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Diario da Venezia 76 | Giorno 5: Monica Bellucci divina, Meryl Streep maestrina

02/09/2019 news di Giovanni Mottola

La diva umbra - al Lido per la versione rimontata di Irreversible - incanta con la sua classe e disponibilità; l'attrice 70enne - che presentava The Laundromat - dà lezioni di ipocrisia

venezia 76

A occhio l’afflusso di persone provenute al Lido per questa prima parte di Mostra del Cinema non si era mai visto nelle stagioni passate. Che il turismo sia sempre più numeroso devono averlo colto anche i veneziani, dal momento che la maggior parte degli appartamenti tra quelli messi in locazione vengono destinati ad affitti in modalità Airbnb. Gli studenti lamentano con sempre più veemenza il cattivo stato dei già pochi alloggi lasciati a loro disposizione per questo scopo. V’è da presumere che la cosa avrà un seguito. Non soltanto perché l’insofferenza dei locali nei confronti di un’amministrazione che tende a fare di Venezia un parco divertimenti cresce di giorno in giorno, ma perché questo scarso riguardo verso gli studenti viene preso come una spia dell’incapacità di tutelare l’importanza di Venezia sotto il profilo culturale e artistico. Anche un avvenimento simbolico come la Regata Storica, andata in scena oggi, rischia dunque di essere messa in secondo piano rispetto ai problemi della città.

irreversible film bellucciProprio nell’ottica di cominciare a risolverli, oggi il veterano regista Citto Maselli ha proposto che sia proprio la Mostra del Cinema a iniziare a fare la sua parte trasferendo la serata della premiazione del festival in un luogo simbolico come il Palazzo Ducale. Con ogni probabilità questa idea non verrà presa in considerazione, anche perché bisogna riconoscere che al Lido le cose funzionano invece piuttosto bene. Un plauso in particolare lo meritano le forze dell’ordine, capaci di effettuare controlli su chiunque voglia entrare nella zona antistante il Palazzo del Cinema senza però causare eccessive code ai varchi e mostrando sempre cortesia con tutti. Anche il servizio sanitario è molto efficiente. Ieri notte un’ambulanza stazionava davanti alla Sala Giardino, pronta ad interventi che poi ha effettivamente dovuto compiere. Non era lì per caso, perché nella sala, a mezzanotte, era in programma la proiezione di Irreversible – Inversion Intégrale, inversione integrale di Gaspar Noè con Monica Bellucci e Vincent Cassel. Per chi non lo sapesse, riferiamo che il film risale al 2002 e ha la particolarità di essere montato al contrario, dalla fine all’inizio della vicenda. Ma questa caratteristica, pur provocando un certo stordimento, non è sufficiente a dover ricorrere all’ambulanza. Il fatto è che l’opera contiene una scena di stupro assai violenta, lunga dodici minuti e ripresa con camera rasoterra, che provoca spesso turbamenti.

Come se non bastasse, poiché nonostante un rassicurante nome da patriarca il regista Noè ha inteso realizzare un’opera disturbante a tutti gli effetti, per tutta la durata del lungometraggio si percepisce un rumore di fondo paragonabile a un ultrasuono che trasmette senso di nausea e vomito. Di tutto questo si ebbe la prova alla prima del film al Festival di Cannes del 2002, dove si contarono tre svenimenti, circa duecento persone uscite dalla sala anzitempo e svariati capogiri. Ieri la Mostra ha riproposto il film nella nuova versione rimontata in senso cronologico e scorciata di 6 minuti rispetto all’originale, come riferito dal regista in conferenza stampa. Le reazioni non sono state paragonabili a quelle della prima assoluta, anche perché lo spettatore, essendo uomo avvisato, era già mezzo salvato. Comunque, verso la fine di Irreversible – Inversion Intégrale, inversione integrale, uno svenimento c’è stato. Persino per i protagonisti Monica Bellucci e Vincent Cassel, presenti in sala per ammirare per la prima volta la nuova versione, è stato molto emozionante rivedersi, oggi che sono separati e sono entrambi genitori, in un film tanto coinvolgente e violento per la loro intimità. Proprio il suo ruolo di madre ha fatto affermare alla Bellucci che oggi ci penserebbe due volte prima di girare un film siffatto, per timore di turbare le figlie e i loro rapporti con i compagni di scuola. Una dimostrazione di saggezza ed equilibrio che, unita a una bellezza e un’eleganza che cominciamo a credere eterne, ci fanno innamorare ancor più della Divina Monica. La quale, pur avendo titolo per darsi arie più di chiunque altra, si dimostra peraltro gentilissima con tutti coloro che acclamano per un sorriso o una foto.

SE C’È UN ALDILÀ SONO FOTTUTO. VITA E CINEMA DI CLAUDIO CALIGARICambiando completamente genere, ma rimanendo nel campo dei film che turbano, oggi la Mostra ha proposto un documentario di Simone Isola e Fausto Trombetta su Claudio Caligari, riprendendone anche una frase per il titolo “Se c’è un aldilà sono fottuto“. Caligari è stato un cantore di periferie, emarginati, tossicodipendenti, riprendendo temi cari a Pier Paolo Pasolini. A parte i documentari della prima parte di carriera, realizzò soltanto tre film: Amore tossico (1983), L’Odore della notte (1998) e Non essere cattivo (2015), morendo al termine del montaggio di quest’ultimo. Molti altri ne pensò, scrivendone anche le sceneggiature, ma non riuscì a realizzarli perché il suo cinema non piaceva quasi a nessuno. Il documentario mostra le reazioni contrarie che il suo primo lungometraggio incontrò proprio qui a Venezia in occasione della quarantesima edizione della Mostra. Tra i suoi pochi difensori vi fu Marco Ferreri, al quale dovette venire naturale solidarizzare con un altro “rifiutato” come lui. Nonostante questo il film dimostrò il talento di questo regista all’epoca trentacinquenne e sembrò costituire il trampolino per una buona carriera. Invece si trovò ad aspettare altri quindici anni per girare il secondo film e un tempo ancora superiore tra questo e il terzo.

Il documentario è piuttosto carente da un punto di vista storico tanto che, anche dopo averlo visto, di Claudio Caligari si continua a sapere ben poco. Non si raccontano le sue origini, se non per piccoli cenni; non si spiega come facesse a mantenersi dal momento che lavorava pochissimo; non si precisa perché per il primo film ricorse neo-realisticamente a veri tossicodipendenti e per i successivi ad attori professionisti. Gli autori hanno deciso di puntare soprattutto sulle emozioni di chi ha lavorato con lui, in primis Valerio Mastandrea, protagonista de L’odore della notte e poi diventato forse il suo più caro amico. Mastandrea si spese molto perché Caligari potesse ottenere i fondi per Non essere cattivo, fino a scrivere una lettera a Martin Scorsese, in nome del comune amore per il cinema. Di fatto fu anche il co-regista del film, dal momento che Caligari era già molto malato. Tra i meriti di questo misconosciuto autore bisogna riconoscere di aver lanciato, oltre al già citato Mastandrea, alcuni fra gli attori più noti di oggi: Marco Giallini ne L’odore della notte e la coppia Alessandro Borghi / Luca Marinelli, all’epoca praticamente sconosciuti, con Non essere cattivo. Luca Marinelli, presente in sala oggi insieme al suo compagno di allora, nel rivedere le immagini della prima del film qui alla Mostra nel 2015 e del tributo riservato alla fine della proiezione all’appena scomparso Caligari, si è commosso al punto da non riuscire più a compiere l’intervento previsto al termine del documentario.

Chiudiamo parlando di un film, The Laundromat di Steven Soderbergh, che era molto atteso sia perché targato Netflix, sia per il ricchissimo cast (Meryl Streep, Gary Oldman, Antonio Banderas) sia perché impostato sulla vicenda dei Panama Papers, cioè l’insieme dei documenti relativi alle società offshore create dallo studio legale panamense Mossack-Fonseca per consentire ai loro clienti (tra cui molti pezzi grossi) di eludere le tasse trasferendo capitali nei paradisi fiscali. Non si sapeva se sarebbe stato un film di denuncia o una satira. Volendo essere un po’ entrambe le cose, secondo il tipico stile del regista, non riesce ad esserne davvero neanche una. Oldman e Banderas interpretano i due titolari dello studio i quali, rivolgendosi a più riprese direttamente allo spettatore, difendono con toni beffardi il loro cinico punto di vista. Il film descrive le vicende di alcune perone che a vario titolo sono venute a che fare con Il Gatto e La Volpe, tra le quali la signora Ellen Martin (Meryl Streep), a più riprese danneggiata dal loro operato. Oltre alla colpa di non scegliere nettamente uno stile, Steven Soderbergh ha anche quella di utilizzare il film per propinare una sorta di pistolotto sentenzioso e moralisteggiante. In questo senso ha potuto avvalersi del prezioso appoggio di Meryl Streep, che in un modo che non si può rivelare si fa personalmente carico della tesi che il film vuole far passare. Una mossa astuta, dal momento che la Streep è una beniamina del pubblico per il suo talento di attrice. I più attenti ricordano però che la stessa, pronta ad ergersi a paladina del movimento metoo dopo le prime rivelazioni, era stata fino al giorno prima una delle persone più legate ad Harvey Weinstein. Rinfacciatoglielo a più riprese, anche dalle stesse vittime del produttore, si è difesa dicendo di non essere mai stata a conoscenza di quel che combinava. L’unica in tutta Hollywood.

Di seguito il trailer di The Landromat:

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