Home » Cinema » Sci-Fi & Fantasy » L’Accademia del Bene e del Male: la recensione del film fiabesco di Paul Feig (su Netflix)

Voto: 4/10 Titolo originale: The School for Good and Evil , uscita: 19-10-2022. Regista: Paul Feig.

L’Accademia del Bene e del Male: la recensione del film fiabesco di Paul Feig (su Netflix)

21/10/2022 recensione film di Francesco Chello

Il regista confeziona un maldestro Harry Potter wannabe, che pecca di narrativa e storytelling in luogo di inutile ironia, in cui lo scarso coinvolgimento è inversamente proporzionale alla durata spropositata. Tratto dall’omonimo romanzo di Soman Chainani, primo di una saga letteraria.

l'accademia del bene e del male film

New entry nella library di Netflix che dal 19 ottobre ha lanciato in piattaforma L’accademia del Bene e del Male, ultima – in ordine di tempo – produzione originale del colosso dello streaming. Una di quelle che probabilmente il signor Netflix tende a catalogare sotto la voce ‘produzioni ambiziose’ – che poi ambizione coincida o meno con risultato è un altro paio di maniche (da valutare di volta in volta).

Ambizione, dicevo, non solo per una questione di budget – che non ho approfondito ma che a naso non definirei assolutamente contenuto, ma anche per la portata di un progetto che ha portato all’acquisto dei diritti di sfruttamento dell’omonima serie letteraria. The School of Good and Evil è una saga fantasy fiabesca creata da Soman Chainani (a cui viene concesso un cameo nei panni di un insegnante della scuola del male) che a partire dal 2013 ha pubblicato sei romanzi principali ed un libro extra.

I diritti per una trasposizione cinematografica erano già stati acquistati dalla Universal, poco dopo l’uscita del primo romanzo. Negli anni successivi il progetto, però, finisce nel cosiddetto ‘development hell’, anche per ragioni di un budget (appunto) che necessita di essere importante; la rinuncia da parte di Universal spalanca le porte a Netflix che presumibilmente mirava a creare il proprio Harry Potter e che nel 2017 subentra cambiando l’intero team creativo.

L'Accademia del bene e del male film 2022 posterLaddove il parallelo con Harry Potter non è banalmente qualunquistico, ma tiene in considerazione diversi punti in comune, dalla scuola di magia alle casate in competizione, passando per il cast giovanile affiancato da attori esperti nei panni di professori o personaggi maturi di sorta.

Insomma, quello de L’Accademia del Bene e del Male è materiale (che si rifà all’immaginario favolistico) che potenzialmente potrebbe dare vita ad un prolifico franchise filmico. Condizionale utilizzato non a caso, visto che per quanto mi riguarda possono fermarsi subito, dopo il primo maldestro tentativo.

Merito (colpa) di Paul Feig, che firma anche la sceneggiatura insieme a David Magee e infarcisce il suo polpettone di tante cose sbagliate. Che poi, quando ho letto che il regista era lui avevo istintivamente storto il naso.

Credo di aver visto giusto un paio di cose sue, che però mi erano bastate. Spy nel 2015, recuperato da fan di Jason Statham che manco a dirlo mangiava la scena grazie ad un’insospettabile vena comica, ma il cui ruolo di supporto veniva puntualmente sfruttato meno del dovuto in un collage di gag dimenticabili ed un pisello (non il suo) messo ripetutamente (e inquietantemente) in bella mostra.

Film in qualche modo vedibile, specie se paragonato al successivo Ghosbusters: Legacy, reboot disastroso, non tanto per la questione del discusso gender swap, quanto proprio per l’ottusa dimostrazione di non aver colto assolutamente nulla dello spirito, della magia e dell’atmosfera dell’originale, con Paul Feig apertamente disinteressato ai fantasmi, focalizzato su siparietti e commedia più volte demenziale.

Ma proprio il fatto di averne visti solo due, mi ha portato a tentare di non generalizzare quanto piuttosto mostrarmi possibilista concedendogli una nuova chance. Niente, ora sono ancora più convinto. Così come sono convinto che assegnarmi la visione/recensione del film in questione sia stata una punizione per aver mangiato di nascosto i donuts dei colleghi in redazione.

Ma andiamo per gradi. Magari partendo dalla durata ingiustificata. L’Accademia del Bene e del Male dura lo sproposito di due ore e ventisette minuti, di cui undici di titoli di coda che per inciso risultano la parte più scorrevole del film. Confesso di averlo visto spezzandolo in tre volte, una delle quali mi sono addormentato (true story, ho pure russato …).

E prima che qualcuno possa imputare la cosa a improbabili questioni di target generazionale, porto a sostegno della tesi mio figlio che teoricamente avrebbe dovuto esserne affascinato, ma che invece abbandona la visione dopo venti minuti di faccia interdetta. Il bello è che la mancata scorrevolezza non è da addurre ad un tono solenne e/o pomposo che può essere tipico di un certo tipo di fantasy (e che mal gestito può trasformarsi in pesantezza), anzi, tutt’altro, la trama è semplicissima e il tono, per almeno due atti o forse più, è sullo sbarazzino andante.

Il problema sta proprio nell’impianto narrativo, per niente coinvolgente, incentrato su uno storytelling pesantemente lacunoso. Raccontare una storia senza suscitare interesse, abusando in una eccessiva costruzione che non porta nulla. Per due terzi di film sembra di assistere a qualche episodio di una serie tv che stenta a decollare.

L'Accademia del Bene e del Male film netflix 2022Le stesse tematiche, del bene e del male, del confine sottilissimo che talvolta può separarli o portarli persino a mescolarsi, dell’amicizia, della redenzione e del sacrificio, del concetto di nemesi, avrebbero un minimo di potenziale interessante se il tutto non fosse ridotto, per buona parte del tempo, ad un gioco degli equivoci (persone finite controvoglia in un contesto apparentemente sbagliato) e una sorta di triangolo amoroso che vede un principe indeciso spostare le proprie mire su almeno tre partner diverse e che gira intorno al vecchio espediente fiabesco del fatidico bacio del vero amore.

Schermaglie, battibecchi, capricci a discapito della sostanza. Lo stesso quadro generale, non so come spiegarlo, sembra artefatto, gente in costume che si muove su una scenografia, non hai quella sensazione di immersione di cui necessita un prodotto di questo tipo.

Non è una questione di confezione (dignitosa ma comunque non entusiasmante nei dettagli), ma proprio di anima. Dettagli che non sempre convincono, dalle guardie lupo in CGI che per potenziale visivo mi hanno fatto pensare alle figures della Papo, ma che vengono disinnescate da teste poco mobili e prive d’espressione, alle spade che si illuminano manco fosse Star Wars, al make-up per l’invecchiamento che ricorda una maschera carnevalesca.

Perché di base, un po’ tutti hanno quell’aria da cosplay di lusso collettivo. Così come, un fantasy che si rispetti, dovrebbe piazzare almeno una manciata di momenti clou, cercare epicità e pathos, cosa che L’Accademia del Bene o del Male fatica costantemente a trovare.

Qualche buffo incantesimo, un aspirante licantropo a cui spunta un solo pelo, uno gnomo che sembra uscito dalla Melevisione, l’immancabile scena malinconica che deve coprire la ‘quota Artax’. Gira e rigira la si butta spesso e volentieri su quell’ironia e relative gag vicine ai gusti di Paul Feig, in pratica non solo non ci si immedesima, non c’è trasporto, ma con l’aggravante che non ci si diverte e non si ride.

L'Accademia del bene e del male film 2022E questa è forse la più incisiva delle diverse scelte stilistiche che il regista si ostina a sbagliare, come il sentirsi innovativo contrapponendo musica pop contemporanea a momenti topici cercando l’effetto cool dal contrasto, ma ottenendo invece l’esatto contrario; un’impacciata figaggine che quei momenti li fa sembrare dei videoclip musicali un po’ tamarri – penso all’entrata a sensazione da cattivona con vento nei capelli sulle note di You Should See Me in a Crown di Billie Eilish, o la rissa con sottofondo di una cover dei 2WEI di Toxic di Britney Spears. Che a quel punto, era meglio un autoreferenziale Oops!… I Did it Again, come mea culpa di Paul Feig nei confronti degli spettatori.

A metà del terzo atto, ovvero a circa mezz’ora dalla fine (titoli inclusi), L’Accademia del Bene e del Male tenta improvvisamente la virata nel dramma, senza sortire grandi effetti considerando che a quel punto dei personaggi ti frega quasi zero. Per non parlare di un confronto che dovrebbe ambire ad essere la scena madre ma si fa notare per timidezza e sbrigatività, incluso un calcio a una palla di fuoco manco fosse Eric Cantona in quel vecchio (e mitico) spot della Nike.

D’altronde, era già tutto chiaro dal duello del prologo, contraddistinto da una coreografia che urla disperatamente cavi e finzione, quando speri di risolvere tutto colorando qualche colpo in CGI. Scena in cui viene introdotto un villain impalpabile che si rivela un altro grande punto debole, perché il cinema ci insegna che un cattivo di carisma vale da solo mezzo film.

Rafal è un personaggio che compare poco e male, interpretato dall’acerbo Kit Young cui spetta il compito di indossare i panni anche del fratello gemello Rhian. E ora voglio sapere dove sono gli indignati, quelli che hanno fatto casino perché l’attrice che ha ottenuto il ruolo Ariel non è una vera sirena con pinne e squame. E allora perché nessuno pensa ai gemelli? Eh? Eh?! Dobbiamo pretendere che ad interpretare personaggi gemelli siano soltanto attori gemelli!

Antagonista che non è l’unico personaggio a rivelare mediocrità di una scrittura che in molti casi ricorre a tratti macchiettistici se non proprio sopra le righe. Dispiace per attori come Laurence Fishburn (che veicola un colpo di scena intuibile) o Charlize Theron, che per quanto appaia divertita viene mortificata da una parte colpevolmente innocua.

l'accademia del bene e del male film charlizeCate Blanchett offre il suo contributo vocale nel ruolo di un voice over che ogni tanto ci ricorda dove siamo e cosa sta succedendo.

Nota di biasimo per lo spreco assoluto riservato a Michelle Yeoh, immagino conosciate le skills dell’attrice malese (per quanto mi riguarda, dovreste) per cui vi si spezzerà il cuore a saperla confinata in un ruolo tanto minuscolo quanto ridicolo come quello dell’insegnante di imbellimento, quella che per farla breve insegna a sorridere (che poi quasi sfonda la quarta parete quando si lamenta del suo compito ingrato con tanto di parolaccia molto poco fantasy); trattamento ignobile che quelli della mia religione punirebbero come minimo con punizioni corporali potenzialmente letali.

Le due protagoniste sono affidate a Sophia Anne Caruso e Sofia Wylie (che in High School Musical: The Musical: The Series aveva recitato con Olivia Rodrigo, la cui Brutal fa parte della soundtrack), le ragazze fanno il loro, tra faccette e sentimentissimi a buon mercato. L’arco narrativo viene completato, ma ovviamente non manca un finale aperto che a quel punto sembra più una minaccia. Anche perché Paul Feig ci tiene a ricordarci il buongusto del suo umorismo con una cagata corale di piccioni, adeguata chiosa metaforica dello spettacolo offerto.

L’Accademia del Bene e del Male porta Paul Feig a fallire anche nel fantasy giovanile. Un mondo sulla carta magico incapace di offrire altrettanta magia necessaria ad avvolgere lo spettatore. Scarso coinvolgimento inversamente proporzionale ad una durata estenuante.

Condito da un’ironia insipida. Un Harry Potter wannabe che infila un errore dietro l’altro. A prescindere dal prototipo, la dimostrazione di non aver capito nulla della tradizione del filone in generale. E se voleva essere un tentativo di innovazione, grazie, ma stavamo bene anche senza.

Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di L’Accademia del Bene e del Male, nel catalogo di Netflix dal 19 ottobre: