L'attrice esordisce anche alla regia raccontando in modo grottesco e feroce quello che le donne non dicono sui problemi della gravidanza
Come altri film visti negli ultimi tempi, ad esempio Antibirth, Prevenge di Alice Lowe sceglie la via della comicità grottesca e macabra per raccontare come una gravidanza possa a volte risultare davvero un’operazione ostica da portare a termine, addirittura segnata da elementi demoniaci per una sfortunata donna di Cardiff.
Ruth (Lowe) è vedova da poco e incinta di otto mesi, quando comincia a sentire una voce assetata di sangue che proviene dall’interno dell proprio corpo – dal suo grembo per essere precisi. Parlando con tono stridulo (la stessa Lowe, efficace nel rivolgersi a sé stessa), il feto dipinge un quadro nichilistica del mondo, costringendo la sua futura madre a vedere le altre persone attraverso il velo nero del proprio dolore. “La gente può essere dolce,” le sussurra a un certo punto, “ma io sono amaro.”
I più attenti potrebbero ricordarsi della Lowe in Killer in Viaggio di Ben Wheatley, che ha anche collaborato alla sceneggiatura. Un’opera che come questa regala sorrisi a mezz’asta, pervasa dallo stesso fascino britannico perversamente folle. In più però, Prevenge racconta un’esperienza palpabilmente personale: estremamente decisa a esprimere la tenera invasività della gestazione, la Lowe ha diretto questa pellicola frammentaria e scarna con cura innegabilmente furba durante un periodo di 11 giorni nel terzo trimestre della sua gravidanza.
Nei momenti migliori, Prevenge rappresenta un simpatico distillato di ogni pensiero conflittuale e politicamente scorretto che molte donne incinte non condividono in pubblico per semplice pudore. Le sfumature esperienziali potrebbero perdersi in metà della popolazione, ma l’ingegno comico della regista/attrice – così come il suo uso piuttosto intelligente di ben noti topoi horror – consente quella schiettezza necessaria a collegare il film anche con il meno empatico degli spettatori di sesso maschile.
Per quanto interessante sia osservare Ruth interrogarsi sulle proprie voglie violente, il focus di Prevenge è però in contrasto con le frustrazioni più generiche della sua eroina. Il tragico retroscena toglie infatti solo forza alla purezza della metafora centrale della Lowe, e non c’è mai un dialogo davvero significativo tra le forze del dolore e quelle della gestazione. Dipanandosi in poco più di 80 minuti e tenuta insieme dai sintetizzatori mordenti dei Toydrum, la pellicola avrebbe potuto probabilmente osare un po’ più. L’idea alla base è senza dubbio interessante e lontanissima dalle versioni calde e soffici cui siamo abituati, ma in definitiva Prevenge si fa apprezzare più che altro per essere la prima fatica di una regista non del tutto priva di talento e che sarà certo da tenere d’occhio.
Di seguito il trailer originale: