Intervista a Chapman To, produttore e attore di The Mobfathers, presentato al FEFF18
17/05/2016 news di Sabrina Crivelli
L'eclettico e scomodo personaggio della scena di Hong Kong ha approfondito con noi diversi temi scottanti, tra politica, criminalità e progetti futuri
Considerato uno dei più irriverenti interpreti del cinema di Hong Kong, in occasione della sua presenza al Far East Film Festival 2016 abbiamo intervistato Chapman To, che interpreta il protagonista – ed è anche produttore – dello sfrontato The Mobfathers, diretto da Herman Yau (The Legend Is Born: Ip Man) e co-sceneggiato con Erica Li. Il film vede l’attore di Infernal Affairs nei panni di uno boss delle Triadi, arrestato per una rissa a suon di coltelli che, una volta uscito di prigione si candida a Drago Supremo, ossia quello che per cinque anni diventa il capo assoluto e supervisore di tutte le attività dei diversi gruppi criminali di cui è composta la strutturata mafia locale. Eminenza grigia dietro ai lavori è l’ormai malato padrino (Anthony Wong), che presiede un piccolo comitato teso a individuare i due prescelti, insieme all’altro protagonista, l’ex poliziotto Wulf (Gregory Wong).
Dissacrante e decisamente politica, la pellicola parla apertamente della attuale caotica situazione hongkongese, di cui è in qualche modo rappresentazione in chiave farsesca. Se secondo l’attore “il film non è poi così politico”, lui stesso invece “lo è”, “persino quando realizza storie per bambini”, motivo per cui To ha dichiarato: “qualsiasi film prodotto da me, fosse anche una fiaba, è un problema in Cina, per cui non c’è alcuna differenza [rispetto al parlare di malavita e criminali]”. Se quindi vengono trattati temi scottanti, quale la connivenza dei politici – nonché della polizia – coi traffici illeciti, tale aspetto non presenta secondo lui nulla di nuovo, anzi è un aspetto condiviso da diversi gangster movie come Il padrino, dacché “il mondo del crimine è pieno di politica e il mondo della politica è pieno di criminali, per cui non c’è una separazione netta”.
Anche per ciò che riguarda più nello specifico il suo personaggio, se a un primo sguardo potrebbe sembrare un innovatore, che propone un nuovo e più democratico processo per decidere chi salirà al potere, l’attore ci ha spiegato che “è una persona piuttosto egoista” e ritiene che “se vincesse le elezioni non farebbe una rivoluzione”, aggiungendo inoltre che “se sei il principe, non vuoi fare il presidente”; secondo il suo punto di vista difatti colui che interpreta “non è realmente interessato alla democrazia, ma al potere, e la democrazia è solo un’arma per ottenerlo” concludendo “questo significa che è un vero politico”.
D’altro canto “la vita dei gangster” è osservata sotto molteplici punti di vista, non solo quello più violento, ma anche nelle dinamiche familiari, grazie alla presenza della moglie e del figlio. A definirne la duplice natura è allora il voice over del protagonista, che “esprime il suo punto di vista sulla vicenda” e si contrappone alle immagini e alla percezione che hanno gli spettatori. Non solo, le dinamiche della mafia nella ex colonia britannica sono da lui conosciute da vicino: “come attore è veramente importante avere esperienza nella vita reale [per i ruoli interpretati]” ha infatti dichiarato. “Sebbene tu possa non avere esperienza diretta, ad esempio prima di interpretare un serial killer. Non tutti ce l’hanno, almeno non io!” ha soggiunto poi sorridendo. “Ma che almeno si deve avvicinare in qualche modo all’idea”. Ha poi continuato scherzando: “Sicuramente ho diverse esperienze riguardo al mondo del crimine, ma di certo meno di quante ne ho in comune con il film Vulgaria [2012], che parlava di un produttore che si accoppiava con un asino in Cina…”.
Per ciò che concerne il nuovo modo di trattare la tematica delle Triadi da parte di Herman Yau rispetto alla tradizione, “Herman è sempre capace di esagerare una situazione e portarla all’estremo” ci ha spiegato Chapman “è una sua caratteristica. Ad esempio usa sempre un sacco di sangue, molto più di altri. Inoltre gira delle folli scene di sesso, come questa in cui durante l’amplesso la ragazza si mette a predirmi il futuro… Lui trova sovente il modo di raccontare una storia in un modo davvero peculiare”. Questo perché è “un regista intellettuale” e al contrario di molti suoi colleghi ad Hong Kong, che non hanno studiato molto né vanno al college [To compreso], lui “ha un PHD, il che significa, dal mio punto di vista, che lui prende in esame molte opzioni e se tu sei ben istruito concepisci molte più opzioni e… questo si tramuta in film bizzarri!”.
Se la componente creativa di sicuro non scarseggia, a essere meno abbondanti sono invece i fondi, che ahimè si ripercuotono sul risultato finale soprattutto per quello che riguarda il sangue, che al contrario dei combattimenti di grande impatto, è tutto realizzato in CGI e piuttosto visibilmente posticcio. A tal riguardo l’attore – in questo frangente più produttore – ci ha rivelato che “è colpa del budget. Avremmo potuto avere abbastanza soldi da poter far uso di una computer grafic di livello se lavorassimo per il mercato cinese. A quel punto potremmo avere dell’ottimo sangue, sangue vero, e costosi effetti speciali, ma preferisco avere del sangue falso, ma una storia vera”.
Parlando altresì del suo futuro e della distribuzione in Cina di The Mobfathers, To ha affermato con un certo piglio esistenzialista:
In questo momento non ho alcun tipo di idea sul futuro, perchè credo che la vita non riguardi il futuro, o il passato, ma ci sia solo il presente. Se mi fossi preoccupato del futuro, non avrei fatto ciò che sto facendo, per questo penso solo al presente, che è un dono…è per questo che viene chiamato ‘presente’.
Interrogato infine sui suoi futuri progetti in veste di regista [ha esordito nel 2015 con la commedia Let’s eat], To ci ha rivelato che “dirigerò un film di arti marziali, sul karate e su una ragazza”, confidandoci poi “mi piace Rocky, è la mia pellicola favorita e mi commuovo ogni volta che lo vedo” e “ho sempre desiderato realizzare un film sui combattimenti sportivi, non importa di quale tipo, con una donna come protagonista”, perché secondo lui “è doloroso essere colpiti in faccia con un pugno, è veramente terribile se sei una ragazza, soprattutto se sei bella, ma questa è la vita”. Sarà “drammatico, lo voglio incentrare su dei veri combattimenti, non su combattimenti coreografati. A Hong Kong abbiamo stuntman e coreografi; desidero che i protagonisti seguano un vero allenamento e facciano veri incontri […] rendendo la parte di fighting quasi documentaria. Cerco perciò un’attrice che divenga una vera e propria combattente”. Prima di congedarsi, To ha approfondito:
Voglio incentrare questo film sul karate, perché non è più popolare come negli anni Settanta – anche se ancora è presente. Gli abitanti di Hong Kong seguono molto le mode: quando Tony Jaa ha avuto successo tutti volevano fare thai boxe, dopo Ip Man hanno invece optato per il Wing Chung e ora tutti cercano qualcosa di nuovo. Io voglio dimostrare che abbiamo delle ottime tradizioni e per questo ho scelto il karate.
In attesa dunque di vedere realizzato questo nuovo avvincente progetto, eccovi il trailer di The Mobfathers:
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