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Voto: 6.5/10 Titolo originale: 플란다스의 개 , uscita: 19-02-2000. Regista: Bong Joon-ho.

Cane che abbaia non morde: la recensione del film con cui Bong Joon-ho esordì nel 2000

27/04/2023 recensione film di William Maga

Bae Doo-na è tra i protagonisti di un'opera prima che già presentava tutti i tratti tipici del cinema del regista sudcoreano

Cane che abbaia non morde - Barking Dogs Never Bite (2000)

Cane che abbaia non morde (il titolo fa riferimento a Il cane delle Fiandre, romanzo dell’800 di Ouida sugli animali domestici molto popolare nell’Asia orientale), ha impiegato oltre vent’anni per arrivare sugli schermi italiani – e tutto quello che è servito per l’impresa sono stati ‘appena’ quattro premi Oscar. È vero che il film ha lanciato la carriera di uno dei più noti filmmaker della Corea del Sud, ma il motivo per cui ha languito così a lungo è da ricercare soprattutto nei soliti grandi e insondabili misteri della distribuzione nostrana.

Commedia nera anarchica, maliziosa e ingegnosa, Cane che abbaia non morde presentava già nel 2000 al mondo – seppur in modo acerbo – le regole del cinema di Bong Joon-ho. Abbiamo infatti uno scantinato inquietante, accademici in erba, donne dominanti, scarso calore e accoglienza, tutor, personaggi stipati in spazi ristretti e violente sterzare di tono.

È anche un film visivamente elegante, con una disinvoltura che ricorda la Nouvelle Vague, sottolineata da una colonna sonora improvvisata e jazzistica. Se le stelle si fossero allineate diversamente, Cane che abbaia non morde avrebbe potuto essere il Parasite dei suoi tempi. Ma il mondo non era ancora pronto.

Cane che abbaia non morde film posterSi apre con l’affermazione “Nessun animale è stato maltrattato durante la realizzazione di questo film“, che dovrebbe al contempo rassicurare e sconcertare lo spettatore.

In effetti, i nostri amici a quattro zampe occupano un posto di rilievo nel corso della trama capricciosa di Cane che abbaia non morde e non sono un’allusione allegorica o un depistaggio alla stregua del recente Dogs Don’t Wear Pants (passato qualche anno fa nel circuito del Festival di settore e ancora inedito in Italia).

Ad ogni modo, la visione inizia con uno schermo nero sul quale si sente il latrato incessante di qualche cane. È sufficiente per far impazzire una persona. La macchina da presa si sofferma poi su un panorama boschivo, intercettato gradualmente dalla nuca del nostro protagonista che si alza in volo.

Ko Yun-ju (Lee Sung-jae) è al telefono e quando la mdp si allontana ci rendiamo conto che in realtà si trova davanti a un balcone di un condominio anonimo.

È un trucco narrativo ben riuscito e l’inquadratura successiva segue Yun-ju mentre cerca di individuare la fonte di quel latrare. Il giovane è già molto stressato, sta lottando per ottenere una cattedra con mezzi poco credibili, mentre asseconda ogni bizza della moglie incinta e prepotente (Kim Ho-jung).

I cani non sono nemmeno ammessi nel complesso residenziale, quindi quando finalmente si imbatte in uno Shih Tzu lasciato incustodito, lo afferra e lo mette in un sacchetto. Tuttavia, proprio mentre sta per gettarlo dal tetto del suo condominio, viene interrotto da un’anziana donna che sta essiccando il rafano. Prova quindi a scendere in cantina, dove tenta di appendere il cagnolino per il guinzaglio a un tubo sporgente. Ma, vedendo il suo riflesso in uno specchio, si rifiuta e, almeno per il momento, sceglie di chiuderlo in un armadio. Sulla sparizione della bestiola inizia intanto a indagare la tenace bibliotecaria Park Hyun-nam (Bae Doo-na).

Attenzione: lo Shih Tzu non è l’unico cane che vediamo nei 110 minuti e, trattandosi di Bong Joon-ho, nel film si mescolano ‘caos canino’, manifesti di amici dell’uomo scomparsi e una serie di amanti degli animali con il cuore spezzato, tra cui lo stesso Yun-ju. È complicato, ma ogni dettaglio è meticolosamente intrecciato all’insieme, in modo che anche il rafano in via di essiccazione abbiano il loro giorno di sole.

Tutto questo, naturalmente, fa inevitabilmente ridere e non si può mai prevedere dove la storia piroetterà, mentre il regista stringe il cappio della sua narrazione. Pur sfruttando l’assurdo, Bong Joon-ho si diletta a estrarre l’umorismo dalle minuzie del quotidiano, avvolgendo il pacchetto in una serie di fiocchi stilistici.

Irriverente e, a volte, persino elegiaco, il suo è un intruglio estremamente originale che consolida a posteriori la reputazione di un regista di livello mondiale. Bong Joon-ho riesce persino a rendere simpatico l’assassino di cani che, in un momento di tranquilla disperazione, grida qualcosa che è traducibile (secondo un gioco di parole a tema) con “Che vita da cani!”.

Di seguito trovate il trailer di Cane che abbaia non morde, nei cinema italiani dal 27 maggio: