Horror & Thriller

Hellraiser (2022): la recensione del film di David Bruckner che fa ripartire da zero la saga

La saga riparte reinventandosi totalmente, traghettandosi verso una concezione più moderna di intendere l'horror, ma lo fa con intelligenza e con grande rispetto verso il materiale originale grazie alla confermata bravura del regista e alla magnetica Jamie Clayton, che non fa rimpiangere il mitologico Doug Bradley

Del maiale non si butta via niente. E in tempi di magra si ricicla pure alla grandissima. Non sarà certa passata inosservata l’ondata inarrestabile di reboot di titoli storici di titoli che hanno segnato un immaginario intero attraversando decenni e diventando “saghe”. E quindi tra “re-sequel” che tanto sembrano piacere al pubblico (Halloween, Terminator, Non aprite quella porta) e veri e propri rebrifacimenti dagli esiti sconfortanti (Jeepers Creepers Reborn su tutti) ecco che finalmente riesce a vedere luce anche il rimandatissimo Hellraiser che, dopo anni di slittamenti, ripensamenti e chiacchiere varie salta direttamente la sala andando sulla piattaforma streaming Hulu.

Sono passati cinque anni dall’uscita dell’ultimo capitolo ufficiale (Judgment, decimo titolo della serie, la recensione), il secondo senza Doug Bradley, che ha sancito definitivamente la fine dei diritti della saga alla Miramax.

Saga che da anni ormai si era ormai impantanata nel mercato DVD e che con gli ultimi due titoli – girati con budget microscopici da 500.000 dollari appena – aveva perso anche il nome di Clive Barker sui titoli di testa, nel nome di una disaffezione totale che sembrava più portata avanti per non perdere qualche tipo di concessione o chissà che altro.

Dopo Judgment (che preso per il verso giusto era anche parecchio divertente …) sono iniziate scriteriate voci e progetti sempre sul punto di partire coinvolgendo di volta in volta nomi lanciatissimi (Laugier, Bustillo & Maury …), ma puntualmente finendo con un nulla di fatto.

Eh si, perché Hellraiser non è propriamente un qualcosa che può essere accomunato a Michael Myers, Freddy Kruger, Leatherface, Jason Voorhees e compagnia cantante, ma un horror perverso e allucinante che declinava l’Inferno e i suoi demoni in un immaginario fetish sadomaso clamoroso e che non faceva certo leva su scream queens o bodycount per fanzinari.

Ci provarono già due volte con esiti non proprio felici (Hellraiser III di Hickox del 1992 prima e l’ignobile Hellraiser: Hellworld del 2005 dopo) ma niente da fare, tanto che anche tutti i suoi sequel sono per la quasi loro totalità (anche giustamente) storie in cui Pinhead e soci erano il ‘punto di arrivo’ e non il motore narrativo della storia.

Adesso, con questa nuova produzione Rated R le cose sono decisamente cambiate e si è finalmente deciso di reinventare praticamente tutto (e quindi non optare per un remake / reboot timidi che poi si scoprono sequel o quant’altro …) con risultati magari non perfetti ma decisamente coraggiosi e interessanti.

A fare da timoniere è stato saggiamente chiamato il bravo David Bruckner (The Ritual), che dalla sua rispetto a tutti i precedenti colleghi che si erano ritrovati a portare avanti la saga può intanto contare su un budget che pur rimanendo piuttosto contenuto e nei limiti di un prodotto destinato allo streaming ritorna ad essere interessante, riuscendo a soddisfare bene le ambizioni grandiose di uno script che a conti fatti aveva il compito più delicato di tutti ovvero reinventare l’intera mitologia barkeriana adattandola a quelli che sono, nel bene e nel male, i linguaggi e le meccanica contemporanee.

E lo fa prendendo scelte azzardatissime e molto delicate: la prima cosa che intanto salta subito all’occhio (e che immediatamente potrebbe indisporre i fan più hardcore) è che in un certo senso in questo nuovo adattamento si perde quello che era fondamentalmente tutto il concetto di ricerca del piacere, dell’ossessione di andare oltre ogni limite estremo attraverso il dolore cambiandola con una più vaga e “spirituale”, un raggiungimento verso una forma altissima di potere, un colloquio diretto con Dio (qui chiaramente rappresentato dal Leviatano, già conosciuto nel secondo capitolo della saga) e ovviamente il raggiungimento di questo obbiettivo avviene solo risolvendo tutte le configurazioni della scatola di Lemarchand che dovranno essere vergate con un sacrificio umano per passare alla successiva fase.

Se un’impostazione simile può subito allarmare tutti e far gridare al “tradimento”, è giusto dire che l’abilità dei due sceneggiatori (e dell’onnipresente David Goyer al soggetto) sta proprio nell’abilità di voler cambiare tutto senza però mai negare nulla delle tantissime implicazioni “non dette”, riuscendo a traghettare l’intero immaginario in una cornice più smaccatamente ‘fantastica’ ma che in realtà non fa che analizzare e mettere tutti insieme con intelligenza tanti elementi già presenti nei primi quattro capitoli di Hellraiser.

Abbiamo così un “patto” che lega la nostra protagonista (una bravina Odessa A’zion) al gruppo di Cenobiti direttamente dal primo capitolo, c’è il Leviatano e un proto Dott. Channard ossessionato dall’Altrove come nel secondo film e non manca anche il palazzo-cubo in realtà trappola alchemica (che può far venire mente effettivamente il remake de I tredici spettri, ma che in realtà è presente nel terzo e quarto capitolo).

Non tutto scorre senza intoppi purtroppo: la durata di due ore, nonostante il buon ritmo, tende un pochino a sbilanciare troppo il film tra una prima parte parecchio dilatata e una seconda molto frenetica, in cui purtroppo iniziano a sorgere anche alcune soluzioni narrativamente poco chiare o che rischiano di causare episodi totalmente illogici (segue SPOILER: ad un certo punto esce fuori che si possono anche sacrificare gli stessi Cenobiti alla Configurazione dei Lamenti, andando totalmente contro il meccanismo di “sacrificio” e di sangue che i demoni stessi chiedono), ma va detto che David Bruckner riesce sempre a tenere tutto ben saldo evitando che l’attenzione dello spettatore finisca su queste crepe che iniziano ad accumularsi mentre si avanza.

E poi c’è tutto l’incredibile lavoro di trucco: grandissimo lavoro protesico per tutti i Cenobiti, che oltre a includere rivisitazioni di personaggi di Hellraiser già celebri, introducono tante altre inquietanti figure con entrate quasi tutte a effetto. Luce puntata ovviamente sul nuovo “Pinhead” interpretato dall’attrice trans Jamie Clayton, che incarna in modo molto efficace e con la giusta ambiguità sessuale e morale (presente anche nel racconto originale di Clive Barker) il sacerdote oscuro incarnando con forza ed efficacia quel loro essere “né angeli, né demoni”.

Gli amanti della saga che riusciranno ad andare oltre questi cambiamenti alla mitologia saranno allora felici di ritrovare il nome di Clive Barker nei titoli di testa (che ha benedetto personalmente il progetto) e per alcuni momenti anche il mitico main theme di Christopher Young.

E quando sembra che tutto si stia sgonfiando, arriva infine un eccezionale doppio finale che rilancia interamente il film e lascia aperta la porta a interessanti sviluppi, che a questo punto siamo anche ben felici di aspettare.

Insomma, Hellraiser è tornato e tra i tanti colleghi che in questo periodo sono in cerca di “rinascita” è a sorpresa quello che alla fine ne è uscito meglio.

Di seguito trovate il full trailer internazionale di Hellraiser, che da noi dovrebbe arrivsare quasi certamente su Disney+:

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Published by
Raffaele Picchio