[recensione libro + intervista] La Paura Cammina con i Tacchi Alti di Stefano Iachetti
26/04/2017 news di Sabrina Crivelli
L'autore delinea un vivido ritratto del giallo all'italiana attraverso i racconti e le memorie delle splendide dive protagoniste dei film di quell'epoca d'ora del nostro cinema
A partire dagli anni sessanta e lungo tutti gli anni settanta, il cinema italiano di genere ha avuto un incredibile successo, nonché, fenomeno correlato, una produzione floridissima, per poi entrare tristemente in crisi negli anni ottanta. In tale aurea aetas, l’intera società, e di riflesso l’emisfero filmico, erano pervasi da un grande fermento politico e artistico, in cui furono abbattuti molti dei tabù precedentemente imperanti; al contempo, per il duplice influsso della dialettica pubblicitaria, annessa ai consumi di massa, e dell’affermarsi dei movimenti femministi, una battaglia in campo aperto fu principiata alla morale cattolica e borghese benpensante sul fronte della liberalizzazione dei costumi sessuali. Il corpo della donna, allora, sempre meno coperto, da una parte divenne oggetto di una retorica marcatamente allusiva in ambito reclamistico mirata a caricare di valenze erotiche e desiderabilità il prodotto di consumo; dall’altra i personaggi femminili nel cinema e nel fumetto si fecero portatori dell’auspicata emancipazione e lotta per l’uguaglianza di ruoli, divenendo sempre più aggressivi e smaliziati.
Vittime o carnefici, affascinanti e letali, sono proprio le eroine del grande schermo di questo periodo ad essere al centro di La paura cammina con i tacchi alti. Il giallo all’italiana raccontato dalle protagoniste e dai protagonisti del cinema degli anni Settanta di Stefano Iachetti (Edizioni Il Foglio, 2017). L’autore, che opera da più di tre decadi presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, in veste di fotografo ha documentato i seminari di costume, trucco e acconciatura del Maestro Piero Tosi, su cui è altresì incentrato il volume, da lui curato, Esercizi sulla bellezza. Piero Tosi e i seminari di acconciatura e trucco al CSC (Mondadori Electa, 2008); inoltre a lui dobbiamo anche Asia Argento. La strega rossa (Edizioni Sabinae, 2014). Terzo libro, dunque, La paura cammina con i tacchi alti raccoglie le interviste alle attrici simbolo di un irripetibile momento per il cinema italiano, quali Edwige Fenech, Barbara Bouchet, Rosalba Neri e molte altre, a cui si accoda per contrappunto una più circoscritta sezione dedicata al punto di vista maschile, ai registi, sceneggiatori, costumisti, montatori e così via che con le suddette lavorarono, primi tra tutti Aldo Lado, Umberto Lenzi e Sergio Martino.
Scritto d’amore, prima ancora che critico, la silloge di interviste è aperta da una prefazione scritta da Malisa Longo, da una breve premessa, che delinea lo spirito con cui il libro è stato scritto, e da un’introduzione che riassume la situazione storica, politica e sociale, ma soprattutto cinematografica di riferimento. Poi il testimone passa a loro, le splendide dive del thriller e del cinema di genere, che si raccontano nel capitolo a ciascuna dedicato, anticipato da una rapida biografi che ne tratteggiate con pochi abili tocchi la carriera e la personalità. Tra presente e passato, affiorano quindi i ricordi sul set, le prime esperienze davanti alla macchina da presa e le ultime, come il rapporto con i registi, i truccatori, gli attori e le altre attrici, in un vivido racconto in prima persona. Al contempo, dalle loro parole emerge molto di più dell’esperienza individuale, si delineano alcune direttrici comuni, quali il rapporto con la fama e con il pubblico, la rilevanza della produzione nostrana nel contesto internazionale, ancor più è affrontanta la la censura e la sensualità, che nel giallo all’italiana era ingrediente fondamentale. Alcune, come Erna Schürer “non contaminate dall’ipocrisia clericale” non sentivano “il problema dell’esporre carne”, altre, come Gabriella Giorgelli riferendosi ai “decamerotici”, si sono sentite in parte “imbarazzate”, tutte hanno comunque contribuito a far cadere i dettami benpensanti in pieno spirito sessantottino. Iachetti in La paura cammina con i tacchi alti è capace in conclusione di documentare, attraverso il punto di vista diretto di chi l’ha vissuto in prima persona, uno spaccato unico della storia del cinema, e non solo, nel nostro Paese, concentrandosi su quei titoli e quegli interpreti che fin troppo a lungo da una certa critica sono stati trascurati e che solo con molto ritardo hanno iniziato a ricevere il giusto riconoscimento.
Abbiamo quindi intervistato l’autore, per approfondire alcuni elementi chiave e curiosità, a partire dall’origine della scelta di dedicarsi alle protagoniste del giallo all’italiana e della passione per tale genere, a qualche curiosità sulle molteplici interviste inserite nel volume, fino ai progetti futuri.
Come sono nati La paura cammina con i tacchi alti e la tua passione per le protagoniste del thriller italiano, nonché per tale tipologia filmica?
Come racconto nel libro, la mia passione nasce da lontano, quando, ancor molto giovane, non potevo andare in sala a vedere questi film rigorosamente vietati ai minori e sognavo davanti i manifesti e le locandine. Mi affascinavano soprattutto le attrici, con i loro nomi esotici e dalla bellezza assoluta. Quando poi ho visto i film ho trovato anche dei bellissimi prodotti cinematografici, storie accattivanti e ancora oggi godibilissimi.
Il titolo del libro richiama quello del film di Luciano Ercoli, La morte cammina con i tacchi alti; come mai proprio questo? Hai voluto eleggere tale opera a emblema o richiamarla per qualche specifico motivo?
Il titolo è decisamente evocativo del film di Ercoli. Quando lavoravo al libro avevo programmato l’intervista a Luciano Ercoli e a Nieves Navarro, sua moglie. Purtroppo a marzo del 2015, Ercoli è morto e ho voluto così omaggiarlo.
Nocturno Cinema anni addietro ha pubblicato un volume intitolato 99 donne – Stelle e stelline del cinema italiano. Ti sei in qualche modo rapportato con tale saggio e la sua struttura?
Conosco 99 Donne, ma io ho incentrato il lavoro sui ricordi dei protagonisti e meno sui film. Il mio vuole essere più un racconto emozionale.
Come hai contattato le attrici, i registi e tutti gli altri intervistati? È stato complesso? Hai qualche aneddoto da raccontarci?
Come puoi immaginare è stato un lavoro molto lungo e complesso. Fortunatamente, alcuni di loro sono presenti sui social network ed è stato più semplice raggiungerli, altri li ho trovati grazie ai preziosi suggerimenti degli amici citati nei ringraziamenti. In un caso, veramente fortunato, consultando l’elenco telefonico. In ogni caso, sensibilità, galanteria e pazienza sono state le doti più utili.
C’è qualcuno – o qualcuna – che avresti voluto intervistare, ma non è stato possibile? Perché? Qualcuno ha rifiutato?
Credo di aver intervistato tutte le attrici che hanno reso importante il thriller italiano di quegli anni, qualche ritrosia iniziale è stata superata con le doti indicate prima.
Ci sono ulteriori aspetti che vorresti approfondire o che hai in progetto di trattare in futuri saggi riguardo al cinema di quegli anni e ai suoi protagonisti?
Non sono e non mi sento un esperto di cinema, semmai un appassionato. Mi interessano le persone e le donne in particolare, mi interessa la bellezza in senso lato. Il mio primo libro, co-curato con Alfredo Baldi, “Esercizi sulla bellezza” era dedicato al lavoro del grande costumista Piero Tosi, poi mi sono concentrato sulla figura di Asia Argento con “Asia Argento la strega rossa” e quest’ultimo, dedicato alle bellissime attrici dei thriller. Per ora non ho progetti strutturati, solo qualche idea da sviluppare e che magari ti racconterò la prossima volta.
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