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Voto: 7/10 Titolo originale: The People Under the Stairs , uscita: 01-11-1991. Budget: $6,000,000. Regista: Wes Craven.

Ombre dal passato | La Casa Nera di Wes Craven

16/10/2017 recensione film di Jurij Pirastu

L'horror del 1991 racconta la storia di un furto nella casa di una coppia di psicopatici che si sdoppia in lotta per la sopravvivenza e per la fuga, in cui i malvagi diventano vittime dei figli abusati e di un piccolo ladro divenuto eroe.

la casa nera craven film 1991

Avere i topi in casa è disgustoso e insopportabile. Ma dimenticatevi dei topi, perché non saranno questi a muovere il legno e fare rumore in questo caso. Se il titolo della distribuzione in Italia del film di Wes Craven del 1991 La Casa Nera vi risparmia la sorpresa, di certo non lo fa quello originale, The People Under the Stairs. Questa pellicola, che non ruota intorno a un iconico serial killer, come invece fanno le saghe più famose del regista (Nightmare e Scream), ma a una casa appunto e a quello che contine, è un efficace composizione connessa alla tradizione fiabesca e agli horror degli ultimi anni, che culmina con la riemersione di un perturbante, che rimuove del tutto l’accezione di home (secondo i proprietari) dall’incantevole house.

la casa nera wes cravenSinossi

Immedesimatevi. Avete 13 anni, siete di colore, vivete nel ghetto e siete poveri; vostra madre ha il cancro, non avete padre e vostra sorella si prostituisce. Un giorno decidono di sfrattarvi per un ritardo nel pagamento e un amico di vostra sorella vi propone un piano per rubare delle monete d’oro in casa dei proprietari del vostro appartamento. È la vostra opportunità. Che fate? Poindexter (Brandon Quintin Adams), o “Grullo” (come viene chiamato da tutti), si trova realmente in questa situazione, e decide per il colpo. Penetrato in casa con Leroy (Ving Rhames), l’amico della sorella, per cercare il loro compagno di furto, non raggiunge l’obiettivo, né riesce a uscire dalla casa. Quella villa ideale è abitata dai coniugi Robeson (Everett McGill e Wendy Robie, già curiosamente coppia ‘anomale’ in Twin Peaks), due psicopatici (si scoprirà che sono fratello e sorella), e dalla figlia, Alice (Allison Joy Langer), sottomessa e costretta a una retta condotta dettata da loro.

Il lusso, le maniere innocenti della coppia, i meccanismi di salvaguardia della casa sono la copertura di una famiglia rovesciata che perpetra il male verso i figli. Solo verso Alice? No, ci sono ancora dei “figli”, altri abitanti di questo posto, imprigionati in cantina o tra le mura (solo “Blatta” però, che è riuscito a liberarsi). Grullo riceve il supporto di Alice prima e quello di Blatta (Sean Whalen) e degli altri ragazzi poi, per combattere contro i due spietati proprietari. Cesseranno mai le angherie per mano dei due coniugi? E Grullo si impossesserà mai delle monete d’oro che tanto potrebbero aiutare la sua famiglia e, soprattutto, la madre malata?

Storia

Santa Monica, 1978. I giornali riportano di due genitori impazziti che hanno torturato i propri figli per molto tempo, senza lasciar loro la possibilità di uscire da casa. Wes Craven legge la notizia e ne conserva i ritagli di giornale. Verrà il momento della stesura de La Casa Nera per utilizzare i frammenti di cronaca passata su cui imbastire la trama (Wes Craven: The Art of Horror, John Kenneth Muir, 1998). Il regista nativo di Cleveland è sempre stato interessato alla tematica famigliare; forse aveva ancora qualche demone da espiare, data la sua infanzia limitata (rigida educazione battista) e agitata (divorzio, morte del padre), o forse intendeva soltanto mostrare una versione distorta, ma sempre possibile, del nucleo familiare, esplorando le vicende particolari dei suoi membri. Dopo aver impresso ai suoi lavori una linea filmica che vedeva centrale la tematica del sogno, egli torna così alla violenza di forte impatto di L’Ultima Casa a Sinistra (1972) e Le Colline Hanno Gli Occhi (1977).

Produzione

Uscito nelle sale il giorno di Ognissanti del 1991, proprio dopo Halloween, La Casa Nera incassa oltre 31 milioni di dollari, una buona cifra in confronto al modesto budget di partenza di 6 milioni. Craven è scrittore, regista e produttore esecutivo del film; aveva ricoperto tutti e tre i ruoli anche nei precedenti Sotto shock (1989) e Night Visions (1990; in cui fa un cameo) e li ricoprirà pure nel futuro Nightmare – Nuovo incubo (1994).

la casa nera craven filmDentro il film

Narrazione: le unità aristoteliche e i modelli fiabeschi

Nella Poetica di Aristotele stanno scritti quelli che sono per il filosofo i canoni compositivi della tragedia; nel ‘500 sono stati poi racchiusi in tre unità: di luogo (l’azione raccontata deve svolgersi in un unico luogo); di tempo (la durata di questa deve essere compresa nell’arco di un giorno); di azione (la tragedia deve raccontare una sola azione). Non vanno tanto distanti ne La Casa Nera gli aspetti di luogo, tempo e azione. L’ambientazione principale che domina nella pellicola, per durata delle scene a cui fa da sfondo, è la casa dei Robeson (anche se l’unità di luogo prevede un solo luogo per la storia, e qui ci sono anche la casa di Grullo e la strada).

La narrazione delle vicende segue lo schema notte-giorno-notte (già incontrata in Distretto 13: Le brigate della morte, Halloween, Fog, tutti firmati da John Carpenter), e, spostando il breve segmento notturno dell’inizio del film alla fine, possiamo immaginare una durata complessiva di circa di 24 h. L’azione raccontata nel film è il furto di monete nella casa, che si interrompe quando il posto diventa inospitale, per lasciare spazio alla fuga dalla casa dei buoni (Grullo, Alice, i ragazzi in cantina; purtroppo Blatta è morto), che diventa principale (il film, tuttavia, è più articolato della narrazione di una sola azione).

Addentriamoci nel contenuto per scoprire altri modelli presenti in La Casa Nera. Alcune azioni presenti nel film richiamano situazioni della narrativa fiabesca. Grullo si allontana di casa per ottenere delle monete d’oro che potrebbero aiutare la madre povera e malata, si ritrova in un’abitazione sconosciuta, con proprietari pericolosi, contro cui lotta per la sopravvivenza, e alla fine può appropriarsi di loro ricchezze (la casa esplode facendo uscire innumerevoli banconote). Ci sono dei tratti comuni con la storia di Jack e la pianta di fagioli: Jack viene mandato a vendere una mucca per una ricchezza maggiore, ma la scambia per fagioli magici, raggiunge una casa sconosciuta e inospitale scalando la pianta di fagioli, abitata da un gigante con tante monete d’oro, da cui ruba merce preziosa, e lo uccide tagliando la pianta di fagioli a cui è aggrappato.

Famiglia povera, allontanamento dalla propria casa verso un’altra, incontro con un individuo più grande e pericoloso (nel film sono due), acquisizione di ricchezze del nemico, sono aspetti che legano le due storie. Ci sono poi “evidenti i riferimenti al mondo fiabesco dei fratelli Grimm”, presenti in Hansel e Gretel: l’incantevole casa di marzapane, che si sdoppia nella dimora del Male, rappresentato da una strega con pratiche di cannibalismo infantile, ha molto da condividere con l’affascinante villa dei Robeson (del marito è esplicito il cannibalismo) che nasconde individui sottomessi e fa da sfondo a omicidi. Per non dimenticare la versione di Pollicino di Charles Perrault, in cui un bambino si trova ad affrontare da solo, con ingegno, un orco nella casa di questo; la storia è anche metafora della crescita e indipendenza da casa e famiglia, individuabile pure nel film.

la casa nera cravenTecnica cinematografica: inquadrature distorte e composizione dello schermo

Il cinema è un medium nato dall’evoluzione di un altro (fotografia), da cui riprende strumenti espressivi. Alcuni linguaggi delle foto sono impiegati nel film per trasmettere paura, tensione o significati precisi.

La posizione di persone e oggetti sullo schermo produce significati in rapporto alla posizione del resto degli elementi ripresi. Nel film viene suggerita visivamente una presunta gerarchia nella famiglia Robeson. Facciamo incontro di questi a quattro minuti dall’inizio: dettaglio sul focolare, la cinepresa indietreggia e pone visibile in campo il resto della stanza, col sig. Robeson, Alice, e poi la sig.ra Robeson. Questa occupa uno spazio laterale, tuttavia, gran parte dello schermo rispetto agli altri due; perché prende parola, si può pensare, ma la grandezza di una figura non è necessariamente associata a battute da pronunciare.

Parla di cosa fare dopo lo sfratto della famiglia (usa un “noi”, lei e il signore) e nel mentre alza un coltello in segno di autorità, perché lei ha una parte rilevante in questo. In seguito zittisce Alice, che ha parlato senza essere interpellata, e si avvicina all’uomo mentre viene tagliata per una parte dall’inquadratura. L’uomo è superiore per importanza? Non serve che lei compaia nello schermo? Oppure la sua figura ha un altro peso? La sig.ra Robeson non compare, ma sta in uno spazio superiore, coperto, quasi misterioso, mentre l’uomo è seduto in basso; la donna ricopre una posizione intangibile, non dipendente da altri, capace di porsi sopra gli altri.

Ne troviamo una conferma qualche minuto dopo. Quando Alice mangia in camera propria, lei entra, sempre celata in parte dalla mdp (a rappresentare l’impossibilità di confronto diretto con l’altra) e viene ripresa dal basso (questa ricorre nei film come indice di superiorità). Scopre poi che Alice ha disobbedito ed entra il marito: lei non si volta, né rivolge lo sguardo, né si scompone, sovrapposta a lui nello schermo; poi gli ordina di punirla, e l’uomo obbedisce senza discutere. Nel film più volte lei ordina, rimprovera e offende lui (e c’è un unico momento in cui lui reagisce). Non si afferma esplicitamente la superiorità della donna, ma la si può presumere e interpretare da toni, comportamenti e, come suddetto, rapporti nello schermo.

L’organizzazione dello spazio è un aspetto ripreso dalla fotografia (che è anche una componente della realizzazione di un film), e di matrice dell’arte figurativa, che ne ha scoperto paradigmi (soprattutto quella rinascimentale): proporzioni tra corpi, geometria delle linee che crea rapporti di significazione (e prospettiva), quantità di spazio occupata da una figura, posizione rispetto al centro del riquadro.

la casa nera craven setProprie del genere horror, e non comuni negli altri, sono inquadrature non equilibrate date da un’angolatura ruotata che indicano movimento, tensione, agitazione (fisica o interiore), che si inseriscono in modo coerente alla narrazione, per necessità espressive. Sull’uscio della cantina, per la prima volta, Grullo guarda in basso, e ne segue una ripresa dall’alto in soggettiva (dal suo punto di vista), a destra dei gradini, appena inclinata a destra: è un simbolo di paura, incertezza, instabilità perché Grullo si immagina qualcosa di oscuro lì; inoltre l’inquadratura simbolica si impone alla logica della soggettiva, che rappresenta lo sguardo possibile di un individuo verso un oggetto (il ragazzo è al centro e guarda con la testa davanti, non la ruota).

Quando Grullo scappa tra i muri dal sig. Robeson ed esce da un passaggio fuori da questi, prima che vada all’esterno avviene uno stacco, e si riprende il ragazzo passare fuori in un’inquadratura inclinata a sinistra e laterale: egli è terrorizzato, inerme e cerca rifugio in un luogo sconosciuto e inospitale. Ancora, quando l’uomo cerca Blatta (che si trova tra i muri) per sparargli, e Grullo è nelle vicinanze, l’atmosfera di fa tesa e si fa ricorso a un’altra inquadratura inclinata. Nel corso della pellicola ne compaiono altre. Si può considerare l’analisi come una descrizione di fotogrammi (la visione dalla cantina; quelli con il corridoio con Grullo tra il muro e l’esterno; quelli durante la caccia dell’uomo); le riprese da un certo angolo è un’insieme di fotogrammi. Questi accorgimenti stanno nei singoli instanti, foto, e derivano dal medium precursore della fotografia, che ne faceva già uso.

Riferimenti ad altri horror

Non citazionista come il futuro Scream del 1996 (neanche per idea), che è autoreferenziale (è un horror che parla di horror) e rimanda a ben altri 21 film con menzioni, comparse di titoli, nomi di personaggi, canzoni, situazioni (Wes Craven: The Art of Horror, John Kenneth Muir, 1998), La Casa Nera contiene alcuni riferimenti a valide opere del passato.

Se si sta guardando il film è impossibile che non salti in mente il modello di Shining (1980). Grullo è chiuso a chiave in bagno e sta al lato della porta, mentre il cane dei Robeson abbaia da fuori. Il sig. Robeson arriva e spara alla porta per aprirla, creando un buco da cui vedere all’interno, poi si affaccia e cerca il ragazzo (la ripresa è di lato): Grullo ha preso una lastra (forse di marmo), incrocia lo sguardo con quello dell’uomo e gliela spacca in testa, ferendolo e facendolo cadere indietro. Un momento simile quello della scena del bagno del film di Stanley Kubrick, con Jack e Wendy, in cui il primo spacca la porta al centro con un ascia, e la seconda lo ferisce con un coltello, con delle riprese molto vicine al film di Craven.

la casa nera craven film 1990Nella casa il piano terra è curato e abbastanza tranquillo (salvo per le scene finali), di sopra avvengono la maggior parte degli scontri e in cantina risiedono i dannati: ragazzi strappati dai Robeson alle loro famiglie i quali, disobbedienti alla morale imposta dai “nuovi genitori”, vivono confinati in una recinzione in cantina, alla base di tutta la struttura abitativa. Poiché in vita (quella vera, di sopra, alla luce) si sono comportati male, come una punizione provvidenziale, da genitori fanatici (lo sono davvero). Essi producono rumore e terrore.

Altre volte la cantina è stata contenitore di paura. Se pensate alle hunted houses di Amityville (la saga), nel cui scantinato “avvengono le cose più misteriose e i segnali di insofferenza dell’edificio” (Ca(u)se perturbanti, Davide Manti), non sbagliate. Ma, ancora più evocativo, è lo scantinato del Bates Motel di Psycho (1960), che cela una “mummia/mamma più viva dei vivi” (Ca(u)se perturbanti, Davide Manti), dalla cui presenza Norman Bates dipendeva e sempre dipenderà dopo la morte di lei (il set, l’architettura, ma anche gli avvenimenti sono come controllati dalla mente superiore della madre, ancora attiva).

E ancora più sotto della cantina cosa troviamo? Una pozza di cadaveri in decomposizione (direttamente da Phenomena, di Dario Argento, 1985; analogia per i più appassionati, forse), che viene riempita anche con i due compagni di furto di Grullo, ben nascosta da un meccanismo di chiusura.

La casa ribaltata: da dimora iperprotettiva a luogo del perturbante

Un’immagine suggestiva della cultura statunitense è la casa, la tipica casa della middle class, universalizzata dai media (cinema, fumetti, serie TV): un solo nucleo familiare, un esteso giardino perfettamente curato, una palizzata bianca, ampie vetrate che mostrano l’interno, è aperta e ospitale; questo tipo di villette si trova in small town e sobborghi che rievocano il villaggio puritano della Nuova Inghilterra di secoli fa (Spazi (s)confinati, Fabio Tarzia, Emiliano Ilardi). Anche casa Robeson ha aspetti in comune se consideriamo l’incantevole prato antistante, le ampie vetrate, e che è divisa tutt’intorno dal vicinato (lasciando il davanti aperto); ma qui ci troviamo di fronte all’evoluzione di una casa non più sicura, e che non trasmette più sicurezza, in una struttura iperprotettiva che intende respingere e non più accogliere.

Le vetrate coperte, alcune resistenti, altre chiuse con lucchetti esterni, la staccionata rimpiazzata da un muretto, per non parlare degli interni con trappole e meccanismi di difesa, indicano un luogo percepito come oggetto di possibile assalto (evocativa è l’immagine archetipica del fortino attaccato dagli indiani), e sono sintomi di sindrome paranoica (si notino le continue occhiate quando c’è vicino qualcuno). Non c’è più l’ostentazione della vita interna alla casa lasciando penetrare tutto attraverso le vetrate aperte, che attira il Male (confermando il ruolo di eletto e “buono” come nemico del Male) per eliminarlo: si è passati alla sorveglianza e alla trasformazione. I Robeson non si saranno affatto dimenticati della porta sul retro aperta, che in Halloween (1978) permette a Michael di entrare in casa e uccidere la sorella, o in Cabal (1990) lascia penetrare tra le mura la Buttonface, che stermina la famiglia (possiamo trovare esempi in altri film); ma Leroy riesce a sfondare un vetro di questa (non resistente), aprirla ed entrare in casa con Grullo. La casa è violata, tuttavia non sanno che sorprese attendono loro.

la casa nera craven film 1991Il primo vero ostacolo è il cane, Prince, un aggressivo sorvegliante, violento come i padroni, nonché una presenza molto speciale per questi, che tengono una sua foto incorniciata. La figura del cane appare in non meno di sei film di Craven: essa può difendere i padroni o fiutare il male o riconoscere il male ma non riuscire nel ruolo di difensore (la figura non è uguale in tutti i film); in La Casa Nera, invece, difende i cattivi, non li combatte (Wes Craven: The Art of Horror, John Kenneth Muir, 1998). Cosa ci sia aspetta, d’altronde, da una bestia educata da tali padroni, che lla nutrono anche di resti umani (come pure il sig. Robeson). Il cane è il riflesso del padrone, e nel film ne abbiamo conferma.

Non è solo il cane a identificarsi con la personalità dell’uomo e pure della donna della coppia. Ma l’intera casa. Se McLuhan, secondo la teoria dei media come estensioni, protesi di sensi o di facoltà percettive/cognitive, riteneva l’abbigliamento come estensione della pelle, possiamo elevare questa a un livello più ampio e considerare la casa come estensione della percezione. La casa del film è iperprotettiva, assai equipaggiata, un meccanismo vivente (con trabocchetti, dei pulsanti di controllo, un microfono che diffonde la voce in tutta la casa, etc.), che tenta di respingere il male, come la coppia di psicopatici sorveglia lo spazio intorno e cerca di soffocare la paura del male col controllo mentale.

Tale controllo mentale (catalogazione), derivata da un’attenzione di tipo religioso su pericoli e presenze maligne (sono grandi fanatici), si ripercuote sull’organizzazione degli spazi della casa. Se pensate alla cantina è proprio qui che si vuole arrivare: il Male è circoscritto e reso incapace di minacciare e danneggiare (come gli archetipici indiani costretti a stare nelle riserve); i ragazzi che hanno visto, sentito, parlato riguardo il male (“No see, no hear, no speak”, si legge più volte nella casa come ornamento e promemoria morale), sono stati privati dell’organo di senso che li ha macchiati, e gettati in cantina; come membri di una originaria comunità puritana che intende essere coesa, poiché si sono allontanati dalle regole, vengono puniti.

Questo è un enorme abuso umano (sono schiavizzati), a cui si aggiunge anche la sottomissione e la violenza verbale e fisica verso Alice. Abbiamo una famiglia che voleva essere perfetta a suo modo, ma che ripiega nella violenza, annullandosi. La cantina è latente, un secondo inconscio (non a caso è oscura e posta alla base); i ragazzi sono stati rimossi e forzati a vivere qui, come un ricordo sconveniente. Un altro spazio temuto ed evitato dai Robeson sono gli interstizi delle mura, in cui vive Blatta, il ragazzo fuggito dalla cantina. Claustrofobiche (sono a misura di ragazzino) e labirintiche, le mura vengono esplorate da Blatta e percorse anche da Grullo e Alice per sfuggire al cane (solo al cane ha accesso) o agli attacchi di mr. Robeson, o per nascondersi. È meglio stare qui all’esterno che all’interno con quei matti, parafrasando la frase “a volte dentro (come posto sicuro) diventa fuori” di Alice.

la casa nera craven 1991Come una forza impetuosa, incontenibile, il rimosso perturbante riemerge quanto più le difese della casa si indeboliscono e non riescono a imporre il controllo. Il lucchetto del recinto dei ragazzi, in cantina, si rompe, e inoltre, all’esterno dell’abitazione, giungono tutte quelle innumerevoli famiglie sfrattate dai proprietari, per protestare contro loro, mentre la casa subisce sempre più danni (la situazione sta sfuggendo).

I ragazzi della cantina non passano dalla porta di questa come in una normale uscita: scorrono nelle mura, le sfondano ed escono, come un attacco di zombie (l’aspetto dei ragazzi è trascurato e non tanto diverso da questi), dall’esterno alla casa assediata; dopo aver salvato Alice da Mrs. Robeson, aggrediscono questa, terrorizzata (un altro rimando agli zombie movies inaugurati da George A. Romero). Alla fine Grullo fa saltare la casa di fronte all’uomo della coppia, e una pioggia di banconote cade all’esterno rendendo giustizia alla folla protestante, mentre i ragazzi della cantina sono liberi. Significative sono le riprese che ritraggono curiosi e affascinati all’esterno i ragazzi dopo aver riacquistato la libertà, mentre ignorano i soldi che cadono: non c’è ricchezza più grande della libertà.

la casa nera craven filmCasa Robeson non è più una home, un luogo sicuro, familiare, per i proprietari, ma al contrario un unheimlich (da heim, “casa”, opposto di heimlich, “familiare”; è la negazione del sentirsi a casa), elemento perturbante, sinistro, sconosciuto, estraneo. Nel 1919 Sigmund Freud pubblica su Imago l’articolo Das Unheimlich, che si basa sia su studi da sue ricerche sull’ipnosi sia sul clima di depressione post bellica, entrambi relativi a fenomeni di paure e angosce «sociali» (Ca(u)se perturbanti, Davide Manti).

Vi è un analisi filologica della parola (non perfettamente traducibile in altre lingue) e la considerazione del perturbante come l’emozione data dalla “trasformazione impercettibile di ciò che è familiare in qualcosa di sinistro” (Ca(u)se perturbanti, Davide Manti). Se i ragazzi, reificazione del male, non vivono più tra i proprietari, non sono presenze comuni da vedere (Mr. Robeson lancia loro resti umani da lontano, non si avvicina), e la loro immagine, dopo molto tempo, diventa confusa o è rimossa, l’impatto con questi diventa terrificante, portando la donna (lei li vede) a sentirsi in pericolo a casa propria. Il perturbante è un elemento inconsueto che genera strane sensazioni fino a paura e orrore. La house non è più home, ma unheimlich.

I film horror mettono spesso in luce versioni sdoppiate di persone, luoghi e oggetti, a volte possibili, altre volte no, allertandoci di come la realtà effettiva potrebbe essere. E sono proprio gli horror come La Casa Nera a farci vedere in un altro modo case incantevoli come quella mostrata, con la possibilità di essere dimore di genitori psicopatici che compiono abusi, uccidono gli intrusi, sfrattano famiglie per rivendere i posti a caro prezzo. Ma alla fine il Male viene punito dalle vittime, che riemergono dai loro spazi o circondano la casa, rimuovendo l’idea (in fondo inesistente, data la violenza domestica) di home come casa tranquilla e sicura.

Di seguito il trailer di La Casa Nera: