Chloë Grace Moretz e Algee Smith sono i protagonisti di un'opera che prova a deviare dai soliti cliché del genere, riuscendoci solo minimamente
Una ‘tipica’ rivolta dei robot si verifica nel prologo di Mother/Android, ma finché non diventa strettamente necessario per la trama, il resto del film – che è stato prodotto da Matt Reeves (Cloverfield) – sembra contento di eludere ciò che è successo e – soprattutto – perché è successo. Si tratta di una mossa potenzialmente intelligente da parte dello sceneggiatore e regista Mattson Tomlin (già dietro a Project Power e all’imminente The Batman), la cui storia è più incentrata sulla sopravvivenza contro la Natura e dentro circostanze molto umane che sulla lotta contro dei terribili androidi assassini.
E se solo il filmmaker si fosse attenuto a queste direttivi, avrebbe potuto esserci qualcosa in Mother/Android – originalmente pensato per HULU e da noi acquisito direttamente da Netflix – che andasse oltre o, almeno, evitasse le aspettative, i cliché e una trama assai prevedibile.
Una sequela di sequenze d’azione, un paio di colpi di scena e un sacco di manipolazioni artificiose ed emotive prendono infatti inopinatamente il controllo.
Veniamo catapultati in un futuro prossimo, in cui gli androidi sono usati nelle case come servitù (sembra un impiego piuttosto limitato, ma se gli androidi – come probabilmente dovrebbero fare, visto il probabile alto costo di una casa e l’enorme numero di loro che finiscono per cercare di distruggere l’umanità – esistano anche in qualsiasi altra parte del mondo, Mattson Tomlin non lo rende noto).
Intorno a Natale, mentre Georgia (Chloë Grace Moretz) e il suo ragazzo Sam (Algee Smith) tornano a casa dal college per trascorrere del tempo con la famiglia e gli amici, si ritrovano ad affrontare una scelta difficile. Georgia è infatti incinta, e non è sicura se ami davvero e anche se voglia solo stare con Sam.
Ad ogni modo, gli androidi si ribellano, uccidendo tutti quelli che abbiamo incontrato fin qui, tranne – naturalmente – Georgia e Sam. Alcuni mesi dopo, i due stanno viaggiando attraverso i boschi, cercando di raggiungere Boston. Si dice che, lì, le barche portino famiglie con bambini in Asia, dove, per ragioni che, ancora una volta, non sono chiare o chiarite, gli androidi fuori controllo non sono un problema.
Come detto, l’elemento sagace della sceneggiatura di Mattson Tomlin è che, almeno per un po’, evita tutto ciò che il prologo ci farebbe presagire. La minaccia degli androidi, che hanno invaso aree della costa orientale degli Stati Uniti e costretto gli umani sopravvissuti a rifugiarsi in fortezze improvvisate, è sì presente, ma viene tenuta sullo sfondo. La storia di Mother/Android non riguarda questi esseri, o almeno fino a un certo punto della vicenda.
Nel frattempo, Algee Smith (Detroit) è dolcemente sincero nei panni di un fidanzato il cui più grande difetto, forse, è che Mattson Tomlin continua a inventare delle ragioni per renderlo più stupido di quanto non abbia motivo di essere.
Il fatto che i due attori ci mettano molta farina del loro sacco per tratteggiare i protagonisti è qui una necessità. Mattson Tomlin è infatti troppo impegnato a costruire l’estetica (molte foreste desolate, alcune basi sporche, una fattoria che ha assistito a cose brutte) e un retroscena sfocato (non c’è davvero una chiara comprensione di come gli umani stiano combattendo e perché gli androidi sembrino così passivi in questa guerra) di questo mondo minimale. Sembra quasi che il filmmaker abbia buttato lì una trama basilare e alcuni piccoli conflitti lungo la strada, apparentemente casualmente.
Georgia e Sam devono andare da dove si trovano alla relativa sicurezza di Boston, e poco degno di nota accade – in termini di trama o di sviluppo dei personaggi – nelle prime fasi del loro viaggio. Ci viene offerta una vaga idea della loro relazione, che però non si evolve o si deteriora mai, e della posta in gioco generale, ma questo è tutto.
Otteniamo allora un inseguimento, un paio di momenti di gioco del ‘gatto col topo’, l’incontro con uno strano tizio che decide di aiutarli (interpretato da Raúl Castillo) e che sa molto sugli androidi (la combinazione di banalità e di spiegazioni fornite da lui è risibile, eppure allo stesso tempo banale e vaga), e poi un altro inseguimento.
Mother/Android cerca poi di concludere la sua vicenda umana provando a immergerla in un’atmosfera di tragedia. Tuttavia, la sensazione è che questa scelta sia immeritata e un po’ pure patetica, perché l’umanità alla base di questa storia è inizialmente sottile e poi si spegne completamente una volta che gli ingranaggi della prevedibile trama e dell’azione si mettono in moto.
Il marchio ‘HULU Originals’ in genere non è garanzia di prodotti memorabili, e anche se questa volta ci avviciniamo alla soglia minima di decenza per un prodotto da streaming, l’obiettivo rimane sfuggente.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Mother/Android, nel catalogo di Netflix dal 7 gennaio: