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Il diario da Venezia 80 (2023), episodio 1: Carina? Un merito!

31/08/2023 news di Giovanni Mottola

La saggezza di Caterina Murino e Liliana Cavani sugli scudi al Lido. La recensione di Comandante, con Favino

murino venezia 80 2023

A furia di gridare al cambiamento climatico, come nella favola di Pierino e il lupo, è arrivato davvero. Nel senso però contrario a quanto si afferma. Rispetto agli ultimi anni di Mostra del Cinema, quando al Lido campeggiavano calura e solleone, questa si è presentata come comanda Iddio: pioggia battente e temperature piuttosto rigide.

Nemmeno questo, comunque, ha dissuaso alcuni scellerati dal presentarsi con una sciatteria che sarebbe a malapena sopportabile sulle spiagge in luglio. Oggi sulla promenade antistante l’Hotel Excelsior gironzolava Alain Elkann. C’è da essere preoccupati per lui: se pochi rozzi passeggeri di un treno per Foggia sono bastati a farlo inorridire al punto di scriverne sul giornale (del figlio), un giro per Venezia potrebbe indurlo a tentare il suicidio annegandosi in laguna.

O forse a rivolgere maledizioni al fenomeno del turismo, delle quali potrebbe aver già fatto le spese quel signore che ieri mattina passeggiava davanti a Palazzo Labia, sede della Rai veneta, e ha visto precipitare a pochi passi da lui un barbacane di 60 kilogrammi, restando incolume per un pelo.

Qualche maligno ha commentato che si tratta di una metafora relativa allo sgretolamento della TV di Stato; di fatto, comunque, molte aree della città avrebbero bisogno di una risistemata. Di certo la decadenza non è più quella di una volta. Tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento la crisi occorsa al patriziato veneziano portò alla trasformazione di alcuni dei palazzi delle famiglie nobili della città nei grandi alberghi.

mostra lollobrigida venezia 2023L’Hotel Danieli, per limitarsi all’esempio più celebre, nacque in quello ch’era Palazzo Dandolo. Venezia si trovava ad aver bisogno di nuovi sghei e il turismo di lusso sembrò un’ottima strada per procurarsene. Ora i grandi alberghi esistono ancora, provvisti di identico sfarzo. Ma ormai, tramontata l’aristocrazia, anch’essi sono costretti spesso a diventare giaciglio e ristoro di barbari senza stile alcuno, coloro per cui Dante coniò l’espressione “la gente nuova e i sùbiti guadagni”.

Anche al Lido in questi giorni è un vero assalto. I quattromila posti letto offerti dagli alberghi dell’isola sono esauriti da mesi, seppur a prezzi che sfiorano i 350 euro per una camera in hotel a tre stelle. Lo stesso dicasi per i quasi altrettanti posti messi a disposizione dagli affittacamere, con appartamenti che arrivano anche a 4.000 euro per l’intero periodo di dodici giorni. Del tutto impossibile, almeno per la prima settimana, storicamente quella più internazionale quanto a pubblico, trovare una sistemazione dell’ultimo minuto.

La situazione si propaga, a cascata, sulla disponibilità dei biglietti per le proiezione. Tutte esaurite fino a domenica (termine ultimo aperto per ora alle vendite) quelle riservate agli accreditati; neanche a parlarne per quelle riservate al pubblico pagante. A meno che non si tratti, anche quest’anno, di un difetto del cervellotico sistema telematico cui è affidata la gestione delle prenotazioni, che dal Covid in poi sono diventate obbligatorie e lo sono rimaste senza che se ne capisca la ragione.

Ogni anno ormai è tutto esaurito. Eppure il Direttore Alberto Barbera, puntualmente, riferisce ad ogni edizione di un incremento delle vendite dei biglietti e degli accrediti. Come sia possibile incrementare il concetto di “esaurito” resta un mistero, ma forse Berbera possiede delle competenze che a noi comuni mortali sfuggono: avendo egli evidentemente scoperto la formula dell’esaurito al quadrato o addirittura al cubo, bisognerebbe prenderlo in considerazione per un premio per le sue rivoluzionarie scoperte matematiche.

