Incontro con Rocco Papaleo e Luz Cipriota per l’uscita di Onda su Onda
17/02/2016 news di Giovanni Mottola
Abbiamo fatto due chiacchiere con il regista/attore e la protagonista della commedia in uscita il 18 febbraio
Giovedì 18 febbraio uscirà in 300 sale Onda su onda, terzo film diretto da Rocco Papaleo e da lui stesso interpretato insieme ad Alessandro Gassman, Luz Cipriota e Massimiliano Gallo.
E’ la storia di Gegè (Papaleo), cantante in declino, che ha l’occasione di tornare alla ribalta con un concerto a Montevideo, in Uruguay, dove si era esibito trent’anni prima. Sulla nave che lo accompagna perde la voce, ma trova un insperato soccorso nel cuoco di bordo Ruggero (Gassman), musicista dilettante, che accetta di assumere la sua identità agli occhi di Gilda (Luz Cipriota), l’organizzatrice dell’evento, che non ha mai visto l’artista. Anche lei, però, nasconde un segreto…
Il nostro inviato Giovanni Mottola ha incontrato a Milano Rocco Papaleo e Luz Cipriota. Ecco cosa ci hanno raccontato sul film durante l’intervista.
Il regista ha rivela subito una curiosità relativa all’ambientazione di Onda su Onda. “In origine si era pensato di girarlo a Buenos Aires e solo in un secondo momento, d’accordo con la produzione, abbiamo deciso di ambientarlo a Montevideo, in Uruguay”. Ad influenzare questa decisione sono stati due fattori. “Da un lato ero rimasto affascinato dalla figura del Presidente Pepe Mujica, un rivoluzionario la cui storia mi ricorda quella di Nelson Mandela, e basterebbe ascoltare il discorso da lui tenuto alle Nazioni Unite per dimostrarlo. Dall’altro lato, il relativamente piccolo Uruguay, stretto tra i due colossi Brasile e Argentina, mi ricorda la mia terra, la Basilicata, anch’essa stretta tra due regioni più importanti. Questo mi ha fatto avvertire un’atmosfera familiare: quella di un luogo malinconico, dove il passato è molto… presente, perfetto per la storia che volevamo raccontare”. La malinconia influenza anche i gusti musicali di Papaleo, autore delle canzoni del film insieme ad Arturo Valiante e Francesco Montefiori. “La musica è per me la principale fonte d’ispirazione, ho sempre un ritmo in testa. Prediligo lo swing in minore, più malinconico e riflessivo”. Nel dirlo accenna una danza “ondeggiante”, accompagnandola a qualche verso della canzone di Paolo Conte che dà il titolo al film. “Con Conte non ci siamo parlati. Spero che veda il film, gli piaccia e mi chiami dicendomi: “Rocco, vieni via con me”. Io amo in particolar modo il finale della canzone, dove il naufrago dice “mi sono ambientato ormai, il naufragio mi ha dato la felicità che tu non mi sai dar”. Questa immagine rispecchia perfettamente i due protagonisti del mio film: due uomini che si sono persi, ma alla fine, nelle condizioni più impensate, riescono a dare un nuovo significato alle loro vite”. Per la parte del co-protagonista Ruggero, Papaleo ha pensato subito ad Alessandro Gassman, suo grande amico anche nella vita. “Il primo film che abbiamo fatto insieme come attori è stato “La bomba”, nel 1998. A quel tempo, entrambi avevamo bisogno di emanciparci: io da una certa superficialità, lui dalla “cappa paterna”. Il fatto che in quello stesso periodo fossimo diventati padri quasi contemporaneamente ha contribuito molto al nostro legame. Tra noi non c’è alcuna rivalità, anche perché, in ragione dei rispettivi phisique du role, ci completiamo a vicenda: dove finisce lo spazio per i miei personaggi, inizia quello per i suoi, e viceversa”. Proprio per questo era forse più scontato pensare a un’opposta assegnazione dei ruoli: Gassmann nei panni dell’uomo da palcoscenico e Papaleo in quelli del cuoco introverso. “Questo era infatti il progetto originario. Poi con i produttori abbiamo pensato di capovolgerlo. Certo, Gassmann è “enorme” nei panni di un cuoco introverso, ma Alessandro, oltre ad essere un grande attore, ama come me l’andar controcorrente. D’altra parte, già nel mio primo film, “Basilicata coast to coast”, gli avevo assegnato una parte da antieroe e l’aveva interpretata benissimo. Sempre in quest’ottica, stiamo anche ragionando a una nostra versione de “La strana coppia” in cui io dovrei interpretare la parte di Matthau e lui quella di Lemmon”. Il clima amichevole e molto musicale ha anche contribuito ad agevolare il compito per l’argentina Luz Cipriota, alla sua prima esperienza cinematografica in Italia e in italiano. “Nel vostro paese avevo girato solo la serie per la televisione “Terra Ribelle”, ma su quel set si parlava spagnolo. Sentivo quindi una grande responsabilità, ma ero anche felice di poter fare un’esperienza tanto divertente e istruttiva, che si è rivelata la più bella della mia carriera. Ho amato molto la combinazione di recitazione con musica, ballo e canto che abbiamo realizzato sul set. Con Rocco e Alessandro mi sono trovata benissimo: hanno cercato in ogni modo di mettermi a mio agio, aiutandomi con l’italiano ogni volta che capitava di fare qualche deviazione rispetto al copione. Mi piacerebbe lavorare nuovamente con loro”. Papaleo ricambia la dimostrazione di stima. “La prima volta che ci siamo incontrati Luz non sapeva una parola d’italiano, ma ci siamo intesi con la musica: io mi sono messo al piano a suonare e lei ha cantato “Besame mucho”. Così me ne sono innamorato artisticamente e una ventina di giorni dopo, quando ci siamo visti per la seconda volta, aveva già imparato a parlare un po’ la nostra lingua. Ha un’impostazione molto americana: disciplinata e rigorosa nell’approfondimento del personaggio”. Anche da queste parole si nota come Papaleo, al suo terzo film da regista, si senta ormai a suo agio dietro la macchina da presa. “Penso che, dal punto di vista registico, sia un film più maturo dei miei due precedenti, perché oggi faccio un uso più consapevole della macchina da presa e del montaggio. Ho cercato di sfruttare queste maggiori abilità tecniche per ottenere un ribaltamento del canone classico: anziché avere una musica che fa da contrappunto all’immagine, qui abbiamo un’immagine che fa da contrappunto alla musica. Mi considero insomma un regista jazz”. Poco importa a Papaleo se il film non dovesse ricevere premi. “Intendiamoci: se me li danno, vado a prenderli anche a piedi. Ma sotto quell’aspetto mi considero appagato: nel 2011 ho avuto la soddisfazione di ricevere dalle mani di Ennio Morricone il David di Donatello come miglior musicista per “Basilicata coast to coast” e questo mi basta. Quando ho cominciato desideravo solo non passare inosservato, nello spettacolo così come nella musica. Oggi, dopo trent’anni di carriera, posso dire di avercela fatta e di aver ottenuto molto più di quello che mi aspettassi e quindi non temo di finire in declino come il mio Gegè. Se poi domattina dovesse finire tutto, me ne farei una ragione“. Quali sono allora le ambizioni di Papaleo oggi? “Mi interessa comunicare con il pubblico, non a caso amo molto il teatro. Mi piace uscire dal seminato e per trovare identità espressive vado alla ricerca del contrasto: voglio divertire e commuovere insieme, far ridere e far riflettere. Una specie di cocktail Margarita, dolce dentro e con il sale sul bordo del bicchiere. Ecco, io mi sento un Margarita dell’anima”.
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