La buona dose di gore del thriller viene vanificata da uno sviluppo troppo prevedibile e dall'eccessiva superficialità nella descrizione dei suoi protagonisti
Noir tratto da un romanzo di DOA con un’insolita propensione al gore estremo, Le Serpent aux mille coupures di Eric Valette (Maléfique) tratteggia una campagna intorno a Tolosa afflitta da problemi di narcotraffico e razzismo.
E’ notte, una famiglia, i Petit, è angosciata da continue e violente incursioni dei vicini che li aggrediscono, uccidono malamente i loro animali e vandalizzano la loro proprietà, perché ritenuti colpevoli di sottrarre lavoro e risorse agli autoctoni. Ad acutizzare l’odio dei locali, c’è il fatto che sia Omar (Cédric Ido) – un uomo di origini senegalesi seppur cittadino francese – ad essere ora proprietario della fattoria, dove vive insieme alla moglie Stéphanie (Erika Sainte) e alla figlioletta Zoé (Victoire De Block). Dunque i tre vivono i costante stato di apprensione per paura di ripercussioni e rappresaglie, anche violente. Tuttavia, questa volta la minaccia per loro ha origini ben più lontane: un gruppo di narcotrafficanti si deve incontrare infatti nei paraggi con il favore delle tenebre per uno scambio di droga. Arriva la prima vettura con tre individui a bordo, tutti altolocati membri del cartello colombiano, ma un misterioso motociclista (Tomer Sisley), definito dalle autorità francesi ‘un terrorista islamico’, li assale e li uccide tutti e poi ferito fugge proprio nella proprietà dei Petit. Una seconda auto sopraggiunge, un mafioso di origine italiana (il napoletano Cannavaro) e un francese trovano i cadaveri, e per cancellare ogni traccia li spostano e gli danno fuoco. Alla scena assiste però un testimone oculare, uno degli abitanti del luogo, intento in un’altra opera di boicottaggio ai danni dei Petit, che capita per caso dove non dovrebbe, rimane nascosto e acquattato per tutto il tempo, per poi tornare spaventato a casa, dove si rinchiude.
Bivalente e non esattamente ben armonizzato nel suo duplice iter narrativo, Le Serpent aux mille coupures sembrerebbe volersi soffermare sulle dinamiche psicologiche di alcuni dei suoi protagonisti, in particolare della famigliola tenuta in ostaggio e del loro carceriere. Tuttavia in questo caso i personaggi non sono indagati particolarmente a fondo, non assistiamo a flashback o dialoghi capaci di suggerirne una convincente descrizione allo spettatore, tutto è epidermico, appena abbozzato. Il risultato è così il delineare una serie di maschere, il malvivente tenebroso alla Léon intenerito dalla bambina, una meticcia un po’ saccente ma simpatica che non lo teme affatto (come la protagonista del film di Besson del 1994), una madre avvezza a una forma di neo-moralismo liberale e un padre – vessato pressoché da chiunque per il colore della pelle – soltanto figura marginale, giusto a ricordare la questione razziale – un po’ a seguire la moda degli ultimi tempi – che in questo caso è soltanto raffazzonata malamente e banalizzata.
Ne risulta nel complesso qualcosa di non particolarmente originale nel contenuto, non particolarmente avvincente, sebbene con alcune immagini inaspettatamente scioccanti, e soprattutto troppo superficiale per creare una vera empatia nel suo pubblico.
Di seguito il trailer ufficiale di Le Serpent aux mille coupures: