Un prodotto che unisce violenza e arte marziale pura, erede spirituale di The Raid e La notte su di noi
Ogni tot anni, ciclicamente, arriva dall’Oriente un film action feroce e brutale, tanto da sollazzare i cultori del genere e da lasciare il segno. È stato il caso di The Raid, in cui Gareth Evans dirigeva Iko Uwais – che si faceva strada attraverso un’anarchia di calci, pugni e proiettili all’interno di un edificio fatiscente dominato dalla malavita indonesiana. Sulle sue orme, oltre a un sequel, The Raid 2, si sono succeduti i violentissimi La notte su di noi, sempre con Iko Uwais – stavolta diretto da Timo Tjahjanto e coinvolto in una sanguinaria guerriglia urbana per le vie di Manila – e Kill di Nikhil Bhat, che trasferiva l’arena dello scontro, a suon di machete, in un treno indiano affollato e claustrofobico.
Ora è il turno di The Furious di Kenji Tanigaki (presentato in anteprima al Festival di Sitges), i cui combattimenti, con ogni mezzo immaginabile e decisamente cruenti, sono coreografati fin nei minimi dettagli e non hanno nulla da invidiare ai predecessori citati.
Furious si apre con Wang Wei (Miao Xie): è un padre vedovo con disabilità verbale e un passato nebuloso, che, mentre lavora come tuttofare, si prende cura della figlioletta Rainy (Enyou Yang) per l’estate. In uno sfortunato susseguirsi di eventi, la bambina viene rapita da un gruppo di criminali coinvolti in un traffico di esseri umani.
Nella sua disperata ricerca, Wang Wei si imbatte in Navin (Joe Taslim), anche lui sulle tracce della moglie, una giornalista scomparsa mentre investigava sui molti rapimenti di bambini che si susseguivano nella città, nel silenzio complice delle autorità. La loro missione è tutt’altro che semplice: scovare il covo di un impero criminale – radicato nelle più alte sfere – dove vengono tenuti i bambini rapiti, e porre fine al turpe traffico, e sono disposti a rischiare ogni cosa per riuscire a portarla a termine.
L’evoluzione degli eventi è presto scritta: il concept, un po’ alla Commando, è tendenzialmente basica e a tratti un po’ troppo improbabile (soprattutto nel finale del tutto sopra le righe). In fin dei conti, però, la trama non è poi così rilevante, purché sostenga la tensione e traghetti il racconto verso il successivo scontro ipercinetico.
Come per la sceneggiatura, tutti gli aspetti di The Furious dalla messa in scena alla fotografia, dal montaggio al sonoro, sono orchestrati intorno ai combattimento, epicentro pulsante di quasi ogni take tanto da propagarsi nello spazio come uno tsunami. Ogni calcio, ogni pugno, ogni schivata in Furious si incastra in una danza perfetta, arricchita dell’uso dei più disparati oggetti contundenti sulla scena, machete e martelli, catene, frecce, blocchi di ghiaccio, bancali e perfino biciclette.
La precisione con cui si inseriscono nell’intrecciarsi fulmineo del caos di movimenti è sorprendente: non c’è spazio per il minimo errore, mentre ogni mossa ne richiama un’altra nel violento gioco gravitazionale di colpi assestati con intento letale o oggetti branditi, scagliati, caduti ed evitati. Il risultato è un’esplosione di ferocia magistralmente controllato e accellerato dall’editing che fornisce ancora più dinamismo al montato. Tuttavia non si tratta di una violenza puramente coreografica; il dolore è tangibile tra ossa che si spezzano e sangue che sgorga copioso dalle ferite mortali.
Anche l’ambientazione è funzionale, ma al contempo concreta, con un microcosmo criminale scabrosamente affascinante che rende tangibile la brutalità di The Furius nella sua messa in scena: è una città asiatica in cui corruzione e illegalità prendono forma in scenari decadenti, capannoni fatiscenti, edifici derelitti, i cui interni sono irrorati da un’illuminazioni crepuscolare, in un’estetica vicina a The Raid o a La notte su di noi.
Il cinema di kung fu degli Shaw Brothers incontra la brutale frenesia di The Raid modernizzandosi nella vision di Kenji Tanigaki, che si avvale della sua lunga esperienza come coreografo di stunt – in film come Hidden Man, Raging Fire, Twilight of the Warriors: Walled In – e di Kensuke Sonomura (Ghost Killer, Hydra e Bad City) come suo action director. A reggere l’azione c’è poi il cast capace di performare scontri al cardiopalma: Miao Xie, star bambina nei classici La leggenda del drago rosso e My Father is a Hero, con una lunga esperienza nel kung fu, unisce le forze con il Joe Taslim protagonista di The Night Comes For Us. Le loro tecniche di combattimento sono contrapposte e complementari negli scontri concitati con un fiume dirompente di avversari assetati di colpi.
Nelle fila dei nemici emerge l’Yayan Ruhian di The Raid, questa volta nei panni di un inquietante e letale arciere al soldo della criminalità organizzata. A lui si affianca un mastodontico Brian Le (Everything Everywhere All at Once) che si getta letteralmente sull’avversario devastandolo con la sua forza bruta. Altro personaggio di contorno interessante, Joey Iwanaga (Baby Assassins 2) incarna il doppio ruolo di un boss da salotto e furioso combattente da strada.
In definitiva, The Furious è un concentrato di potenza fisica e rigore coreografico, in cui Kenji Tanigaki trasforma ogni corpo in un’arma, ogni combattimento in un dialogo di forze esplosive si scontrano. Il risultato è un film che, pur non reinventando il genere, ne riafferma la vitalità più pura, regalandoci 114 minuti di adrenalina e spettacolo.