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Voto: 7/10 Titolo originale: Escape to Victory , uscita: 17-06-1981. Budget: $10,000,000. Regista: John Huston.

La recensione concisa | Fuga per la vittoria di John Huston

09/06/2021 recensione film di Marco Tedesco

Nel 1981, Sylvester Stallone, Max von Sydow e Pelé erano i protagonisti di un dramma sportivo ingenuo ma avvincente, capace di rimanere impresso nella memoria grazie agli ultimi 20 minuti

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Se il vedere un film dal principio è buona regola sempre, in questo caso è legge severa: se private a metà, o cominciate dalla fine, si perde il meglio di Fuga per la vittoria (Escape to Victory) del 1981, dove l’epilogo emozionante è stato preparato con un gusto della ‘suspense’ che non è fra le minori qualità d’un film non a caso divenuto un piccolo classico.

Ispirandosi a un fatto realmente accaduto a Kiev nel 1942, dove fu una partita di calcio fra tedeschi occupanti e prigionieri russi (la stessa che, nel 1961, dette lo spunto all’ungherese Due tempi all’Inferno di Zoltán Fábri), gli sceneggiatori Jeff Maguire, Djordje Milićević e Yabo Yablonsky immaginano qui che nel 1943, in un campo di prigionia, il maggiore von Steiner (Max von Sydow), ex calciatore della nazionale tedesca ora addetto alla propaganda, pensi d’organizzare un incontro fra i migliori calciatori germanici e una squadra composta alla meglio di prigionieri di guerra alleati, fra i quali ha ritrovato un ufficiale inglese, Colby (Michael Caine), che a suo tempo si era trovato di fronte sul campo di gioco.

Fugaperlavittoria.jpgDenutriti e malconci, i giocatori accettano perché già nella vita civile erano campioni, perché ottengono alcuni privilegi durante gli allenamenti e perché si uniscono a loro dei vecchi colleghi provenienti, anch’essi prigionieri, dai campi dell’Est. La sfida prende, però, una piega nuova quando un sergente americano, Hatch (Sylvester Stallone), che ha chiesto di far parte della squadra alleata pur essendo piuttosto scarso, riesce a fuggire in Francia. Gli uomini della Resistenza, saputo che la partita di calcio si svolgerà a Parigi, studiano allora il modo di approfittarne per far evadere gli alleati, e costringono Hatch a farsi riprendere dai tedeschi per darne notizia ai compagni.

Quando si arriva alla partita, che si suppone giocata allo stadio Colombes alla presenza di gerarchi nazisti e di una gran folla, colpo di scena: anziché scappare durante l’intervallo, attraverso un tunnel costruito sotto gli spogliatoi, i calciatori decidono di portare a termine il match nella speranza di rimontare lo svantaggio che, per colpa d’un ‘arbitro venduto’, stanno subendo. E così accade: grazie ai dribbling d’uno di loro (che è, vedi caso, Pelé) e alla fortunosa parata di un rigore da parte proprio di Hatch, riescono a pareggiare suscitando l’entusiasmo della folla che invade il campo e li sottrae alla rabbia tedesca.

Il citato Due tempi all’inferno, che era ambientato nella Cecoslovacchia occupata nel ’44 dai nazisti e dove i calciatori, scelti fra i condannati ai lavori forzati, dovevano giocare per festeggiare il compleanno di Adolf Hitler, aveva un finale tragico. Fuga per la vittoria punta tutto, invece, sull’ironica pittura d’ambiente e sul grande spettacolo sportivo.

Diretto dal veterano John Huston (Chinatown) per il piacere di raccontare una storia ‘maledettamente buona’, il film è piuttosto convenzionale nella prima metà, quando delinea alla svelta i caratteri degli inglesi, scozzesi, irlandesi, americani, e dei tedeschi arroganti — con una punta di simpatia per von Steiner, dopotutto compiaciuto che sia lo sport a vincere — ma assolutamente trascinante negli ultimi venti minuti, in cui, complice persino ‘la Marsigliese’, il tifo calcistico e l’amor di patria esplodono insieme nella passione.

Fuga per la vittoria ha, se vogliamo, qualche parentela con gli altri film di John Huston in lode dell’agonismo, ma ciò che più piace è il suo sapore d’assurdo, il suo elogio dell’orgoglio e dell’azione temeraria.

Obbedienti al ‘vecchio leone’, gli attori danno allora il meglio: Sylvester Stallone prestando ad Hatch la propria aria ciondolona, Michael Caine facendo Colby con flemma britannica, Max von Sydow incarnando con un sorriso nascosto il maggiore tedesco. Carole Laure è una presenza femminile poco necessaria, ma gli altri sono veri campioni: oltre Pelé (autore anche della leggendaria rovesciata del 4-4), Bobby Moore, John Wark, Osvaldo Ardiles, e via dando pedate nel culo ai nazisti. Insieme con la musica di Bill Conti va menzionato, per una volta, il lavorone del montatore Roberto Silvi, fondamentale.

Di seguito trovate una scena clou di Fuga per la vittoria: