Voto: 5.5/10 Titolo originale: The Matrix Resurrections , uscita: 16-12-2021. Budget: $190,000,000. Regista: Lana Wachowski.
Matrix Resurrections, la recensione del quarto film (dirige Lana Wachowski)
31/12/2021 recensione film Matrix Resurrections di William Maga
A 18 anni da Revolutions, Keanu Reeves e Carrie-Anne Moss tornano in scena per un'operazione 'meta' simpaticamente autoconsapevole, che manca però di guizzi tecnici e di reale ispirazione
È un ‘bene’ o un ‘male’ se un sequel riconosce apertamente di star copiando il film originale su cui è basato? La risposta potrebbe determinare quanto vi piacerà Matrix Resurrections, l’attesissimo (?) quarto capitolo della popolare saga fanta-filosofica iniziata nel 1999. Lavorando in solitaria senza la sorella Lilly, ma con i romanzieri David Mitchell (Cloud Atlas) e Aleksandar Hemon (The Lazarus Project), Lana Wachowski ritorna ora al franchise che non soltanto le ha regalato la fama mondiale, ma che ha soprattutto influenzato lo stile e le tecniche cinematografiche più di ogni altro titolo negli ultimi 20 anni.
Per quanto emozionante possa essere il suo arrivo nei cinema, il meditabondo Matrix Resurrections ricalca – e ricicla – però troppe idee presenti nel seminale capostipite, indossando solamente un’intrigante e sfacciata autoconsapevolezza a protezione dalla sua mancanza di originalità, sebbene Lana Wachowski e il suo team aprano qui la porta a nuove avventure di cui la gran parte del pubblico ha sostanzialmente ( e segretamente) sentito la necessità fin dalla conclusione ben poco emozionante della prima trilogia.
Il 57enne Keanu Reeves torna a vestire i panni di Thomas Anderson, un designer di videogiochi il cui capolavoro, ‘The Matrix’, ha trasformato per sempre il panorama di quell’industria e lo ha catapultato in un prestigioso ufficio ai piani altissimi di un grattacielo dove tira sera alla ricerca di un’altra idea rivoluzionaria.
Poiché le fondamenta in grado di piegare la realtà su cui si poggia il suo videogioco si sono fatte così vivide da spingerlo addirittura a non riuscire più a distinguere la fantasia dalla realtà, Thomas ha da tempo iniziato a vedere regolarmente un analista (Neil Patrick Harris), che gli prescrive delle pillole blu per contrastare questi inquietanti effetti collaterali da stress.
Ma quando Morpheus (Yahya Abdul-Mateen II), un personaggio del VG, e una giovane donna di nome Bugs (Jessica Henwick) lo contattano per chiedergli una mano con il mondo segreto e controllato dalle macchine che Thomas ha passato anni a convincersi di essere soltanto un’invenzione della sua fervida immaginazione, il suo benessere psicofisico e tutta la sua precaria esistenza cominciano a sgretolarsi intorno a lui.
C’è molto altro da approfondire nella trama di Matrix Resurrections, che proprio come avveniva nei suoi predecessori è sovraccarica di spiegoni pur essendo contemporaneamente in qualche modo sia incredibilmente cerebrale che – alla fine – davvero semplice, ma è preferibile che siano gli spettatori a scoprirla. Ciò che Lana Wachowski ha effettivamente fatto in questi 148 minuti è costruire un ‘film matrioska’ in cui si inserisce l’originale Matrix.
In entrambi i film, Thomas vive infatti una vita ordinaria che lui percepisce nascondere una realtà più profonda, viene contattato da individui provenienti da quella realtà ‘reale’ e infine è invitato a conoscere una verità vitale, ma profondamente deprimente. Bugs e Morpheus ricreano persino luoghi ed esperienze prese dal ‘risveglio’ originario di Thomas, dai set ai costumi e persino i dialoghi letterali, per rinfrescare la sua memoria.
Viene buttata lì l’idea che dopo due decenni gli umani siano meno interessati a ‘scollegarsi’ e a cercare quella verità, ma non è immediatamente chiaro cosa si guadagni in un seguito che aggiunge solo un ulteriore livello di iperconsapevolezza ‘meta’ e per il resto segua pedissequamente i ritmi del primo capitolo, facendolo consapevolmente notare al pubblico nel mentre. Ciò che fa Lana Wachowski con Matrix Resurrections è rivendicare il controllo creativo e aggirare le aspettative dei ‘fan’ alimentate dalla nostalgia (che non è altro che memoria selettiva e superficiale). Un po’ come accaduto alla serie Twin Peaks: The Return di David Lynch nel 2017.
C’è un certo innegabile grado di divertimento nel vedere alcuni personaggi del ‘mondo reale’ del film parlare del modo in cui la Warner Bros. ha ‘infastidito’ per anni il creatore del videogioco The Matrix per convincerlo a creare un sequel e ridurre le sue innovazioni – di cui il ‘bullet time’ è la più famosa – a trovate del passato; naturalmente, il cinema è oggi molto diverso da com’era due decadi fa e il ‘bullet time’ può essere ricreato abbastanza facilmente con la CGI.
Eppure, se Matrix Resurrections non può assolutamente eguagliare il livello di innovazione del primo film – e forse è ingiusto pretendere che lo facesse – una ricostruzione ammiccante di quell’ormai mitica storia non può che apparire particolarmente priva di ispirazione, mentre i suoi nuovi florilegi tecnici sembrano appena dei sostituti temporanei per ‘qualcosa di meglio’ che i suoi realizzatori non sono riusciti a definire in tempo.
Sembrerebbe che ci possano essere infinite possibilità di storie dato lo stato attuale del nostro mondo, non solo per quanto riguarda la preveggente sbirciata attraverso il ‘velo di Maya‘ del capostipite, ma anche in termini di tecnologie capaci di diventare una pietra angolare inestricabile delle nostre vite di spettatori. Eppure, Lana Wachowski sembra essere rimasta abbastanza incantata dai successi che assieme a sua sorella ha raggiunto la prima volta che, persino lei, è ora semplicemente felice di ritornare in quell’universo ancora una volta.
Sfortunatamente, le scene d’azione sono palesemente ‘regredite’ in Matrix Resurrections rispetto a qualsiasi altro capitolo venuto prima. Pagando l’assenza del leggendario coreografo hongkonghese Yuen Wo Ping, i momenti salienti giungono infatti principalmente da mosse prese di peso dai film precedenti, mentre tutto il resto appare confuso e difficile da affrontare specie se paragonato alle sequenze ultra cool e assemblate con millimetrica precisione che avevano reso la trilogia una corsa esaltante.
Oppure, si potrebbe anche pensare che Lana Wachowski – notoriamente un’assoluta innovatrice dell’estetica cinematografica – abbia optato deliberatamente un approccio anti-estetico e apparentemente spiazzante (con l’aiuto del direttore della fotografia Daniele Massaccesi), per criticare il mondo moderno e per concentrarsi su emozioni intense (Omnia vincit amor …) e poi scegliere di far spiegare al cattivo del film questa sua scelta, che chiede allo spettatore di mettere da parte il prevedibile cinismo di chi si approccia a uno pseudo reboot di un importante franchise.
Anche il fatto che Keanu Reeves sia nel mentre passato a un’altra saga di successo, quella di John Wick – a sua volta ripetutamente imitato e copiato –, evidenzia quanto non sia poi così eccitante rivederlo in azione, per così dire, nei panni di Neo. In un’epoca in cui i supereroi con poteri telecinetici sono ormai all’ordine del giorno, è una leggera delusione che il personaggio non riesca ad ‘adeguarsi agli standard’ nel modo in cui avrebbe dovuto dopo aver scoperto già molto tempo fa come infrangere le regole della scienza e della fisica.
Keanu Reeves offre una performance più silenziosa, appropriata dal momento che questo Neo è più vecchio, più lento e più tormentato. Allo stesso modo, Carrie-Anne Moss trasuda una vulnerabilità che non era così evidente prima, e quando i due sono finalmente insieme sullo schermo, la loro chimica trasmette una malinconia matura, sebbene l’idea di Matrix Resurrections che l’amore vince su tutto tende a essere messa in ombra da una trama ingombrante.
Nel frattempo, mentre le loro controparti ‘per le nuove generazioni’ riaccendono gli spiriti ribelli sopiti di Neo e Trinity, Jessica Henwick e Yahya Abdul-Mateen II se la cavano abbastanza bene con le risme di dialoghi espositivi offerti loro dalla sceneggiatura, così come avevano fatto i loro predecessori (peccato comunque a questo punto l’assenza di Laurence Fishburne e Hugo Weaving).
In definitiva, senza il senno di poi dei 22 anni di conversazioni culturali intercorsi (e senza contare le ulteriori visioni), è difficile valutare se Matrix Resurrections stia spingendo la saga in nuove direzioni oppure semplicemente piegandosi su se stesso come faceva l’Eletto davanti ai proiettili commerciali sparatigli da Lana Wachowski, dalla Warner Bros. e da diversi milioni di fan sparsi in tutto il mondo.
Ma l’altro elemento che questo quarto film condivide con i suoi predecessori (un paio dei quali ricordati con non particolare affetto e ai quali è indissolubilmente legato, al punto di risultare ‘incomprensibile’ da solo) è il lato filosofico e destabilizzante che li ha resi così allettanti da affrontare. E anche se a fine visione Matrix Resurrections dovesse non ‘trovare una quadra’, contiene comunque al suo interno materiale più che sufficiente a intrattenere gli spettatori mentre aspettano di prendere una decisione sul suo effettivo valore.
Di seguito trovate il secondo trailer italiano di Matrix Resurrections, nei nostri cinema dall’1 gennaio 2022:
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