L’assenza dei divi scioperanti evidentemente non ha dissuaso nessuno dal venire al Lido. In effetti, a guardare la serata d’inaugurazione, il successo è stato notevole. La cerimonia non ha avuto eguali, che si ricordi, per sintesi, garbo e asciuttezza. Il merito va ascritto soprattutto alla deliziosa madrina Caterina Murino, la migliore interprete del ruolo da almeno un decennio, oltre che la più qualificata in fatto di carriera cinematografica.

In nemmeno quaranta minuti è riuscita a tenere un succinto discorso di prammatica, a celebrare la consegna del Leone d’Oro alla Carriera a Liliana Cavani, con annessa laudatio ad opera di Charlotte Rampling (da lei diretta nel Portiere di Notte), e a presentare fugacemente, come si conviene, tutti i componenti delle Giurie del Concorso principale, del Concorso Orizzonti e del Concorso per la migliore Opera Prima.

In chiusura anche una simpatica gag per annunciare insieme al Presidente della Giuria Principale, il regista Damien Chazelle, l’apertura dell’ottantesima edizione della Mostra, suggerendogli la formula in italiano, parola per parola. Caterina Murino non ha avuto dal proprio paese quel che avrebbe meritato. Dopo la partecipazione a Miss Italia, per trovare l’America questa splendida ragazza cagliaritana ha dovuto … andare in America, dove è stata chiamata addirittura per rivestire il ruolo della “Bond girl” nel film Casino Royale del 2006.

liliana cavani venezia 80Nemmeno questo però fu sufficiente ad aprirle le porte del cinema italiano, che l’ha sempre utilizzata con il contagocce, costringendola a lavorare molto di più all’estero che in patria. A pensar male si potrebbe sospettare che l’indole non troppo diplomatica non l’abbia aiutata. Due anni fa la intervistammo a Sitges, dove partecipava in qualità di interprete del film di Alex De La Iglesia Veneciafrenia, e ci espose il suo raccapriccio verso quel femminismo d’accatto che chiedeva di far diventare donna l’Agente 007 (la nostra intervista esclusiva).

D’altra parte, anche nel suo anagramma sembra rivendicare la bellezza come una qualità di cui essere fiera, andando quindi un po’ in controtendenza con la recente abitudine di considerare sessisti i complimenti per l’estetica: “Carina? Un merito!”.

Di meriti ne ha poi molti altri, a parte il fatto di essere una brava attrice: l’eleganza, la simpatia, la disponibilità verso la gente. Un paio d’ore prima della cerimonia ha inaugurato, nella hall dell’Hotel Excelsior, una mostra fotografica dedicata a Gina Lollobrigida e ad Anna Magnani. Pochi istanti prima dell’inizio è passata da quella stessa hall una famosa modella, alla quale sono stati richiesti dei selfie. Questa non si è negata, ma li ha fatti tirando dritto, con lo sguardo perso nel vuoto e un certo sussiego.

Poco dopo, alle medesime richieste, Caterina Murino ha risposto con generosità, distribuendo a tutti sorrisi, autografi e quattro chiacchiere. Inutile dire che la modella ha suscitato più interesse. Per trovare una spiegazione a questo basterebbe rileggere Giacomo Leopardi, quando scriveva che le persone di valore hanno maniere semplici, ma per paradosso le maniere semplici vengono quasi sempre scambiate per indice di poco valore.

Invece in quella hall, a distanza di pochi istanti e di pochi metri, chi ha avuto buoni occhi ha potuto assistere alla differenza tra una donna di plastica e una donna vera. Donna verissima è certamente anche Liliana Cavani. Al momento del discorso di ringraziamento per il premio alla carriera, la regista novantenne (a proposito: complimenti, ne dimostra quindici di meno!) ha spiazzato anche la traduzione simultanea improvvisando una richiesta di maggiore riconoscimento al lavoro delle donne nel cinema ed esprimendo disappunto per il fatto di essere la prima a ricevere quel premio.

