Mike P. Nelson riporta in scena ufficialmente il killer di Crystal Lake a distanza di 16 anni dall’ultima volta. Discreta cura ed atmosfera, non mancano dettagli truculenti. Ma il risultato è incerto, non esattamente all’altezza delle aspettative e dell’evento, tra plot confuso e fuori focus ed uno screentime esiguo per il caro vecchio Voorhees
Quello dei cortometraggi è un mondo vastissimo. Un formato evidentemente più accessibile di altri, tanto da rendere impossibile stare dietro a tutto. Insomma, l’idea di scelte mirate non è certo imputabile ad una linea editoriale spocchiosamente selettiva che ovviamente non ci appartiene, quanto ad una questione di praticità e buonsenso.
Un concetto di copertura mirata in cui rientra il titolo di oggi, Sweet Revenge, un corto scritto e diretto da Mike P. Nelson. Voglio dire, si tratta della prima apparizione ufficiale di Jason Voorhees a distanza di 16 anni dall’ultima volta. Una ragione che, già di suo, giustifica radar attivati e adeguata attenzione, a prescindere da come sia effettivamente il prodotto finito. Specie se, come me, siete fan del killer di Crystal Lake.
Il mio boogeyman del cuore, ma questo credo di averlo detto altre volte. Almeno sette, le volte intendo. Come il numero dei dossier attraverso i quali abbiamo attraversato l’intera saga ed i dodici film che la compongono. Qui è dove lascio con nonchalance il link all’ultimo dei sette speciali che in realtà include quello di tutti gli altri.
Ma contestualizziamo. Nel 2009 era uscito l’ultimo capitolo ufficiale, il reboot di Marcus Nispel targato Platinum Dunes (in collaborazione con New Line e Paramount). Costato circa 19 milioni di dollari, ne incassa complessivamente più di 91 – di cui 42 nel primo weekend di programmazione, battendo il record che apparteneva a The Grudge.
Cifre importanti che avevano portato all’annuncio di un sequel poi annullato. Da quel momento la saga va ad impantanarsi in una serie di beghe legali che portano ai sedici anni di stallo di cui sopra. Una lunga disputa tra Sean S. Cunningham, regista e produttore dell’originale del 1980, e Victor Miller che di quel film aveva firmato la sceneggiatura.
Ora non sto qui ad elencarvi le tappe di questo legal thriller del copyright, vi basti sapere che i diritti erano stati frammentati (tra titolo del film, primo capitolo e sequel, personaggi, distribuzione interna ed esterna) al punto da rendere difficile lo sviluppo di progetti autonomi. Fino al tanto atteso accordo recente che ha portato alla nascita del Jason Universe (scritto Un1v3rse), iniziativa di branding unificato, ambiziosa operazione che sotto la supervisione di Horror Inc. punta a dare nuova vita al franchise attraverso vari formati.
Cinema, televisione, gaming ed altro ancora. Un’ampia celebrazione crossmediale che al momento prevede anche la serie prequel Crystal Lake – prodotta da A24 e Peacock ed attualmente in fase di riprese, collezionabili ufficiali NECA, una casa dell’orrore a tema Friday the 13th per Halloween Horror Nights di Universal.
Detto delle cose belle, sul concetto di ufficiale vorrei spendere due parole. Che quasi quasi ci piazzo la polemica che viste le premesse forse non te l’aspetti. In questi sedici anni ripetutamente citati, Jason qualche capatina l’aveva fatta attraverso i fan film. Un formato che fino a due o tre anni fa avevo sempre sottovalutato, ma che in preda ad uno dei miei momenti di fotta mista ad astinenza per Friday the 13th mi sono deciso ad esplorare.
Certo, non è una lista cortissima e chiaramente va scremata dei (discretamente numerosi) titoli più o meno amatoriali, ma ci ho trovato alcuni prodotti davvero buoni, dannatamente validi, realizzati da gente di talento e passione. Penso a Vincente DiSanti e la sua trilogia di Never Hike composta da Never Hike Alone (2017), Never Hike in the Snow (2020) e Never Hike Alone 2 (2023).
Oppure Vengeance diretto da Jeremy W. Brown e Dustin Montierth nel 2019. Fan film che non solo non esplicitano la natura crowdfunding ma anzi mostrano un piano tecnico (dalla confezione all’esecuzione) che li rende migliori di cose che il semaforo verde lo ricevono sul serio. Attraverso storie che si agganciano a quelle canoniche e persino qualche guest che aveva preso parte ai film originali.
Argomento sfizioso che in un altro momento potrebbe diventare il fulcro di un nuovo dossier sul mondo Venerdì 13, ma che adesso nello specifico mi serviva ad imbastire un discorso critico nei confronti di Sweet Revenge. Per farla breve, in rete – tra in fan film, appunto – c’è roba migliore del cortometraggio di Mike P. Nelson.
Ed io non appartengo a quella tipologia di fan cagacazzo che guai a toccargli l’originale, anzi dammi due minuti di Jason in qualsiasi salsa che massacra persone a caso e ti faccio gli occhi a cuoricino. Lo stesso Sweet Revenge non è tutto da buttare (e dopo parliamo anche di questo), ma non ha il sapore che avrebbe dovuto avere un ritorno (nonché – si spera – antipasto) di questo tipo.
Il problema più grosso riguarda un aspetto di cui non avrei immaginato di dovermi lamentare in un semplice cortometraggio che intende omaggiare e rivitalizzare Jason ed il franchise di Friday the 13th. La trama. L’impressione è che Nelson – che per l’occasione scrive, oltre a dirigere – abbia preso ispirazione dal suo Wrong Turn, film del 2021 che estremizzava il concetto di reboot con alcuni cambiamenti significativi – in quel caso, era singolare che a firmare lo script fosse Alan B. McElroy, lo stesso sceneggiatore dell’originale del 2003.
La storia su cui poggia Sweet Revenge cerca le proprie variazioni sul tema mediante ambiguità, mistero, frangenti onirici o presunti tali. Caratteristiche che sembrerebbero veicolare una sorta di autorialità o spessore – o comunque lo si voglia definire – che invece, in concreto, confonde solo le idee. Penso a due momenti chiave (il lago – che è anche una citazione/omaggio – ed il finale) e non so bene come interpretarli, si prestano ad interrogativi inadeguati alla circostanza, per un epilogo in linea con un plot per certi versi inspiegabile.
Per fortuna, mi pare di capire che si tratti di uno stand alone (e relativo spunto di scrittura) senza conseguenze sulla trama di altri progetti, d’altronde in fase di annuncio era stato definito come una ‘vignette’ e una ‘love letter’ nei confronti della saga. Colpa nella colpa, l’affidare tutto questo ad una final girl che fagocita non solo i riflettori ma anche lo screentime di Jason.
E questo è grave, il minutaggio complessivo del caro vecchio Voorhees è sciaguratamente e colpevolmente esiguo. Parliamo di due, forse tre minuti scarsi – fugace apparizione nel lago, poi il breve momento di gloria nella baita per ricomparire qualche secondo prima dei titoli di coda. Colpa ma anche peccato considerato che, prevedibilmente, l’attacco alla baita è il momento migliore dell’intero cortometraggio. Jason irrompe brutalmente e firma un’uccisione bellissima quando dilania il volto del malcapitato di turno a colpi di elica di un motore da motoscafo che poi verrà usato come peso per sfondare il cranio e finire il lavoro come si deve. Che per inciso è pure una morte meritata.
E non ne faccio una questione morale, di tradimento e via discorrendo. Ma di estetica. Let me tell you something, brother, un uomo che ha il coraggio di sfoggiare quella pettinatura inguardabile (dalle mie parti lo chiamiamo tuppillo) va punito con questo e altro. Uccisione, dicevo, di rilievo, affidata ad una serie di apprezzabili effetti prostetici che servono a portare in scena altre gradevoli efferatezze come i due tizi smembrati e stesi alla stregua di panni al sole.
Insomma, anche in questo caso concettualmente non ci siamo, vogliamo Jason quanto più possibile in scena e vogliamo assistere alla mattanza. Il killer di Crystal Lake mostra il look suggestivo che era stato presentato lo scorso maggio attraverso gli schizzi di Greg Nicotero; in quella circostanza avevamo notato una corporatura leggermente più snella di quelli che erano diventati gli standard dell’amato boogeyman, impressione confermata poi sullo schermo da Schuyler White, lo stuntman/attore che si cela dietro la maschera da hockey – esperto in stunt col fuoco, detiene la bellezza di 11 Guinness World Record per performance pirotecniche – che pur raggiungendo il metro e 94 d’altezza (e muovendosi in maniera credibile) sembra avere effettivamente un fisico più asciutto (in termini di massa) dei suoi predecessori.
Riassumendo, non è tutto bene quello che finisce bene. Per quanto, ripeto, Sweet Revenge non sia un prodotto necessariamente da cestinare. L’ho già visto due volte e non escludo di farlo ancora in futuro. Anche perché la durata lo rende scorrevole, 13 minuti che diventano 15 con i titoli di coda.
Numero che ritorna volutamente il 13, non solo nella versione stilizzata del logo del Jason Un1v3rse ma anche nella data d’uscita del cortometraggio che ha esordito sull’omonimo canale YouTube (dove è disponibile gratuitamente) il 13 agosto 2025 – che però non era un venerdì ma un mercoledì. L’atmosfera è potabile, incluso l’utilizzo azzeccato di elementi riconoscibili come il lago, la penombra, il bosco e la baita, e l’inclinazione a colorarli di sangue e viscere.
Un prodotto mediamente curato, che al netto di una scrittura sbagliata, ha comunque il punto a favore di riportare Jason in scena dopo tanto tempo concedendogli almeno una sequenza degna di nota. Con l’augurio che sia soltanto il preludio di un periodo finalmente più florido per tutti i fan degli omicidi di Crystal Lake.
Qui sotto trovate il corto integrale: