Voto: 6/10 Titolo originale: Happy Hunting , uscita: 22-09-2017. Regista: Louie Gibson.
[recensione BIFFF 35] Happy Hunting di Joe Dietsch e Louie Gibson
25/04/2017 recensione film Happy Hunting di Alessandro Gamma
I due registi esordiscono con un survival horror derivativo eppure capace di distanziarsi da prodotti simili grazie alla grande perizia tecnica e a trovate visive interessanti
Warren Novak (Martin Dingle Wall) è il tipo di persona che inzuppa i suoi corn flakes nel whisky non appena fa giorno. Eppure questa volta ha un buon motivo per volersi ubriacarsi alla grande. Ha appena saputo di essere padre di una bambina che vive a Città del Messico e ha accidentalmente ucciso due spacciatori di crack, i cui soci si sono messi rapidamente sulle sue tracce. Uno pneumatico esploso più tardi, Warren si ritrova a Bedford Flats, una città solitaria a poche miglia di distanza dal Messico che sembra uscita da un vecchio film di John Wayne. E’ popolata da simpatici e bravi cristiani molto legati alle loro tradizioni e il momento più atteso dell’anno era per loro solitamente quello riservato alla caccia al bufalo. Dal momento che non vi è più traccia di questi animali selvaggi da un pezzo, gli abitanti hanno dovuto trovare un nuovo gioco per passare il tempo, che si dà il caso sia l’inseguire e l’uccidere in qualunque estroso modo a disposizione chiunque si ritrovi a passare da quelle parti durante detta giornata. Inevitabilmente, Warren, con la sua cattiva abitudine di tremare come una foglia quando è a secco di alcol, possiede proprio il profilo ideale per interpretare la preda in compagnia di alcuni altri sfortunati turisti …
Questa la trama a grandi linee di Happy Hunting, primo film di Joe Dietsch e Louie Gibson (figlio di Mel), thriller polveroso che si ricava un suo spazietto all’interno del sottogenere dei film sui redneck assassini già affollatissimo da omaggi di varia natura a capostipiti cinematografici riconosciuti come Un tranquillo weekend di paura, 2000 Maniacs e Le colline hanno gli occhi, con un occhio al recente Desierto di un altro figlio d’arte, Jonás Cuarón, tutti ovviamente a loro volta in debito verso La preda più pericolosa di Richard Connell.
La premessa non è certo delle più originali quindi, con un canovaccio di musiche country, distese desertiche e maniaci che tengono il conto dei morti su una lavagna, ma Happy Hunting si riscatta ampiamente grazie all’inventività delle soluzioni proposte per le inevitabili rese dei conti di cui è costellato. Al posto dei soliti rimpasti e della riproposizione di protagonisti ansimanti che scappano a perdifiato perseguitati da cattivi schiamazzanti e armati fino ai denti, i due registi hanno deciso di puntare maggiormente sull’azione. Essendo disarmato, Warren gioca a fare il MacGyver della situazione in più di un’occasione per inventarsi un’uccisione creativa, ma non ci si trova mai di fronte a un’opera che sta cercando troppo apertamente di sembrare furba solo per il gusto di esserlo.
Il tutto viene inoltre ammantato di umorismo nero (le prime scene di morti “accidentali” sono tanto esilaranti quanto macabre) e di effetti gore pratici di grande potenza, sotto forma di colpi di armi da fuoco (aiutati dal’ottimo sound design) e dolorose trappole, di cui non si lesinano certo i dettagli e le annesse rosse nuvole di sangue (peggio invece va con gli effetti in digitale, che mostrano tutti i limiti del budget). Happy Hunting ha poi vinto il premio per la miglior fotografia allo scorso Screamfest di Los Angeles, ed è facile capire il perché, dato che ogni ripresa è filmata – e montata – a regola d’arte, con attenzione particolare alle panoramiche del vasto e assolato deserto (nella zona del Salton Sea) che creano un senso di inquietante solitudine e disperazione. Il film prende anche alcune interessanti posizioni politiche – sottolineate in particolare da una discussione tra la Sceriffo Burnside (Gary Sturm) e suo nipote Junior (Kenny Wormald) – in cui il primo racconta del suo viaggio in gioventù verso una grande città, dove si era reso conto di come i senzatetto e quelli considerati ‘falliti’ venissero abbandonati a sé stessi e lasciati a soffrire. La cittadina di Bedford Flats in pratica raccoglie queste tipologie umane e pone fine alle loro sofferenze. E poiché si tratta di una comunità ubicata al confine tra Messico e Stati Uniti, è facile intuire il riferimento al tema caldo dell’immigrazione.
Per la piena riuscita di una pellicola del genere inoltre, il cast ha un ruolo fondamentale, e gli strani, eccentrici e bizzarri personaggi sono descritti con abbastanza forza da tenere viva l’attenzione degli spettatori quando la sottigliezza della trama si fa sentire. In particolare è riuscito il ruolo centrale del tribolato Dingle Wall, che porta sullo schermo un uomo disperato – a dire il vero forse eccessivamente – alla ricerca di una figlia che non sapeva di avere e costantemente assalito dal demone della bottiglia – che gli causa allucinazioni e un’incontrollabile sete per alcolici di qualsiasi tipo (compreso il collutorio e una strana miscela fatta in casa a base di etanolo), in una prova piuttosto impegnativa e complicata, lontana dai suoi precedenti ruoli televisivi. Come principale avversario di Warren, Ken Lally se la cava dignitosamente, anche quando al culmine dell’interpretazione, il suo ghigno e la fronte si allargano così tanto da farlo assomigliare al personaggio di una storia di Tex Avery, un fattore che stempera un po’ – per alcuni forse troppo – la potenziale ferocia disturbante del film.
In definitiva, Happy Hunting è un B-movie contemporaneo – nella sua più nobile accezione – inventivo e sarcastico nel suo sottotesto, in grado di regalare grazie alla perizia con cui è stato confezionato un serata divertente e diversa ai fan del survival horror.
Di seguito trovate il trailer originale:
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