Il regista francese rinchiude Melanie Laurent in uno spazio angusto, lasciandola senza memoria e con poco ossigeno, in un'opera soffocante e architettata tecnicamente con grande perizia
La protagonista assoluta Melanie Laurent (Bastardi senza gloria) offre una performance emotivamente intensa in Oxygène (Oxygen) un thriller non scontatamente intelligente e claustrofobico che però finisce la benzina una volta che inizia a rivelare i suoi segreti. Il primo film in lingua francese diretto dal regista Alexandre Aja dai tempi di Alta Tensione del 2003 (la recensione) trascorre la sua intera durata inquadrando una giovane donna che si risveglia in una camera criogenica senza finestre, incerta su chi lei sia o su come sia arrivata lì.
Girato la scorsa estate nel bel mezzo della pandemia di COVID, il lungometraggio ora distribuito in esclusiva da Netflix appare alla fine come un onesto esercizio di cinema ‘molto ravvicinato’, ma non riesce a raccogliere il meritato premio catartico promesso dall’accumulo di misteri e colpi di scena raccolti lungo la via.
La premessa da ‘trap-movie’ di Oxygène potrebbe indurre i fan del genere a pensare al piccolo classico Buried – Sepolto del 2010, che gettava Ryan Reynolds in una situazione affine. Melanie Laurent è sullo schermo, e spesso filmata in primissimo piano, per quasi la totalità del film, e l’intimità del progetto – insieme all’enigma di quello che è successo a questa donna – risulta tra i suoi principali punti di forza.
Alexandre Aja ha trascorso gli ultimi quindici anni concentrandosi sui film horror a Hollywood e, sebbene Oxygène presenti occasionali elementi ‘di paura’, la sceneggiatura di Christie LeBlanc è più interessata a generare ansia soffocante. Liz agisce sotto la minaccia di un orologio che ticchetta sadicamente mentre cerca disperatamente risposte, come – ad esempio – per quanto tempo ha dormito. Proprio come in Buried, cercare di contattare il mondo esterno e provare a conservare il vitale ossigeno è ugualmente fondamentale per il personaggio principale.
All’inizio, Oxygène gode decisamente dello stato confusionale di Liz, drammatizzando il modo in cui lei inizia a ricostruire la sua storia passata e a capire dove si trova. Un vago flashback in un ospedale la porta a chiedersi se sia stata collocata in questa camera per motivi medici, ma come scopriremo rapidamente, questi deboli indizi possono essere ingannevoli, proprio come spesso lo può essere la memoria stessa. Un uomo intravisto brevemente nei flashback, il cui nome lei pensa sia Leo (Malik Zidi), è in grado di fornire indizi su dove si trova? O la sua mente le sta giocando brutti scherzi?
Melanie Laurent ritrae superbamente il senso di panico e i procedimenti mentali in tempo reale di qualcuno che si trova in una situazione terrificante. Trasmettendo l’intelligenza e l’intraprendenza di Liz – per non parlare di una vena oscuramente umoristica – l’attrice riesce ad essere profondamente empatica senza ricorrere a teatralità melodrammatiche.
Nonostante la configurazione estrema di Oxygène, Melanie Laurent riesce a conferire un’aria realistica alla situazione mentre Liz lavora metodicamente con il non sempre disponibile M.I.L.O. per ottenere informazioni online o provare a chiamare qualcuno. E la prova vocale priva di emozioni fornita di Mathieu Amalric (l’opzione della lingua originale è – come sempre – preferibile) non fa che aumentare la tensione e la paranoia, specialmente dopo che Liz inizia a sospettare che M.I.L.O. potrebbe non dirle tutto quello che sa.
E il montaggio di Stephane Roche crea un ritmo abbastanza vivace così che il pubblico non sia mai troppo avanti rispetto a Liz in termini di comprensione di ciò che alla fine sta succedendo.
Detto questo, poiché Oxygène viene presentato come un fanta-mistery, gli spettatori sono praticamente invitati a indovinare quale sarà la ‘grande rivelazione’. Naturalmente, ci sarebbero tantissime possibili spiegazioni per il bizzarro e claustrofobico dilemma della protagonista, che portano a un’inevitabile delusione una volta che – finalmente – la sceneggiatura scopre le sue carte. Di conseguenza, la risoluzione finisce per sembrare un po’ ‘assurda’, sforzandosi tra l’altro di fare una radicale dichiarazione ‘pro umanità’ che non appare, però, completamente meritata.
Questo finale un po’ troppo imprevedibile toglie un po’ d’aria a Oxygène, ma il risultato complessivo resta ugualmente – forse a sorpresa – una boccata a pieni polmoni per il sottogenere.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Oxygène, nel catalogo di Netflix dal 12 maggio: