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Diario da Venezia 75 | Giorno 6: Ma che Mujica!

04/09/2018 news di Giovanni Mottola

Ovazione per l'ex presidente uruguaino raccontato da Emir Kusturica in El Pepe,una vida suprema. Intanto vi parliamo anche di At Eternity’s Gate, il biopic su Van Gogh e di Napszàllta.

Dopo anni in cui poco si muoveva in tal senso, dev’essere stato forse il settantacinquesimo compleanno della Mostra ad aver infuso in chi la organizza il senso della storia e dunque la sensibilità per rendere onore ai grandi personaggi del cinema scomparsi nell’anno in corso. Ieri è stato il giorno di Vittorio Taviani, con la proiezione della versione restaurata de La notte di San Lorenzo (1982), alla presenza del commosso fratello Paolo, il quale ha ricordato una volta di più la perfetta unità d’ispirazione e di vedute che connotava il loro modo di fare cinema. Nei prossimi giorni sarà la volta di Ermanno Olmi, del quale verrà riproposto il film che lo rese noto al grande pubblico, ovvero Il posto (1961). Viene invece tributato un omaggio del tutto particolare a un altro gigante del nostro cinema, Vittorio De Sica: non con un suo film, ma con l’assidua riproposizione del gesto che ispirò uno dei più celebri, Ladri di biciclette. A sentire i dati della Polizia, pare infatti che il numero di veicoli rubati quest’anno sia il più alto da quando si svolge la Mostra. Per i derubati, un furto è sempre un furto. I ladri invece, perlomeno in alcune occasioni, con una buona dose di auto-indulgenza lo considerano un “esproprio proletario”.

Per esempio l’ex Presidente dell’Uruguay José “Pepe” Mujica definiva così le sue scorribande all’epoca in cui le compiva con i suoi compagni di lotta. Incontrato da Emir Kusturica per il documentario sulla sua figura dal titolo El Pepe, una vida suprema, oggi Mujica riconosce invece essersi trattato di veri e propri reati, ma compiuti nello spirito di quella battuta che Bertold Brecht fa pronunciare a Mackie Messer ne L’opera da tre soldi: “Che cos’è l’effrazione di una banca di fronte alla fondazione di una banca?”. Negli anni Sessanta, Mujica si schierò con il gruppo armato dei Tupamaros, che si proclamarono difensori dei diritti dei lavoratori e organizzarono azioni violente contro la dittatura che in quel momento controllava il Paese. Le diedero, ma soprattutto le presero: Mujica fu bersaglio di diversi colpi d’arma da fuoco, passò circa dodici anni in carcere e fu anche uno dei nove dirigenti Tupamaros presi in ostaggio sotto la minaccia che, se qualcuno dei loro compagni avesse persistito con le azioni militari, sarebbero stati fucilati.

Ristabilita la democrazia, Mujica ritornò a fare politica e nel 2009 venne eletto Presidente, con un compenso che decise di devolvere per il 90% a persone bisognose. Viveva quindi con circa 800 euro al mese e questo lo rese molto popolare in una terra dove lo stipendio medio è anche più basso di quella cifra. Kusturica non ripercorre passo dopo passo la biografia di Mujica, ma ne ricostruisce la figura alternando i racconti di chi ha condiviso con lui le battaglie politiche (rievocate anche attraverso immagini del film di Costa Gavras sui Tupamaros, dal titolo L’Amerikano) con quelli personali e privati di un uomo che è sempre rimasto fondamentalmente un contadino. Come nel precedente film ritratto su Maradona (2008), Emir Kusturica compare nel film chiacchierando con il suo personaggio. Con Mujica si somigliano: entrambi posseggono il carisma dei protagonisti e la faccia dei caratteristi, quella di chi ha vissuto in luoghi dove la crudeltà della vita non consente di perdere tempo a guardarsi allo specchio. Ovazione del pubblico al momento dell’ingresso in sala dell’ex presidente.

Quella stessa sala dove appena prima era stato proiettato un altro film biografico, quello di Julian Schnabel su Vincent Van Gogh, At Eternity’s Gate. La pellicola soffre di un difetto di fondo che ne inficia l’attendibilità circa la ricostruzione della vita del pittore: Van Gogh morì a 37 anni, l’attore che lo interpreta ne ha 63. Pur privo per ragioni caratteriali di quegli entusiasmi che la sua età avrebbe dovuto imporgli, egli visse dunque soltanto la giovinezza. Defoe ne rende mirabilmente gli stati d’animo, ma gli scavi e le grinze sul suo volto sessantenne rendono dunque surreali alcune scene, come per esempio quella in cui fa la conoscenza di Paul Gauguin, di cinque anni più vecchio, del quale sembra il padre.

E’ però un difetto che si può perdonare, non tanto perché per il resto l’interpretazione di Dafoe è eccellente, ma perché Schnabel non ha voluto realizzare un film sulla vita di Van Gogh, del quale si sa già tutto, ma piuttosto una sorta di documentario dal quale la personalità del pittore esce grazie a continui confronti con i personaggi ch’egli incontrò sulla sua strada: lo stesso Gauguin sull’arte del dipingere, una donna incontrata in una bettola sulla grandezza di William Shakespeare, un prete sulla fonte dell’ispirazione e la religiosità, uno psichiatra sulla controversa personalità di sé stesso. Un film dunque più di parole che d’immagini (comunque di buona fattura), che non corre pertanto il rischio di essere schiacciato dal confronto con il recente Loving Vincent, che in questo era insuperabile.

L’altro film del Concorso presentato oggi, l’ungherese Napszàllta (Sunset) di Làszlò Nemes, è risultato uno dei più ostici della presente edizione del festival. Non tanto per la chilometrica durata di due ore e venticinque minuti – difetto che lo unisce a molti altri film presentati – ma per la sceneggiatura ingarbugliata e la scelta del regista di procedere per quasi l’intera pellicola con soggettive strette sulla protagonista Juli Jakab. All’ossessione della donna di ritrovare il fratello che non sapeva di aver avuto e che è circondato da un mistero si assomma così l’ossessione sulla donna, che impedisce al regista di mostrarci a dovere l’interessante contesto della Budapest del 1913, alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Avrebbe potuto essere un grande affresco storico, avrebbe potuto essere una sorta di dramma venato di momenti thriller, invece è risultata soltanto una storia con poco capo e niente coda.

Dopo una giornata così impegnativa, è ormai giunta l’ora di andare a recuperare la bicicletta. Sperando che sia scampata alle grinfie dei ladri.

Di seguito il teaser trailer originale di Napszàllta: