Il regista giapponese realizza un'opera muta sperimentale e metafisica, ai limiti dell'indecifrabile, ma incredibilmente affascinante
A volte i prodotti di animazione esulano dal mero racconto per immagini e sconfinano nella pura arte. Questo è il caso di Dozens of Norths (Ikuta no kita) anime ermetico scritto e diretto dal giapponese Yamamura Koji che ci sprofonda in una metafora della realtà post-contemporanea densa di livelli simbolici e pessimismo cosmico.
Il film animato procede per singole scenette scollegate, ciascuna che esplora, con una silloge di immagini surreali, gli aspetti della contemporaneità. È estremamente difficile delinearne la trama perché, se esiste una sorta di collante tematico di fondo, il film di Yamamura Koji non ha uno sviluppo narrativo proprio, ma è sconnesso, problematico e difficile da interpretare, proprio come la contemporaneità. A ciò si somma la totale assenza di dialoghi, che rende ancora più criptico e anti-narrativo l’insieme.
La componente sonora, poi, che esiste seppur scevra dalla parola, è di sottofondo alle azioni e ne acuisce la percezione dolente: nella colonna sonora creata da Willem Breuker, gli accordi di piano malinconici e stridenti si accompagnano a una serie di suoni evocativi, quali sciacquii, rintocchi ripetuti, passi, pioggia, scricchiolii, e pianti di animali che riecheggiano e acuiscono la percezione quasi fisica di un vuoto cosmico.
Poi c’è l’immagine, vero e visionario fulcro di Dozens of Norths. Il nord è un luogo solitario e insensato. I suoi abitanti conducono esistenze disperate, in perenne attesa. Sono individui rei di una sola, inconsapevole colpa che sconteranno per sempre appesi alla vita da un filo inconsistente, o creature che si affannano senza requie in compiti inutili.
Ci sono esseri viventi che svaniscono lentamente fagocitati dalla propria invisibilità, o burattinai che, condotti a loro volta da altri burattinai perdono la capacità di muovere le mani e- probabilmente – la loro stessa individualità. Si delineano così apparizioni grottesche – prive di senso come le loro azioni – e incarnazioni paradossali dei mali dell’uomo post-contemporaneo. A circondarli ci sono una congerie di figurazioni simboliche, come la scala sospesa nel cielo, la gabbia, le carcasse di animale, giganti bicchieri e penne a piuma, tutti monumenti all’oblio ripetuti e ricombinati all’infinito nello svolgimento del film.
Ne discende una dimensione figurativa, ma non mimetica che attinge dall’iconografia surrealista, o al medioevo fantastico tedesco e nordico, in molti suoi elementi. Tra le suggestioni che fluttuano nel fotogramma troviamo allora composizioni metafisiche alla Magritte di bicchieri giganti e silhouette fluttuanti nel cielo (come in Golconda), entità biomorfe alla Joan Mirò, oppure teste, mani e orecchi mozzati e corpi acefali alla Salvador Dalí, e infine un repertorio demoniaco che rimanda – per esempio – a L’inferno di Lucas Cranach o alla Tentazioni di sant’Antonio di Hieronymus Bosch. Non è escludibile anche un certo influsso l’influsso dei corti lynciani (Alphabet, ad esempio).
Questo universo spento è illuminato solo di rado con sovrimpressioni luminose: silhouette in cerca di identità che assurgono al cielo notturno o scompaiono in buchi luminosi della loro dimensione, concrezioni luminescenti che traducono la malattia dell’anima di una bambina e infine stelle presentate come strappi iridescenti in un cielo grigio sporco. Infatti, non c’è luce, né speranza nella metafisica del disincanto che domina il film di Yamamura Koji.
Dozens of Norths è, insomma, un’opera estremamente sperimentale, tanto densa di simboli da diventare quasi indecifrabile. I suoi personaggi sono figli di un nichilismo schizofrenico comparabile a Mad God di Phil Tippett (la recensione). Se in quest’ultimo, però, esisteva ancora un esile filo narrativo che seguiva il protagonista nelle sue disperate e vane peregrinazioni, l’anime di Yamamura Koji abbraccia un’astrazione pressoché completa da ogni pretesa diegetica a favore del simbolismo puro, poiché, in ultimo, in “un mondo che scivola via, solo l’intossicazione rimane”.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Dozens of Norths: