Un delizioso ritorno al passato in Technicolor dal tocco femminista, in cui Samantha Robinson è l'indimenticabile mostro che non ti aspetti
Salutate la vostra nuova ossessione: un affascinante omaggio ai vecchi pulp tascabili e ai melodrammi in Technicolor degli anni ’60, The Love Witch di Anna Biller è un ritorno al passato raccontato con un grado di perversa convinzione e competenza che farebbe arrossire persino Quentin Tarantino. Girato in un vellutato 35mm e raccontato attraverso la lente di uno sguardo femminile giocosamente violento, il film segue una bella, narcisistica giovane strega di nome Elaine (Samantha Robinson, in quella che probabilmente resterà la sua performance più indimenticabile), che si trasferisce in una città costiera della California alla disperata ricerca di un sostituto per il marito recentemente assassinato. Sesso, morte, riti satanici, costumi splendidi e la battuta più divertente sui tamponi mai sentita al cinema sono gli ingredienti con cui la Biller condisce una storia maliziosamente divertente, ma anche smaccatamente sincera, sul vero prezzo del patriarcato. Non si è visto nulla di simile negli ultimi decenni.
E ci vuole solo una sequenza per arrivarci: Elaine guida veloce lungo una strada che costeggia l’Oceano, con la proiezione di un passato doloroso alle spalle e un nuovo luminoso futuro davanti. “Sto iniziando una nuova vita“, intona con la voce fuori campo, seduta al volante mentre fissa la telecamera, con una sigaretta accesa in una mano e pozze di eyeliner blu su entrambi gli occhi. Sembra di guardare a una versione da film Giallo di Lana Del Rey, il vento che soffia attraverso la lunga parrucca nera mentre i ricordi del marito che ha avvelenato a morte lampeggiano nella sua mente.
Serial killer che pensa a se stessa come la protagonista di una rom-com, Elaine è sia empatica che profondamente squilibrata (una linea su cui la Robinson cammina con gioiosi occhioni spalancati), ma non ci vuole molto per capire la causa e la profondità della sua psicosi. “Dare il sesso agli uomini è un modo per sbloccare il loro potenziale in amore,” confida senza esitazione a un’amica sposata con la quale sta prendendo il tè in una sala rosa dalla foggia vittoriana. “Parli come se il patriarcato ti avesse fatto il lavaggio del cervello”, risponde l’amica.
Girato come un trip finito male, The Love Witch ribolle attraverso gran parte delle sue provanti due ore di durata senza molta trama su cui soffermarsi – Elaine incontra e quindi uccide una serie di uomini, attirando infine le attenzioni di un granitico detective dalla mascella quadrata (Gian Keys). La Biller non mina mai la sua premessa con la drammaticità che viene offerta, non risolve mai del tutto il mistero di cosa fare con un’eroina sociopatica che (per definizione) è assai resistente al cambiamento, ma non ha problemi ad allargare le maglie della sua politica sul genere in direzioni continuamente affascinanti o a sostenere l’inebriante atmosfera del lungometraggio fino all’amaro finale.
E la Robinson guida il gruppo, portandoci in profondità nel cuore oscuro di una donna che ha sempre soltanto voluto che gli uomini la guardassero come fosse una persona vera, ma alla quale è stato negato il minimo rispetto per così tanto tempo che semplicemente incontrare il loro sguardo l’ha ridotta a qualcosa di inferiore. Elaine pensa a se stessa come a “soltanto una bambina che sogna di essere portata via su un cavallo bianco”, ma è invece maturata in un mostro auto-ossessionato – uno dei mostri cinematografici più emozionanti mai visti in sala.
Di seguito il trailer ufficiale di The Love Witch: