Horror & Thriller

Death of a Unicorn: la recensione del film fanta-drammatico con Ortega e Rudd

L'opera prima di Alex Scharfman marchiata A24 delude le aspettative con una satira già vista e pochissime sorprese

La satira del “mangia i ricchi” non sono nate con Donald Trump, ma di certo sembrano essersi accelerate negli ultimi tempi. Siamo a meno di un mese dall’uscita di Mickey 17, la strampalata allegoria anti-capitalista di Bong Joon-ho, in cui l’equivalente fantascientifico di Nerone che suona il violino mentre Roma brucia è una ricca donna bianca che prepara salse saporite con la popolazione indigena, e a pochi anni da titoli come The Menu, Triangle of Sadness, Glass Onion e Finché morte non ci separi — giusto per citarne alcuni che vengono subito in mente.

Con l’uscita di Death of a Unicorn di Alex Scharfman, che parcheggia la sua Bugatti nello stesso garage di questi film, sarebbe bello poter dire che i commenti sociali stanno diventando più taglienti, meno scontati, e che abbiano inventato una punizione più fantasiosa del vedere dei miliardari miopi fatti a pezzi da animali selvatici. Purtroppo, non è così.

Ampiamente concepito, compiaciuto nel suo cesto di facili bersagli, e costantemente deludente sia come commedia stravagante, sia come film di mostri, sia come dramma sincero di riconciliazione, Death of a Unicorn ricorda quelle leggendarie avventure dell’industria cinematografica hollywoodiana in cui qualcuno vende un progetto multimilionario basato su un’idea scarabocchiata su un tovagliolo da cocktail, ma nessuno si è preso la briga di girare il foglio e sviluppare l’idea.

Quello che il film ha dalla sua parte è il concept di partenza, che potrebbe essere stato sufficiente, da solo, ad attirare star come Paul Rudd e Jenna Ortega, nonché uno studio di tendenza come A24 a finanziarlo.

Sebbene il titolo ricordi The Killing of a Unicorn, il vituperato memoriale di Peter Bogdanovich su Dorothy Stratten, l’unicorno nel film è del tutto letterale. Quando l’imbranato avvocato aziendale Elliot (Rudd) e la figlia universitaria con cui ha rapporti tesi, Ridley (Ortega), vengono convocati nella casa di vacanza dei Leopold, titani dell’industria farmaceutica, lui vede l’occasione come un’opportunità per trascorrere del tempo insieme dopo una recente tragedia familiare, mentre lei detesta l’idea di essere trascinata in un viaggio per permettere al padre di leccare i piedi a degli spacciatori legali.

Mentre attraversano una riserva naturale, Elliot colpisce accidentalmente un grande animale in mezzo alla strada (ma rassicura subito la figlia: ha pagato l’assicurazione collisione). Invece di un cervo o un’alce, trovano un vero unicorno cucciolo disteso a terra, che sanguina liquido viola.

Ridley tocca il corno dell’animale ed è travolta da una visione stile salone new age, una specie di fusione mentale psichedelica. Elliot, tentando di porre fine alle sofferenze della creatura, le spacca il cranio con un cric, schizzando entrambi di sangue color uva.

Quando arrivano alla villa dei Leopold con la carcassa nel bagagliaio, cercano di comportarsi normalmente con il morente patriarca Odell (Richard E. Grant), la moglie Belinda (Téa Leoni), e il figlio fallito Shepard (Will Poulter).

Ma Ridley è ancora sconvolta. La sua connessione con l’unicorno continua, e le imperfezioni sul suo viso sono sparite proprio dove il sangue l’ha colpita. Anche Elliot non ha più allergie né presbiopia. E poi ci sono strani rumori provenienti dal bagagliaio.

A quanto pare, uccidere un unicorno è più difficile del previsto. Le stesse proprietà rigenerative che hanno curato Ridley permettono all’animale di rigenerarsi da solo. Dopo averlo ucciso per la seconda volta, Odell riflette sulle potenzialità mediche del suo cadavere e inizia subito trattamenti sperimentali ricavati dal corno.

In poche ore, il suo cancro in stadio avanzato è scomparso. A questo punto, la famiglia inizia a progettare come vendere questa panacea ai super-ricchi, mentre Elliot è tentato dalla promessa di essere incluso nei profitti. Nel frattempo, Ridley si immerge in ricerche tratte da antichi arazzi e testi medievali — la sua laurea in storia dell’arte torna improvvisamente utile — deducendo che catturare unicorni comporta sempre massacri e vendette violente. I genitori della creatura, due unicorni adulti, sono nei boschi e non sono dell’umore per perdonare.

L’idea che la figlia di un avvocato d’azienda venga trascinata a un ritiro di lavoro per “testare l’affidabilità del padre” è francamente assurda, e riflette la debolezza strutturale di Death of a Unicorn.

Scharfman avrebbe potuto usare la premessa per esplorare il dolore e la riconciliazione familiare, o per criticare l’avidità delle multinazionali, ma ha voluto fare entrambe le cose, fallendo su entrambi i fronti.

Una volta capito che tipo di violenza sopra le righe il regista predilige, tutto diventa prevedibile. Gli attori indossano camici bianchi o camicie chiare — per far risaltare meglio il sangue — e sono spesso inquadrati in modo da lasciare il torso esposto al corno assassino.

In Quella casa nel bosco, c’è una sequenza di 8 secondi in cui una persona viene trafitta da un unicorno: quella scena è tutto ciò che Death of a Unicorn vorrebbe essere. Qui, invece, è tutto ripetuto dozzine di volte, con effetti digitali piatti e creature che sembrano fuori posto rispetto alla luce e al design scenico. Il direttore della fotografia è Larry Fong, storico collaboratore di Zack Snyder, ma non riesce a salvare la situazione.

Il film insiste su gag logore: i domestici costretti alle missioni più pericolose, Shepard che sniffa corno di unicorno macinato e va fuori di testa. Non c’è nemmeno una vera critica alla Big Pharma — la madre di Ridley è morta per una lunga malattia, ma il film non ci fa nulla — quindi si ripiega su banali cliché di avidità e insensibilità. L’idea alla base del film era perfetta per una campagna marketing virale, ma l’esecuzione è piatta e prevedibile.

In definitiva, il fatto che in Death of a Unicorn, tra intere famiglie squartate da unicorni e visi trapassati da corna scintillanti, l’unica vera reazione sia la noia, dice tutto.

Quando un film che dovrebbe scioccare e divertire si perde in discussioni su arazzi medievali, allora qualcosa è andato molto storto. Anche Paul Rudd, di solito brillante, non riesce a trovare il suo spazio. Non è né un padre struggente né una figura comica credibile. Si limita a svanire, lasciando spazio ad attori più esuberanti come Poulter e Grant. Ma la verità più imbarazzante è che Death of a Unicorn annoia, e questo, per un prodotto che si vende come oltraggioso, è il peccato capitale.

Di seguito – sulle note di Good Vibrations dei Beach Boys – trovate il trailer doppiato in italiano di Death of a Unicorn, nelle nostre sale dal 10 aprile:

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Published by
William Maga