La presenza di Naomi Watts non risolleva un thriller che si basa esclusivamente su un colpo di scena finale tanto imprevisto quanto assurdo
Shut In è per molti versi assimilabile ad un maldestro tentativo di seguire le orme precise di M. Night Shyamalan, ad opera però di persone la cui conoscenza della sua filmografia si basa soltanto sugli ultimi dieci minuti di Signs (il dossier). Si tratta di un thriller che inizia su ritmi melensi e passa l’ora successiva a trascinarsi, mentre racconta una storia composta di elementi presi in prestito all’ingrosso da altre fonti migliori, prima di arrivare al colpo di scena finale “scioccante” che è così ridicolmente concepito ed eseguito che ci si chiede come il regista abbia potuto per un attimo pensare di poter farla franca. Onestamente, la cosa più sorprendente dell’intera vicenda è che la brava Naomi Watts sia stata in qualche modo convinta ad esserne la protagonista, fatto che in questo caso non offre nessun particolare valore aggiunto.
Le sue sessioni via Skype con un altro strizzacervelli (Oliver Platt) non la stanno aiutando. Una notte, uno dei suoi pazienti più difficili, un ragazzino sordo di nome Tom (il Jacob Tremblay di Somnia) si palesa improvvisamente alla sua porta. Prima che possa fare qualcosa, lui sparisce altrettanto rapidamente nella fredda notte e non si riesce più a trovarlo.
Le ricerche di Tom proseguono alacremente, e Mary è così oppressa dal senso di colpa per quello che è successo che le sembra che intorno alla casa comincino ad accadere cose strane. Mentre il suo amico psichiatra le suggerisce che probabilmente stia soffrendo gli effetti della parasonnia come risultato di quanto successo con Stephen e Tom, lei è convinta che sia dovuto a cause di tutt’altro genere. Per fortuna una furiosa tempesta di ghiaccio sta per abbattersi sulla zona dove vive, perché assolutamente nulla di strano o bizzarro potrebbe accadere mentre si trova completamente tagliata fuori dal mondo giusto?
Il concept di Shut In è piuttosto promettente, in teoria, ma la sua messa in scena è praticamente un pasticcio completo dall’inizio alla fine. Guardando la storia dipanarsi, si ha la sensazione che la sceneggiatore esordiente Christina Hodson abbia prima pensato al grande twist finale e poi abbia deciso di lavorare a ritroso per costruire una narrazione che si sarebbe adattata ad esso. Ci sono due problemi chiave in questo approccio. In primo luogo, l’inaspettata svolta è talmente ridicola che è molto più probabile che gli spettatori si ritroveranno a ridere della sua cristallina idiozia piuttosto che saltare sulle sedie per la supposta drammaticità (basti dire, per chi l’ha visto, che fa sembrare il colpo di scena del recente The Boy serio e logico al confronto).
In secondo luogo, la storia che porta fino a quella meno-che-spettacolare rivelazione è una pesante zavorra che passa più tempo a speluccare palesemente elementi di Shining di Stanley Kubrick che nel tentativo di creare qualcosa di avvincente e personale. A peggiorare le cose, il regista Farren Blackburn (un veterano di serie televisive come Doctor Who e Daredevil) dirige con un andamento tanto angusto che i 90′ di durata sembrano almeno il doppio e dimostra di non essere capace di regalare uno spavento che non si basi esclusivamente su persone che improvvisamente spuntano fuori dal nulla. E dopo un po’ diventa veramente stancante.
Per una curiosa coincidenza, nei giorni scorsi è uscito un altro film horror relativamente sotto silenzio (negli Stati Uniti, qui in Italia chissà quando arriverà …), The Monster di Bryan Bertino, che tratta in una certa misura di relazioni tese tra genitori e figli, di isolamento fisico ed emotivo, senso di colpa, incidenti d’auto e cose terribili che arrivano nella notte (la nostra recensione). Ora, premettendo che non si tratta certo di un capolavoro, ha almeno la decenza di offrire agli spettatori una storia che vada al di là dei “Boo!” improvvisi, oltre a un paio di ottime interpretazioni e un paio di spaventi veramente efficaci qua e là. Shut In, d’altra parte, è il classico pigro lavoro commerciale che ispira più sbadigli che urla, almeno fino al termine dell’ultimo rullo, quando i suoni delle risate incredule prenderanno il sopravvento tra i presenti.
Di seguito il trailer ufficiale di Shut In, nei nostri cinema dal 7 dicembre: