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Recensione libro + intervista | Il Cinema Giallo Thriller Italiano di Claudio Bartolini

28/03/2018 news di Alessandro Gamma

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con l'autore del prezioso tomo enciclopedico, che si pone l'ambizioso obiettivo di catalogare in modo preciso e completo tutti i film appartenenti a un filone che ha fatto grande l'Italia

E’ probabile che anche i meno esperti di cinema ‘di genere’ abbiano sentito almeno nominare film come L’Uccello dalle Piume di Cristallo di Dario Argento, Blow-Up di Michelangelo Antonioni o Sei donne per l’Assassino di Mario Bava (ma ci auguriamo che tutti i nostri lettori li abbiano visti!!). Più difficile che lo spettatore medio – ma anche quello un po’ più scafato – abbia invece grossa familiarità con titoli come La jena di Londra di Gino Mangini o Le porno killers di Roberto Mauri. Eppure tutte e quattro sono pellicole riconducibili allo stesso macrogenere. Ora, proprio per colmare una lacunosa mancanza all’interno del panorama editoriale italiano, arriva nelle librerie Il Cinema Giallo Thriller Italiano, volume della Gremese Editore curato da Claudio Bartolini, grande appassionato di cinema nonchè co-direttore della collana di saggi cinematografici Bietti Heterotopia, direttore del periodico «INLAND. Quaderni di cinema» (Bietti Edizioni), vice-caporedattore del mensile «Nocturno» e redattore e capo-servizio del settimanale «Film Tv» dal 2009, oltre che giurato in festival nazionali e internazionali.

Il tomo – costituto da 334 pagine + 32 pagine a colori con fotogrammi di alcuni dei film più significativi incontrati lungo il percorso – risultato di svariati anni di ricerca, catalogazione e limature, si pone all’attenzione dei cinefili non soltanto come la prima mappatura completa della produzione giallo-thriller italiana dal 1963 – anno di uscita di La ragazza che sapeva troppo di Mario Bava – al 2017, ma anche come approfondita analisi verticale – a carattere produttivo, storiografico, stilistico e aneddotico – di ciascuno degli oltre 400 titoli presi in esame (e moltissimi sono anche quelli che si è deciso di escludere, censendoli e motivando tale decisione lungo 6 pagine in chiusura). Intuibile quindi che al fianco di mostri sacri come i già citati Argento, Bava e Antonioni, trovino ovviamente spazio Lucio Fulci, Sergio Martino e Umberto Lenzi, ma anche Elio Petri, Luigi Comencini, Tinto Brass, Francesco Barilli e Pupi Avati, senza dimenticare registi più o meno dimenticati come Nelo Risi o Luigi Bazzoni. Sono quindi stati inseriti sotto tale ombrello sottogeneri come il thriller d’alta moda, il rape & revenge, il boat thriller o il torture movie, spaziando dal giallo sexy degli anni ’60 alle sperimentazioni pop e acide dei ’70, senza dimenticare i patinati ’80 e il passaggio impietoso allo straight-to-video dei ’90, per giungere senza soluzione di continuità al presente, in cui le produzioni più grandi sono sempre meno vendute come ‘di genere’ in senso stretto, mentre quelle indipendenti provano con difficoltà a tenere alto l’onore del glorioso passato italico.

Introducendo il lettore – evoluto o novizio – al genere mediante un saggio (‘dizionario’ sarebbe riduttivo) che ne ripercorre e sintetizza filoni, evoluzione e archetipi, Il Cinema Giallo Thriller Italiano lo stuzzica ad approfondirne gli esponenti attraverso le singole schede organiche, offrendo l‘opportunità sia di una lettura orizzontale che di una consultazione sporadica, dettata dalla curiosità in merito al tale titolo che si vuole riscoprire o che magari è stato consigliato da un amico (più faticosa è invece la reperibilità effettiva delle opere, talvolta mai neppure editate per l’home video o mai ristampate …). In ogni caso, la presente CinEnciclopedia (questa la definizione che campeggia, giustamente, sulla copertina) rappresenta – ad oggi – il lavoro più completo, organico ed esaustivo su un genere che, in Italia come nel resto del mondo (e spesso anche di più proprio fuori dai nostri confini nazionali), si è imposto come fenomeno di culto e per questo degno di essere celebrato.

Abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con Claudio Bartolini per un’intervista esclusiva sulla nascita e la lavorazione del volume:

Quando hai cominciato a pensare a questo tomo enciclopedico?

Nel 2015, quando Enrico Giacovelli – direttore editoriale delle collane di cinema di Gremese Editore – mi ha proposto un lavoro sul giallo-thriller italiano che fosse in qualche modo definitivo. Inizialmente il progetto prevedeva anche l’inserimento di serie, miniserie e sceneggiati televisivi, ma quando ha cominciato a “lievitare” fino all’attuale mole si è deciso di limitare il raggio d’azione al cinema, o comunque ai registi cinematografici. Tale esclusione è stata dolorosa, ma necessaria in termini economici.

Quanto ci hai messo a capire quale fosse il modo giusto per catalogare i film presenti?

Il progetto è iniziato da subito con l’attuale format. La mia intenzione era di realizzare un tomo che fosse dizionariesco nella struttura, ma saggistico nella forma. Dunque, schede dei film che fossero micro-saggi per completezza e profondità di trattazione, sia orizzontale (il film nel suo contesto, sempre relativamente al genere) che verticale (il film nella sua realizzazione), sia analitica che aneddotica. Niente a che vedere, insomma, con i tradizionali dizionari cinematografici, che reputo utili soltanto come strumento di rapida consultazione.

Quanti film hai dovuto rivedere/vedere per la prima volta prima di inserirli?

Ho visto o rivisto tutti i titoli trattati, in alcuni casi più volte, perché altrimenti sarebbe stato impossibile sviscerarli nel modo in cui ho fatto. L’operazione più ardua, in alcuni casi, è stata quella di reperimento dei film. In questo mi hanno spesso aiutato i registi e i colleghi di «Nocturno Cinema» Manlio Gomarasca e Davide Pulici, il cui archivio non è secondo a quello di una cineteca.

Perchè pensi che un lavoro del genere fosse necessario e doveroso?

Perché il giallo-thriller è uno tra i generi più popolari, amati e imitati del nostro cinema. E perché, in materia, una trattazione completa ancora non esisteva.

C’è, a tuo modo di vedere, una pietra angolare del genere (film o regista), più di altri?

Sono tante, tutte a loro modo seminali. Il giallo nasce con La ragazza che sapeva troppo di Mario Bava (1963), il thriller con Sei donne per l’assassino (1964), sempre di Bava. A livello di filoni interni al genere, cito per rilevanza il primo sexy-giallo Il dolce corpo di Deborah di Romolo Guerrieri (1968), il capostipite del filone animalesco L’uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento (1970), l’apripista dello psico-thriller Lo strano vizio della signora Wardh di Sergio Martino (1971) e l’iniziatore dello slasher Ecologia del delitto di Bava (1971).

Qual è stato per te il decennio più importante per questo genere e perché

Semplice: gli anni ’70 o, meglio, i primi anni ’70. Per ragioni numeriche – in quanto sono stati prodotti oltre 30/40 titoli l’anno tra il 1970 e il 1972 – e per motivi estetici, dato che tutto il giallo-thriller a seguire non ha fatto che replicare, aggiornare e rimodellare gli stilemi proposti in quel periodo.

Perchè, soprattutto negli ultimi 10 anni, in Italia sono stati prodotti pochi gialli/thriller e ancor meno hanno avuto successo?

Questa considerazione è vera solo in parte. Per quel che concerne il genere in senso stretto – e in un certo modo arcaico – gli autori si sono scontrati con i limiti imposti da un sistema che ha relegato il giallo-thriller nei bassifondi del low (e no) budget. Se si considerano, però, opere come La sconosciuta di Giuseppe Tornatore (2006), Il capitale umano di Paolo Virzì (2013) o La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi (2018), si comprende come il genere possa annidarsi anche e soprattutto all’interno di film sbandierati come “drammatici”. Il giallo all’italiana è ormai sepolto dal mercato, ma il giallo italiano vive e prolifera grazie alle suggestioni che autori affermati continuano a fare proprie, dimostrando la longevità e la duttilità di strutture archetipiche impossibili a morire.