Voto: 7/10 Titolo originale: Altered States , uscita: 25-12-1980. Budget: $15,000,000. Regista: Ken Russell.
Recensione story | Stati di Allucinazione di Ken Russell (1980)
13/12/2017 recensione film Stati di allucinazione di Sabrina Crivelli
Un viaggio psichedelico alla ricerca delle origini, con protagonista un fascinoso William Hurt che fonde il Dottor Jekyll e Don Juan
Dopo Flash Gordon di Mike Hodges, abbiamo deciso di approfondire un secondo film del 1980 altrettanto controverso, seppure in maniera differente: Stati di allucinazione (Altered States) di Ken Russell. Dal messaggio infatti tutt’altro che univoco, a tratti quasi tacciabile di blasfemia, il film generò reazioni anche piuttosto negative, fin dall’autore dell’omonimo romanzo di Paddy Chayefsky (che ne adattò anche la sceneggiatura), il quale lo rinnegò seccamente e che tra i crediti ufficiali appare sotto lo pseudonimo Sidney Aaron. Lo scrittore litigò peraltro costantemente con il regista, perché secondo lui il tono generale e la messa in scena non rispettavano la sua opera letteraria.
Certo di non immediata traduzione, l’originale come il suo adattamento cinematografico rappresentano una complessa e straniante riflessione sui massimi sistemi, dalla junghiana coscienza collettiva sedimentata per secoli nell’uomo, alla spasmodica ricerca del sé che ha anche molteplici lati oscuri. Tuttavia non si tratta di un approccio solo speculativo, ma scientifico, medico anzi, incarnato dal dottor Eddie Jessup (William Hurt), che attraverso una serie di esperimenti mira ad alterare il proprio stato di coscienza per poter giungere a un’archetipica verità antropologica.
Lo sviluppo di Stati di Allucinazione è frammentario e più che una trama lineare, si susseguono eventi anche con stacchi temporali non indifferenti, quasi a materializzare i momenti topici della narrazione, senza badare al resto; d’altro canto si indagano condizioni allucinatorie e la forma è conseguente al contenuto. Al centro della storia c’è, come detto, il dottor Jessup, psichiatra che partendo dallo studio degli effetti della vasca di privazione sensoriale, sui suoi studenti come su sé stesso, è sempre insoddisfatto dei risultati.
Così decide di intraprendere un viaggio per le foreste messicane e prendere parte a un rituale che prevede l’ingerimento di una sostanza psicotropa estratta da un qualche fungo allucinogeno, che poi porta via con sé e continua ad utilizzare, con peculiari e inquietanti conseguenze psicofisiche.
Singolare e ambiguo excursus sulle derive estreme della funesta, eppur encomiabile, volontà di conoscenza, Stati di Allucinazione è un poliforme ensemble che unisce un vago rimando al prototipo stevensionano incarnato in Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde, 1886), alle suggestioni contenute nei bellissimi libri di Carlos Castaneda, quali Gli insegnamenti di Don Juan incentrato sul proprio apprendistato presso un indiano yaqui, al richiamo a sperimentazioni realmente condotte in segreto dalla CIA su esseri umani tra gli anni cinquanta e sessanta con l’LSD, ossia il progetto MKULTRA.
Anzitutto fascinoso per questo suo rimanere in bilico, dunque, tra antichi sapere tribali, profonda indagine coscienziale e sue sinistre implicazioni, il film di Russell tratteggia altresì una parabola superomistica, quella di a Jessup, arrogante eppur intrigante scienziato che insoddisfatto abbandona la brillante moglie e antropologa Emily (Blair Brown) e la figlia Margaret (una giovanissima Drew Barrymore al suo debutto davanti alla macchina da presa), per un faustiano desiderio di sapere.
Personaggio che per molti motivi non suscita particolare empatia o simpatia, proprio per la sua atavica fame di conoscenza, per la grande ambiziosità dei suoi dialoghi, non può che esercitare su gli spettatori un notevole fascino, come peraltro avviene nella finzione filmica per la consorte o il collega Arthur Rosenberg (Bob Balaban).
In un certo senso lo stesso si potrebbe dire della pellicola intera, che respinge eppure attrae al contempo chi guarda per sua stessa natura enigmatica: da un lato le domande esistenziali poste, l’elevatezza dei riferimenti citati a livello verbale come visivo non possono che il pubblico; dall’altra il percorso narrativo poco uniforme, a tratti oscuro, denso di immagini psichedeliche impedisce di immergersi appieno e comprendere del tutto quanto messo in scena … Forse però è proprio questa l’origine stessa della malia che tutti non possiamo che subire nei confronti del protagonista come dell’intero Stati di allucinazione.
D’altro canto anche noi, come l’agnostico endocrinologo Mason Parrish (Charles Haid), assistiamo scettici e insieme curiosi all’evoluzione di quanto da Jessup scandagliato. Veniamo travolti così da vividi deliri, vicini più alla video arte o al cinema sperimentale che a quello commerciale, in cui si susseguono incarnazioni luciferine, sataniche capre con molti occhi, danteschi gironi dominati dal fuoco e virati in rosso, abbinati ad antitetiche figure cristologiche, in particolare il padre morto di cancro.
Come nel precedente I Diavoli (ispirato al romanzo di Aldous Huxley I diavoli di Loudun), anche qui Russel concretizza stadi psicotici e sensi di colpa in visioni irreali, ma in una sua più recente e meno superstiziosa versione: sono i viaggi mentali di un medico, autoconsapevole e distaccato, ad essere invasi da rêverie biblicheggianti, che arrivano perfino ad una indimenticabile pietrificazione dei corpi, richiamando la fuga di Lot da Sodoma e Gomorra, ma anche un immagine freudiana contenuta nel finale del bunueliano Un chien andalou.
Il tutto però non si limita alla mera psiche, ma si estende ad un cosmico aconfessionale fino alla principio generatore della vita nei suoi archetipi femminile e maschile; d’altronde come Emily dichiara al futuro marito – e la frase potrebbe facilmente incarnare l’essenza stessa della morale finale di Stati di allucinazione “Even sex is a mystical experience for you” (“Perfino il sesso per te è un’esperienza mistica”).
Di seguito il trailer di Stati di Allucinazione:
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