Un modello da rivedere
Elio non è solo il peggior debutto al box office nella storia della Pixar, ma un campanello d’allarme che risuona in tutta l’industria dell’animazione.
Con un’apertura da soli 21 milioni di dollari negli Stati Uniti, il film ha scatenato una reazione immediata non solo da parte del pubblico, ma anche degli analisti di Wall Street, che leggono nel suo fallimento un segnale preciso: l’animazione originale, specie se firmata da brand storici come Pixar o Illumination, non è più un investimento sicuro.
Doug Creutz, analista e voce autorevole nel rapporto tra media e finanza, ha dichiarato che i colpevoli non vanno cercati solo tra i produttori, ma tra gli spettatori stessi, poco inclini oggi a sostenere storie nuove a discapito dei soliti franchise.
Il dato è impietoso: dal 2022, i film animati originali delle major hanno incassato meno della metà rispetto ai sequel. E il paradosso si aggrava se si considera che titoli come Super Mario Bros. Il Film vengono spesso classificati come “originali”, nonostante attingano a IP ultra note e consolidate.
In questo scenario, Elio diventa un caso studio di come anche una buona idea narrativa possa fallire senza il giusto contenitore estetico. Il problema, infatti, non è solo commerciale, ma visivo: mentre Sony Pictures Animation rivoluziona il linguaggio dell’animazione con Spider-Verse e Tartarughe Ninja – Caos mutante, Pixar sembra aggrappata a uno stile ormai datato.
L’art direction di Elio, pur tecnicamente pulita, è stata giudicata da molti spettatori come piatta, derivativa, persino noiosa, soprattutto se confrontata con la vitalità e l’audacia visiva della concorrenza.
Questo “marchio di fabbrica” tanto amato quanto usurato sta diventando un limite creativo più che una firma riconoscibile. Il fallimento di Elio diventa quindi una crepa evidente in un edificio che sembrava indistruttibile, quello del brand Pixar, che da Toy Story in poi ha fondato il suo prestigio sulla capacità di innovare a ogni uscita.
Oggi invece il pubblico percepisce ripetizione, stanchezza, conservatorismo narrativo e visivo. Il rischio più grande è la disaffezione verso i progetti originali, schiacciati dal peso di sequel e reboot che monopolizzano l’attenzione collettiva.
Eppure, l’ecosistema Disney-Pixar non può sopravvivere solo di revival: come ricorda l’analisi, senza nuovi IP non si possono alimentare parchi, gadget, merchandising e fandom. Se il pubblico ignora le idee nuove, le idee nuove scompariranno. Elio non è solo un insuccesso isolato, ma un simbolo di una crisi che mette a nudo l’equilibrio precario tra rischio creativo e sostenibilità industriale. Il futuro dell’animazione passa da qui: se anche Pixar non osa più, chi potrà farlo?