In verità non è esatto, perché si ricordano per lo meno Suso Cecchi d’Amico nel 1994 e la cinese Ann Hui nel 2020, ma forse la Cavani si riferiva alle registe italiane. Mentre affermava questo, Alberto Barbera, inquadrato in platea, sorrideva a trentadue denti, fingendo di non capire che si trattava di una critica rivolta anche a lui. Per intanto, su sei film invitati in Concorso, nessuno è firmato da donne.

Il primo, Comandante di Edoardo De Angelis, è stato presentato ieri. Racconta la storia vera dell’Ufficiale di Marina Salvatore Todaro, Comandante del sommergibile Cappellini durante la Seconda Guerra Mondiale, distintosi per aver deciso di salvare l’equipaggio del mercantile belga Kabalo, teoricamente neutrale in realtà al servizio dei nemici inglesi, appena affondato a cannonate. Una scelta contraria alle leggi della guerra, ma conforme a quelle del mare.

Alla domanda del capitano belga sulle ragioni che l’avevano indotto a compierla, Todaro rispose: “Perché siamo italiani”. L’Italia descritta da Alessandro Manzoni era “una d’arme, di lingua, d’altare, di memoria, di sangue e di cor”. Si ritrova quella stessa Italia, un secolo dopo, a bordo del sommergibile guidato da Todaro, dove ci si aiuta l’un l’altro e si condivide il rischio per la morte e il patema per i propri cari lontani.

comandante favino filmIl film, costato un notevole sforzo produttivo di 15 milioni, soprattutto per la costruzione del sommergibile (ora messo in vendita) e per le scene belliche, è piuttosto solido e non eccede nella retorica. Sconta però due difetti. Il primo è la mezz’ora iniziale, a tratti inutilmente calligrafica nei colori e in alcuni personaggi (la moglie di Todaro che suona La Cavalleria Rusticana al pianoforte). Il secondo è l’età del protagonista. Per il ruolo di Todaro il regista De Angelis ha chiamato Pierfrancesco Favino, il quale realizza la solita prestazione egregia, dimostrandosi una volta di più il miglior attore italiano.

Addirittura ha studiato con l’attrice veneziana Maria Roveran per imparare a recitare in dialetto, con risultati apprezzabili. Il problema vero è che nel 1940, all’epoca dei fatti, Salvatore Todaro aveva 32 anni e sarebbe morto due anni dopo ucciso da una mitragliata di uno spitfire inglese. Favino di anni ne ha 54, dunque dà incolpevolmente l’impressione di esercitare sui marinai ventenni l’autorevolezza anagrafica del padre di famiglia anziché il carisma naturale conquistato sul campo indipendentemente dall’età.

Comunque si tratta di un buon film, per il quale sarebbe meglio evitare ogni commento di carattere politico, perché finirebbe per sminuire la celebrazione di un atto eroico e di grande umanità. E infatti se ne è data immediatamente una lettura ideologica. A dire il vero il primo carico è provenuto dagli autori stessi, Edoardo De Angelis e Sandro Veronesi, i quali hanno sottolineato di aver deciso di raccontare questa storia nel periodo in cui il Governo italiano sembrava voler dare una stretta al salvataggio dei migranti.

A quel punto ha replicato Matteo Salvini, all’epoca Ministro dell’Interno e ieri presente in sala, dicendosi d’accordo con la tesi del film e precisando che nel periodo in cui fu ministro si verificò il minor numero storico di sbarchi e di morti in mare. Non se ne esce. A meno di richiamarsi ancora una volta a Caterina Murino: “Non sono né di destra né di sinistra, e non capisco perché una parte faccia tanta fatica a riconoscere quel che di buono c’è nell’altra“. Anche saggia, la Murino.

Di seguito il trailer di L’ordine del Tempo: