Home » Cinema » Sci-Fi & Fantasy » Dossier: Gravity di Alfonso Cuarón, l’intima solitudine dello spazio

Voto: 7/10 Titolo originale: Gravity , uscita: 03-10-2013. Budget: $105,000,000. Regista: Alfonso Cuarón.

Dossier: Gravity di Alfonso Cuarón, l’intima solitudine dello spazio

22/02/2022 recensione film di Gioia Majuna

Nel 2013, il regista spediva Sandra Bullock e George Clooney alla deriva, imbastendo un'opera visivamente rivoluzionaria

gravity film 2013 bullock

Se mai c’è stato un caso in cui il 3-D è stato davvero un prezioso strumento cinematografico, il merito va al messicano Alfonso Cuarón. Messo accanto ad Avatar e Hugo Cabret (con menzioni d’onore anche a Prometheus e Vita di Pi), Gravitymostrava il potere della tridimensionalità se applicata in modo efficace e con una visione autoriale precisa. La qualità immersiva del film del 2013 è infatti tanto innegabile quanto, per certi versi, ineffabile.

L’obiettivo dichiarato del regista con Gravity era quello di ‘posizionare’ lo spettatore nello spazio profondo al fianco dei personaggi, e ci era riuscito. Il film perde certo allora qualcosa se visto nel convenzionale 2-D, e ancor di più se ‘rimpicciolito’ sullo schermo di una TV per la visione domestica.

Gravity.jpgMa tant’è, quello era (è) il modo in cui Alfonso Cuarón voleva che fosse visto almeno la prima voltao. È così che l’ha immaginato, sviluppato e infine filmato. Hollywood ha abusato così tanto del 3-D agli inizi degli anni 2010, trasformandolo in un’ingannevole vacca da mungere, che fu quasi scioccante riconoscere cosa questa scelta potesse effettivamente aggiungere all’esperienza cinemetografica  quando maneggiata da un filmmaker capace. Gravity non è solamente un film; è quasi uno spartiacque, e la sua componente viscerale viene esaltata proprio dal 3-D.

La cinepresa di Alfonso Cuarón parla più forte della sua sceneggiatura. Sceglie di aprire Gravity con una ripresa “ininterrotta” lunga ben 20 minuti (seguendo le orme di quanto fatto in I Figli degli Uomini) che segue i due personaggi, gli astronauti Ryan Stone (Sandra Bullock) e Matt Kowalski (George Clooney), durante una passeggiata spaziale mentre completano dei miglioramenti al telescopio Hubble. La mdp si abbassa, si tuffa e si avvicina, per dare un’idea di com’è l’essere in orbita. La Terra è un grande, bellissimo globo che brilla sullo sfondo. L’incidente, quando si verifica, è scioccante e brutale.

Mentre una Ryan divincolata dai cavi fa capriole nello spazio, la cinepresa si sposta nel suo casco e fornisce un punto di vista in prima persona della sua confusione. Durante l’intera durata di Gravity, Alfonso Cuarón si sforza – con successo – di far sposare l’intimità con la vastità del cosmo. Il 3-D non è mai eccessivo, o superfluo. È perfettamente intonato a ogni scena.

La narrazione è un’esplorazione abbastanza semplice delle difficoltà affrontate da una donna sola che lotta per la propria sopravvivenza. Sebbene George Clooney e Sandra Bullock formino una bella coppia, vengono presto separati e Gravity procede con l’attrice mentre si ritrova a combatte contro probabilità apparentemente impossibili di salvezza. Bloccata nello spazio con il suo unico ovvio mezzo di fuga in pezzi, deve affrontare nuove sfide e pericoli – un incendio, l’esaurimento dell’ossigeno, la mancanza di carburante, una tempesta di detriti satellitari … – con in mente un solo semplice obiettivo: tornare a casa. Può intravvederlo, ma raggiungerlo da viva è un compito assai arduo.

Il livello di tensione è alto. Dopo i primi quindici minuti giocosi e rilassati, il film non si ferma più (tranne durante un breve intermezzo) e, sebbene duri appena 90 minuti, la sua intensità è asfissiante. Ryan passa da brutte situazioni a peggiori; è quasi come se Alfonso Cuarón si divertisse a usarla per illustrare la natura implacabile della legge di Murphy. Per quanto riguarda l’acquisizione delle basi della sopravvivenza spaziale, Gravity merita un posto accanto ad Apollo 13. Mentre quel film era basato sui fatti mentre questo è di fantasia, i dettagli qui sono sufficientemente precisi da generare un innegabile senso di verosimiglianza. Siamo di fronte a un prodotto di vera fantascienza, non annacquata o trasformata in space-opera o fantasia.

gravity film 2013 sandra bullockIl contributo di Sandra Bullock potrebbe essere facilmente trascurato se si considera la quantità di CGI impiegata per creare l’aspetto finale del film. La sua interpretazione, tuttavia, è facilmente la migliore della sua carriera, superando il suo sopravvalutato ruolo da Oscar in The Blind Side del 2009. Percorre tutta una gamma di emozioni, dal sollievo alla disperazione, e in molte scene deve trasmettere il suo stato interiore senza l’uso di dialoghi e con la mdp così vicina che l’unica cosa che vediamo è il suo viso.

Fisicamente, il suo è anche un ruolo impegnativo, richiedendole di essere in condizioni fisiche ottimali. Come Tom Hanks in Cast Away, non ha nessuno con cui raffrontarsi per la maggior parte di Gravity ma, a differenza di Hanks, il suo personaggio è potenzialmente condannato a morte. È impossibile concepire che non abbia ricevuto una nomination come migliore attrice per questa parte.

Il nome di George Clooney è posto sul poster alla stessa altezza di quello della collega, ma principalmente perché è una star con una comprovata attrazione di pubblico al botteghino. Quelli che si aspettavano di vederlo per più di qualche momento sullo schermo saranno rimasti delusi, perché resta essenzialmente in campo per la prima mezz’ora. Lui e la Bullock sono tra l’altro gli unici attori ad apparire sullo schermo. Ed Harris in originale fornisce la voce al Mission Control (un probabile cenno alla sua parte in Apollo 13.

gravity film 2013 sandra bullock clooneyScusandoci con George Clooney, il vero co-protagonista di Sandra Bullock è però l’ambientazione. Creata interamente al computer, è una cosa meravigliosa da guardare. Non è elegante e distante come quella tipica di opere come Star Trek o Star Wars. Ci restituisce un frammento di come deve essere stare nello spazio, circondati dal silenzio completo, a fluttuare nel quasi vuoto, a vedere tutto con una chiarezza che non può essere trovata da nessuna parte sulla Terra. I tanti difetti del pianeta svaniscono e non è più delimitato da confini nazionali, ma da terra e mare.

La semplicità della premessa ricorda un po’ Moon di Duncan Jones (la recensione). Gravity possiede infatti lo stesso tipo di mentalità, anche se è più orientato all’azione e ha un budget notevolmente maggiore (circa 100 milioni di dollari contro appena 5). Entrambi i film, tuttavia, affrontano il concetto di isolamento nello spazio. È un potente carburante psicologico e Gravity, proprio come Moon, lo esplora in modo efficace. In questo caso, abbiamo l’ulteriore vantaggio di effetti speciali all’avanguardia e una recitazione di livello superiore che integrano una narrazione ben definita. Aggiungeteci uno tra i migliori 3-D di sempre e avrete un titolo da rivedere ciclicamente anche da casa, sebbene l’impatto non sarà così forte come nella prima visione sul grande schermo.

Di seguito trovate una scena di Gravity: