Voto: 5.5/10 Titolo originale: The Man in My Basement , uscita: 12-09-2025. Regista: Nadia Latif.
C’è qualcuno nel mio scantinato: la recensione del thriller con Dafoe e Hawkins (su Disney+)
28/09/2025 recensione film C'è qualcuno nel mio scantinato di Marco Tedesco
Un'opera ambiziosa che si regge sulle interpretazioni, ma manca di ritmo e forza visiva

C’è qualcuno nel mio scantinato è un film che affronta con coraggio temi universali come la memoria, l’identità, il potere e la colpa. Dietro un impianto narrativo che sfiora il thriller e l’horror psicologico, l’opera mette in scena il confronto fra due uomini che incarnano due visioni opposte del mondo: Charles Blakey (Corey Hawkins), un uomo afroamericano in caduta libera, e Anniston Bennet (Willem Dafoe), enigmatico personaggio che si presenta con una proposta tanto assurda quanto irresistibile.
Il protagonista è un uomo spezzato, incapace di sostenere il peso della propria vita. Disoccupato, isolato, sommerso dai debiti, Charles vive in una grande casa di famiglia che porta con sé la memoria di otto generazioni. Questo spazio diventa il cuore simbolico del film: i corridoi, le stanze, lo scantinato rappresentano la stratificazione di storie, dolori e colpe ereditate. La casa non è solo un luogo, ma un personaggio silenzioso, che custodisce segreti e mette il protagonista di fronte alle proprie responsabilità.
L’arrivo di Anniston Bennet spezza la monotonia disperata di Charles. L’uomo, elegante, ambiguo e apparentemente cordiale, propone un patto: poter vivere nello scantinato per due mesi, in cambio di una cifra sufficiente a risolvere ogni problema economico. Charles, disperato, accetta. Ma lo scantinato si trasforma presto in un luogo di prigionia, e il prigioniero si rivela in grado di esercitare un potere sottile e inquietante sul padrone di casa.
Da questo momento si sviluppa un rapporto perverso e ambiguo. Sebbene Anniston sia rinchiuso in una cella costruita da lui stesso, è Charles a diventare il vero prigioniero, obbligato a soddisfare ogni sua richiesta. La dinamica richiama il tema della servitù e rovescia i ruoli: l’uomo che possiede lo spazio è ridotto a servo, mentre l’ospite rinchiuso esercita il dominio. È in questo paradosso che il film trova la sua forza simbolica, costringendo lo spettatore a interrogarsi sul significato del potere e sulla fragilità delle relazioni umane quando sono regolate dal bisogno.
Il film affronta anche il tema della memoria storica e del rapporto con le proprie radici. Charles scopre nello scantinato oggetti e reperti appartenuti agli antenati, reliquie che raccontano un passato di lotta e di sopravvivenza. Tuttavia, la sua prima reazione è quella di considerarli solo come possibili fonti di guadagno. È un gesto che denuncia il rischio di ridurre l’identità culturale a merce, svuotandola di significato. Solo attraverso il confronto con Anniston, Charles inizia a percepire il valore simbolico di ciò che ha ereditato, e con esso la responsabilità di custodirlo.
La narrazione è arricchita da sprazzi visionari, incubi e allucinazioni che confondono i confini tra realtà e immaginazione. La presenza di animali minacciosi, sogni disturbanti e apparizioni spettrali sottolineano la fragilità psicologica di Charles, diviso tra il desiderio di fuggire dal proprio destino e la necessità di affrontarlo. Questi elementi non sono solo artifici estetici, ma metafore di un malessere profondo, legato tanto alla storia personale del protagonista quanto a un contesto collettivo.
Dal punto di vista stilistico, il film di Nadia Latif alterna momenti di grande tensione a pause più riflessive. L’uso della luce e degli spazi è centrale: lo scantinato buio e opprimente contrasta con le stanze luminose della casa, creando un gioco visivo che riflette il conflitto tra ciò che è nascosto e ciò che viene mostrato. Le inquadrature spesso chiudono i personaggi in spazi angusti, suggerendo la prigionia interiore che accomuna entrambi.
Un punto di forza assoluto è l’interpretazione dei protagonisti. Charles è rappresentato come un uomo tormentato, fragile, incapace di trovare riscatto senza confrontarsi con il proprio passato. La sua vulnerabilità lo rende al tempo stesso vittima e complice, figura tragica destinata a imparare a caro prezzo. Anniston, al contrario, domina la scena con un carisma inquietante: il suo sorriso è al tempo stesso seducente e minaccioso, la sua calma rivela un abisso di segreti. È lui a guidare la tensione, a trascinare Charles e lo spettatore in un gioco perverso di specchi e ambiguità.
La forza del film sta proprio nel rapporto tra i due uomini: un duello psicologico che assume i toni di un rito iniziatico. Ogni dialogo è carico di sottintesi, ogni silenzio pesa più delle parole. Attraverso questa relazione, il film esplora concetti universali: il prezzo della libertà, la tentazione del compromesso, il peso della storia che continua a condizionare il presente.
Ad ogni modo, C’è qualcuno nel mio scantinato non è un film privo di difetti. La sua ambizione a volte sovrasta la coesione narrativa: alcuni simboli appaiono ridondanti, alcune visioni risultano più decorative che necessarie. Inoltre, l’andamento non sempre mantiene la tensione promessa, lasciando allo spettatore la sensazione che certe svolte potessero essere sviluppate con maggiore radicalità. Tuttavia, queste incertezze non annullano la potenza del messaggio, che resta chiaro e disturbante.
Il film invita a riflettere sul rapporto tra individuo e collettività, tra memoria e oblio, tra potere e sottomissione. Non offre soluzioni né catarsi definitive: lascia invece aperte domande che continuano a riecheggiare oltre la visione. In questo risiede la sua forza, nel mostrare come i fantasmi della storia non restino confinati nel passato, ma continuino a vivere negli spazi che abitiamo, nei ricordi che scegliamo di ignorare, nelle relazioni che ci legano agli altri.
In conclusione, C’è qualcuno nel mio scantinato è un’opera imperfetta ma affascinante, che unisce thriller psicologico e riflessione sociale, simbolismo e tensione drammatica. È un film che chiede allo spettatore di non restare passivo, ma di interrogarsi sul significato delle scelte, dei compromessi e del valore della memoria. Un’esperienza che non lascia indifferenti, capace di trasformare un semplice scantinato in una metafora universale dell’animo umano.
Di seguito trovate il full trailer internazionale di C’è qualcuno nel mio scantinato, su Disney+ dal 27 settembre:
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