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La ballata di Buster Scruggs: spieghiamo The Mortal Remains e l’alone di morte del film dei Coen

Nell'ultimo segmento, i due registi si cimentano col soprannaturale e l'Aldilà, coinvolgendo Brendan Gleeson e Jonjo O'Neill

Se di La ballata di Buster Scruggs (The Ballad of Buster Scruggs) abbiamo già parlato più in generale nella nostra recensione, ora vogliamo nello specifico soffermarci sul dettaglio, in particolare sulla spiegazione dell’alone ‘di morte’ che incombe sui sei episodi compresi nel film diretto da Joel e Ethan Coen.

Nel corso di un Q&A durante lo scorso Festival del Cinema di New York, Ethan Coen ha spiegato che non stavano pensando consapevolmente a un tema come quello della mortalità fino a quando non hanno cominciato a scrivere il segmento finale, intitolato The Mortal Remains, l’ultimo a essere scritto prima di cominciare le riprese (il primo è stato messo su carta ben 25 anni fa invece):

Abbiamo pensato: questo personaggio muore in questa storia, quello muore in quell’altra storia. Forse in questo che siano tutti morti?

The Mortal Remains sembra allontanarsi parecchio dal semplice formato ‘a parabola’ di precedenti capitoli del libro The Ballad of Buster Scruggs and Other Tales of the American Frontier e, sebbene non sia l’unica parte del film smaccatamente fantastica, è di sicuro quella più elusiva.

Comincia con un improbabile gruppo di viaggiatori a bordo di una diligenza: una donna pia e arrogante (Tyne Daly), un trapper libidinoso (Chelcie Ross) e un francese amante del gioco d’azzardo (Saul Rubinek). Seduti di fronte a loro ci sono un azzimato uomo irlandese (Brendan Gleeson) e un inglese (Jonjo O’Neill). Mentre i passeggeri condividono le loro storie lungo la strada diretti verso un luogo noto come Fort Morgan, le loro conversazioni si spostano poco alla volta sulla natura umana. Il trapper è convinto che le persone non siano diverse dai castori che cattura per le pellicce; la signora vede solo peccatori o giusti; il francese sostiene che le persone cambino e si comportino in base al desiderio e alle circostanze. Non appena il sole tramonta, la diligenza viene avvolta in un inquietante blu scuro, che porta con sé un inconfondibile senso di terrore.

Alla fine, l’irlandese – che a un certo punto intona la tradizionale ‘Pills of White Mercury‘, che parla di un uomo che sta lentamente morendo di sifilide – e l’inglese – che espone una metafora su come gli esseri umani cerchino di elaborare il momento della loro morte – rivelano il loro mestiere: sono “mietitori” o “mietitori di anime“, che assistono “coloro che sono giudicati colpevoli”. Gli altri deducono che sia un modo per dire “cacciatori di taglie”, ma chiaramente il loro compito è ben più metafisico. Il sovrannaturale cocchiere, avvolto in un mantello nero, non si ferma mai, almeno finché non arriva al luogo del loro alloggio per la notte. Si trova a metà strada; è il Purgatorio, se preferite. Oltre la soglia si vede una scala – inondata di luce bianca – che porta in alto.

La freddezza eterna del finale di The Mortal Remains va però curiosamente in qualche modo a braccetto col segmento di apertura, nel quale l’eccessivamente sicuro di sé Buster Scruggs del titolo (Tim Blake Nelson) incontra la propria morte per mano di un parvenu e gli spuntano letteralmente ali d’angelo, con le quali vola in cielo cantando, con tanto d’arpa dorata. In definitiva, The Ballad of Buster Scruggs non garantisce una teoria generale su cosa succede quando moriamo, ma è certo che a tutti capita, e spesso in modi non piacevoli.

Certo, è una sorta di pretesto per sostenere che il principio che guida il film sia un vago agnosticismo, ma è difficile discuterne adeguatamente in modo conciso.

In ogni caso, di seguito trovate il trailer italiano di La ballata di Buster Scruggs, nel catalogo di Netflix dal 16 novembre:

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Published by
Redazione Il Cineocchio