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Il diario da Venezia 81 (2024), episodio 1: Il Gattopardo Delon e gli sciacalletti

30/08/2024 news di Giovanni Mottola

Un bilancio della prima giornata di Festival tra ritardi, brutti vestiti, giornalisti arrabbiati e divi andati dei bei tempi

mastandrea 2024 venezia

Dopo il ritratto di ieri l’altro di Pietrangelo Buttafuoco, avevo pensato di prepararne un altro sul Direttore Alberto Barbera. Sarebbe stata una fatica inutile. Non tanto perché di lui non è rimasto molto da raccontare, essendo in sella ormai da sedici anni. Il fatto è che qualunque ritratto di Barbera finirebbe dritto filato in soffitta, ad invecchiare al posto suo.

Per lo meno se parliamo del Barbera dei dodici giorni della Mostra, quelli in cui si presenta perennemente inghingherato: smoking scuro, abbronzatura da tropici, sorriso a 32 denti, una brizzolatura degna di George Clooney e un’aria da gran cerimoniere degna di Pippo Baudo.

Perché negli altri 353 giorni dell’anno, se andassimo appunto a ravanare in quella soffitta, troveremmo tutt’altro Barbera. Ne ho avuto le prove incontrandolo al cinema a Milano: giubbottino sportivo di pelle, stempiatura, un accenno di pancia. Quasi impossibile da riconoscere!

Si potrebbe addirittura sospettare che al di fuori della Mostra abbia anche un’altra moglie: non la giovane e bella Giulia, in dolce attesa, ma una signora ormai in là con gli anni; oppure è la stessa che assume sembianze diverse a seconda dell’angolazione da cui la si guarda, un po’ come la famosa illusione ottica della ragazza e la vecchia, creata dal disegnatore britannico William Ely Hill.

bellucci e burton venezia 2024Il Direttorissimo non leggerà queste righe, ma se per uno strano caso dovesse farlo sono certo che perdonerà questo divertissement. Più che uno scherzo però ha voluto essere una metafora per significare quanto ogni personaggio e ogni luogo che graviti intorno a questo Festival, anche per merito dello stesso Barbera, abbia la miracolosa capacità di rifulgere non appena iniziano le danze.

L’intero carrozzone appare ancora un cantiere fino a cinque minuti dall’inaugurazione, per poi improvvisamente far risultare tutto perfetto alle ore 19.00 del giorno della cerimonia di apertura. La polvere però evidentemente non scompare del tutto: almeno in parte viene messa sotto un tappeto che qualcuno può anche decidere di sollevare.

Alla conferenza stampa di presentazione una giornalista tedesca, suscitando l’approvazione di buona parte di colleghi, ha infatti espresso rimostranze a Barbera perché, a differenza degli scorsi anni, le produzioni non consentono di organizzare interviste con attori e registi e ha definito pertanto la presente edizione, almeno dal suo punto di vista, “la peggiore di sempre“.

Una sonora sberla per Barbera che riferiva invece giorni fa di persone che gli dichiaravano esattamente il contrario, cioè che il programma di quest’anno fosse il migliore di sempre. Il Direttore ha risposto di non essere a conoscenza di queste procedure e di non avere alcun potere sugli uffici stampa. Indubbiamente vero, anche se forse una sua parola forse potrebbe incidere.

Nell’organizzazione generale vi è stato anche un altro inceppo legato ad avarie su alcuni traghetti, che hanno comportato lunghissime code per riuscire a raggiungere il Lido. Problema particolarmente avvertito in quanto quest’anno, superati definitivamente le ristrettezze legate al Covid e lo sciopero dei divi del 2023, l’isola sta registrando il pienone e non si trovano più né stanze d’albergo né biciclette a noleggio.

Passando alla Mostra in senso stretto, bisogna sottolineare la bruttezza generale degli abiti sfoggiati sul tappeto rosso, che da un po’ di tempo si usa definire outfit, forse per richiamare per assonanza il concetto di outlet, da dove essi sembrano provenire. Qualche stilista cervellotico è riuscito nell’impresa di far sfigurare, udite udite!, persino Monica Bellucci.

alberto barbera venezia 2024Il bilancio della prima giornata di Festival è però da considerarsi positivo, soprattutto per l’asciuttezza della cerimonia di apertura nella quale si è riusciti a condensare in appena mezz’ora: le formule di rito, uno stacco musicale della cantante Clara, la presentazione delle Giurie, con Isabelle Huppert nel ruolo di Presidente e Giuseppe Tornatore come rappresentante italiano, la consegna del primo Leone d’Oro alla Carriera all’attrice Sigourney Weaver (il secondo verrà destinato nei prossimi giorni al regista Peter Weir) con discorso in suo onore pronunciato da Camille Cottin.

Infine la cosa più emozionante, in omaggio a quel senso della memoria tanto caro al Presidente Buttafuoco: un ricordo per immagini di tre personaggi scomparsi di recente: Alain Delon (il cui figlio Anthony curiosamente è stato fidanzato per breve tempo con la madrina di quest’anno, Sveva Alviti), Geena Rowlands e Roberto Herlitzka.

Non ce ne vogliano dall’aldilà gli ultimi due – peraltro Herlitzka è stato un gigante del teatro ma al cinema è stato poco sfruttato, e inevitabilmente in ruoli minori – ma Delon giocava in un campionato a parte. Come attore fu formidabile, capace di calarsi con identica credibilità, solo per pescare tra i suoi personaggi italiani, nei panni del contadino lucano Rocco come in quelli dell’ottocentesco nobile siciliano Tancredi o ancora quelli dello stropicciato supplente d’italiano Dominici con annesso cappotto di cammello de La prima notte di quiete di Valerio Zurlini.

Ma è stato molto più che un grande attore: è stato un divo assoluto sia per la bellezza sia per il fascino un po’ maudit tipico di chi si era arruolato volontario per la guerra in Indocina e aveva avuto come scuola di recitazione la strada. Il cinema gli andava stretto.

Negli anni Settanta si presentò due volte a Milano a distanza ravvicinata, mostrando di coltivare i più svariati interessi: la prima nel 1974, all’ippodromo del trotto di San Siro, per assistere alla vittoria del suo Equileo nel Gran Premio d’Europa; la seconda l’anno dopo al Salone del mobile, per presentare una sua linea di arredamento in società con il mobiliere friulano Vittorino Sabot.

venezia 81 2024 ricordoIn entrambi i casi suscitò un pandemonio, pur in un’epoca priva di social, selfie e influencer. Bastava, si fa per dire, il carisma che possedeva in  abbondanza. In tal senso, la sua versione al femminile fu Brigitte Bardot, che lo ha ricordato dicendo che ora senza di lui tutto ha perso significato.

Claudia Cardinale ha invece affermato che il ballo è finito e ora Tancredi balla con le stelle. Si può pensare che morire non gli sia dispiaciuto, dal momento che viveva nel passato e il presente gli è sempre stato indigesto, in particolare dopo la deriva woke degli ultimi tempi che non poteva soffrire. Difficile dargli torto. Valgono per lui, nella realtà, le parole che Tomasi di Lampedusa riferiva ai suoi personaggi. Fu il gattopardo, il leone. Quelli che lo sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene.

I protagonisti maschili dei primi due film della Mostra sono stati Michael Keaton e Valerio Mastandrea. Pare che Lampedusa abbia avuto ragione.

Il trailer italiano di Beetlejuice Beetlejuice: