morente, un’ambulanza e un cesareo grafico e viscerale che farebbe impallidire David Cronenberg (è stato classificato Rated R), che fatto abbraccia l’approccio clinico e privo di fronzoli di Laura Moss alla nascita, alla morte e a tutto ciò che c’è in mezzo.

In qualità di infermiera, Celie (Judy Reyes) guida la donna ancora sveglia durante i suoi ultimi momenti; i medici riescono a salvare il bambino, ma non la madre. Il corpo insanguinato ed esposto della donna, non più vivo, non più cosciente, diventa niente di più (o di meno) che un oggetto, un oggetto da esaminare, sondare, analizzare e infine consegnare all’ufficio del medico legale dalla dottoressa Rose Casper (Marin Ireland), patologa interna dell’ospedale, dopo aver completato le pratiche necessarie.

In breve tempo, tuttavia, Celie, un’infermiera del reparto maternità la cui vita personale e professionale dipende dall’empatia, dalla gentilezza e dalla compassione, e Rose, una scienziata ossessiva e nevrotica, incrociano le loro strade quando la figlia preadolescente di Celie, Lila (A.J. Lister), muore inaspettatamente per una meningite batterica.

La scomparsa del corpo di Lila dall’ospedale, tuttavia, arresta il viaggio di Celie attraverso i cinque stadi del lutto (negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione), rimanendo nella fase della “rabbia” fino a quando, non tanto per caso quanto per perseveranza, scopre una Lila appena resuscitata nell’appartamento di Rose.

Ovviamente illegali, più che probabilmente immorali e contrarie all’etica (non c’è il consenso dei genitori), le azioni di Rose sono difficili da giustificare con qualsiasi logica al di là di un facile e obbligatorio “è per la scienza”, ma è Celie – e ciò che rappresenta, cioè il puro istinto materno – a fungere prima da contrappeso e poi da complemento alle azioni altrimenti imperdonabili di Rose.

Birth Rebirth (2023) filmÈ la chiave del progetto di Laura Moss di creare simpatia per la situazione di Celie e, per estensione, l’inesorabile, inevitabile complicità di Celie negli esperimenti di Rose per salvare sua figlia.

Salvare la figlia di Celie non è un esperimento ‘facile’, ma richiede frequenti infusioni di un siero a base di cellule staminali creato da Rose attraverso una serie di azioni eticamente spinose e al limite dell’immorale, ancora più provocatorie e potenzialmente sconvolgenti della decisione iniziale di Rose di rianimare Lila senza il consenso di Celie e fuori dai normali protocolli medici.

Quando, però, il siero inizia a scarseggiare, Rose e Celie sono costrette a confrontarsi su quanto lontano si spingeranno, Rose per vedere il successo del suo esperimento e la giustificazione di una vita di ricerche e studi, e Celie per riportare sua figlia alla vita che ha vissuto un tempo e ai decenni di vita che presumibilmente l’attendono.

Nei suoi quasi 100 minuti, Birth/Rebirth non si schiera mai da una parte o dall’altra (Rose, Celie o una terza, non specificata), ma lascia che siano gli spettatori a decidere da soli se le due protagoniste debbano essere percepite come eroiche, cattive o qualcos’altro. Quel “qualcos’altro” si qualifica certamente come torbido, lo spazio liminale in cui la morale e l’etica non hanno risposte chiare, nette e definitive, ma solo questioni risolte, per quanto in modo imperfetto o insoddisfacente, su una base profondamente personale, caso per caso.

Di seguito trovate il trailer internazionale di Birth/Rebirth: