Voto: 6/10 Titolo originale: Freddy vs. Jason , uscita: 15-08-2003. Budget: $30,000,000. Regista: Ronny Yu.
Dossier: Freddy vs. Jason, lo scontro definitivo tra due titani del cinema horror
13/12/2024 recensione film Freddy vs. Jason di Francesco Chello
Nel 2003, il tanto atteso crossover superava con successo gli anni di development hell. Divertentissimo, sanguinario. Rispettoso della mitologia delle rispettive saghe, ne propone gli elementi cardine ed aggiunge la novità dell’azione ad una formula collaudata. Il tutto al servizio di due boogeyman iconici in grande spolvero
Oggi è venerdì 13. Il secondo del 2024, a distanza di appena tre mesi dall’ultima volta. L’ho già detto in passato, una giornata calendariale dal sapore speciale per chi, come me, è fan dell’horror ed in particolare di Jason Voorhees, il boogeyman di Crystal Lake che con questo giorno ha un legame indissolubile. Da queste parti è ormai piacevole tradizione celebrare la data in questione raccontandovi di uno o più capitoli della celebre saga di Friday the 13th.
Nel 2019 avevo iniziato dall’ultimo uscito, il reboot del 2009 in occasione del suo decennale, passando poi per il quarantennale del capostipite nel 2020. Nel 2022 vi avevo raccontato dei capitoli II e III e della genesi del mito di Jason e dell’iconica maschera, mentre a gennaio 2023 era stata la volta del ciclo di Tommy Jarvis attraverso lo specialone su Parte IV, V e VI, per poi ripeterci ad ottobre dello stesso anno con le variazioni sul tema di Parte VII e VIII.
Arrivando allo scorso settembre quando il focus dell’approfondimento era stato il dittico di esperimenti targati New Line composto da Jason va all’Inferno e Jason X.
All’appello manca un titolo – e che titolo. Un vero e proprio evento per il franchise (anzi per due) e non solo. Sto parlando naturalmente di Freddy vs. Jason, un crossover epocale tra due saghe e due boogeyman iconici che hanno segnato in maniera indelebile l’immaginario horror collettivo. Che, guarda caso, è il nostro piatto del giorno.
Parto dalla fine, dal giudizio. Ampiamente promosso. Gli voglio bene fin da quando l’ho visto in sala ormai 21 anni fa. Un film che ha soddisfatto la maggior parte degli appassionati horrorifici e dei fan delle due saghe, anche i suoi detrattori non potranno di certo negare il suo essere diventato un cult, fosse anche solo per la memorabilità dell’evento.
Ed accendo la mia vena polemica aggiungendo che c’è anche una parte del pubblico che ne parla bene per i motivi sbagliati, utilizzando una terminologia contraria al mio credo cinefilo come ‘trash’ o ‘da gustare a cervello spento’, giusto per dirne un paio che mi fanno salire il crimine. Un capitolo – l’ottavo per Freddy, l’undicesimo per Jason – divertentissimo, sanguinario.
Che a dispetto delle aspettative (e delle opinioni) di alcuni, evita di buttarla in caciara. Per lunghi tratti si prende sul serio e fa bene a farlo, al momento opportuno inserisce ironia con discrezione, oltre ad aggiungere l’azione ad una formula collaudata. Rispetta la doppia mitologia a cui prova ad aderire attraverso una storia semplice, lineare, fedele.
Che possa riproporre gli elementi che hanno alimentato il successo dei due personaggi, inserendo quel tocco di novità rappresentato dallo scontro tanto atteso. Perché va bene che il piatto forte siano ancora sangue e bodycount ma è pure giusto che si dia un senso ed una gratificazione a quel ‘versus’ presente nel titolo, a meno che non ci si aspetti che i due risolvano i loro dissidi sfidandosi a nomi/cose/città.
Detto questo, inoltriamoci nell’approfondimento su Freddy vs. Jason. La prendo larga, partendo da un parallelismo tanto impegnativo quanto calzante. Gli anni ’30 hanno visto la nascita dei cosiddetti Classic Monsters della Universal, personaggi (spesso di origine letteraria) entrati nella storia del genere e del cinema tutto, che hanno saputo trascendere i confini della cinematografia per entrare in pianta stabile nella cultura popolare a 360 gradi.
Figure come Dracula e la creatura di Frankenstein, per citare soltanto le punte di diamante, raggiunti dall’Uomo Lupo nel 1941 che apre un decennio in cui sul grande schermo arrivano anche le pellicole riguardanti i primissimi incontri/scontri tra questi grandi mostri del passato.
Penso a titoli come Frankenstein meets the Wolfman del 1943, tra i primi crossover della storia, primo in assoluto per quanto riguarda il cinema sonoro ma io sarei propenso ad estendere il discorso in generale visto che l’unico precedente pare sia Arsène Lupin contra Sherlock Holmes, ovvero un prodotto tedesco (diretto ed interpretato da un danese) del 1910.
Oppure House of Frankenstein del 1944 ed House of Dracula del 1945, senza considerare la parodia Abbott and Costello Meet Frankenstein del 1948.
Facciamo un salto temporale e spostiamoci tra la fine degli anni ’70 e soprattutto gli anni ’80, periodo in cui avviene un qualcosa di simile con la nascita di boogeyman del calibro di Jason Voorhees, Freddy Krueger e Michael Myers – ed altri che non sto di certo dimenticando come d’altronde non era una dimenticanza ma una semplice questione di spazio quella di non citare anche l’Uomo Invisibile qualche riga fa.
Veri e propri mostri moderni che per maschera, mitologia, tradizione, prolificità, reputazione e riconoscibilità hanno cambiato e segnato l’horror così come avevano fatto gli illustri predecessori tempo addietro, a testimoniarlo una legacy che dura da oltre 40 anni e che probabilmente durerà in eterno. Vista questa premessa, viene da sé trovare giusto ed opportuno che anche l’horror contemporaneo avesse il suo scontro epico tra due dei suoi mostri sacri per eccellenza, Freddy Krueger e Jason Voorhees.
Il progetto è stato in cantiere per così tanti anni da essere collocato nel famigerato development hell, diventando poi uno dei pochi film non solo capace di uscirne ma di farlo con assoluto successo. Una genesi che risale addirittura a Venerdì 13 parte VI: Jason Vive del 1986, uno dei miei capitoli preferiti in assoluto che però al botteghino aveva raccolto meno di quanto meritasse – 19 milioni a fronte di un budget da appena 3 milioni, comunque niente male.
Considerando gli incassi in fase calante, la Paramount era in cerca di un’idea che potesse rivitalizzare il brand risollevandone le sorti finanziarie. Ad un certo punto quell’idea sembrava essere un crossover con un brand in qualche modo rivale, vale a dire A Nightmare on Elm Street che in quel momento storico faceva registrare quasi il doppio degli incassi al box office.
Arriva puntuale la proposta di Paramount a New Line, un’operazione congiunta in cui i primi avrebbero mantenuto la distribuzione domestica con i secondi a beneficiare di quella internazionale. Ma la New Line, seppur fortemente tentata, desiste anche alla luce del fatto che la Paramount puntava a mantenere un certo controllo creativo a dispetto di una property come quella di Freddy Krueger che in quel frangente conferiva una posizione di forza all’interno di una trattativa destinata a naufragare, con i due franchise orientati a procedere ognuno per la propria strada.
Paramount realizza altri due capitoli, nel 1988 esce Parte VII: Il Sangue Scorre di nuovo che fa registrare numeri simili al predecessore, mentre nel 1989 è la volta di Parte VIII: Incubo a Manhattan che invece scende a 14 milioni di incasso su 4 investiti. Numeri comunque in attivo, ma testimoni di un trend al ribasso che spinge la Paramount a fare una scelta probabilmente affrettata: cedere i diritti di Jason Voorhees alla New Line (mantenendo quelli sul marchio Friday the 13th o su altri personaggi ad esso collegati, tipo Tommy Jarvis).
Scelta, dicevo, avventata e per certi versi anche scellerata. Voglio dire, dopo aver fatto registrare numeri da capogiro e spremuto la serie come un limone con otto film in nove anni, non dovrebbe essere difficile capire (ed accettare) una flessione che a quel punto è anche fisiologica, per cui non così grave o irrecuperabile da giustificare la cessione a cuor leggero di un personaggio ormai iconico ad un competitor.
Dal canto suo, almeno inizialmente, la New Line non se la gioca benissimo, nel dossier precedente abbiamo abbondantemente detto del brutale stravolgimento di Jason va all’Inferno del 1993, mentre Jason X pur sperimentando correggeva in qualche modo il tiro otto anni dopo.
Il lungo periodo di gestazione di Freddy vs. Jason è costato alla New Line Cinema qualcosa come 6 milioni di dollari, con la creazione di ben 16/18 sceneggiature presentate da numerosi autori, alcune delle quali rielaboravano elementi delle precedenti nel tentativo di far confluire determinati spunti in un unico script definitivo. Si trattava di un processo caotico, al punto che ad un certo punto sembrava che chiunque avesse un’idea da proporre per un potenziale crossover si sentisse autorizzato a farlo. Questo ha generato un ventaglio di concept disparati, molti dei quali ben lontani dal raggiungere una coerenza narrativa accettabile.
Tra le bozze più strane spiccano alcune connesse a un collegamento nel passato tra Freddy e Jason, come l’idea di un Freddy Krueger umano che avrebbe violentato e ingravidato Pamela Voorhees, o un’altra in cui Freddy avrebbe lavorato a Camp Crystal Lake, molestando il giovane Jason o addirittura essendo coinvolto nel suo annegamento. Entrambe queste opzioni furono scartate dalla New Line in quanto troppo oscure e artificiose.
Un’altra bozza, proposta da Courtney Joyner, suggeriva che Jason fosse uno dei bambini sopravvissuti di Elm Street prima che Freddy fosse bruciato vivo dai genitori. Un altro script era incentrato su una setta giovanile di adoratori di Freddy, mentre un altro ancora proponeva addirittura un prologo medievale. Peter Briggs, invece, tentò di collegare il film a Nightmare 5 e a Jason va all’Inferno, ambientandolo alla vigilia del nuovo millennio con un tono dark e la presenza di Elias Voorhees (il padre di Jason), rivelato come uno dei genitori responsabili della morte di Freddy.
Nel 1987, subito dopo Jason Vive, il regista Tom McLoughlin immaginò una storia ambientata in un manicomio, che alla fine si rivelava essere solo un sogno del protagonista. Questo concept fu giudicato troppo cerebrale e metaforico per risultare divertente. Dopo Jason va all’Inferno, Adam Marcus e Dean Lorey pensarono invece a un crossover in cui Freddy e Jason venivano resuscitati da Satana per sfidarsi all’ultima uccisione, con la possibilità di includere personaggi come Tommy Jarvis, Nancy Thompson e Creighton Duke.
Nel 1994, Ronald D. Moore e Brannon Braga scrissero un trattamento in cui Jason, più umanizzato, veniva arrestato e processato, reintegrando anche l’idea che Freddy fosse il padre biologico del killer di Crystal Lake. Qualche anno dopo, Mark Protosevich sviluppò una versione più intellettuale e psicologica, che fu tuttavia accantonata.
Tra i frammenti di concept poi scartati si annoverano idee particolarmente strampalate: Freddy che urina sul Santo Graal, una scena di boxe, una scena di hockey, Freddy irradiato verso il sole da un raggio satellitare, o ancora Freddy in cerca di tredici demoni del sogno per ripristinare i suoi poteri.
Alcuni script tentavano di riportare in scena personaggi come Alice, Jacob o Tommy, mentre altri includevano scenari folli come un muro costruito attorno a Crystal Lake, Jason che guida una Subaru per soccorrere dei ragazzi, Freddy che chiede aiuto alle anime di serial killer famosi come Ted Bundy, John Wayne Gacy e Charles Manson, o un finale ambientato all’inferno con la comparsa di Pinhead come terzo incomodo.
Nel 1997, l’idea del crossover sembrava finalmente pronta a concretizzarsi. Rob Bottin aveva accettato la proposta di dirigere il progetto, spingendo la New Line a fare un annuncio a sorpresa durante lo ShoWest ’97. In quell’occasione fu proiettato un teaser trailer che combinava scene di Nightmare 4 – Il non risveglio, Nightmare – Nuovo incubo e Jason va all’Inferno, con tanto di annuncio del regista e una probabile uscita prevista per il 1998, accolta con entusiasmo dal pubblico. L’accordo fu talmente preso sul serio che McFarlane Toys avviò la produzione di action figure da includere nella linea Movie Maniacs, poi dirottate su film singoli: Jason fu associato a Jason va all’Inferno e Freddy a Nightmare 3.
Col senno di poi, è forse un bene che questa versione non sia mai arrivata nelle sale, visto che la sceneggiatura firmata da Jonathan Aibel e Glenn Berger si ispirava fortemente a Scream, con un tono leggero, ricco di battutine e meta riferimenti. Addirittura, si sarebbe esplorata l’idea che Freddy e Jason non fossero reali, ma solo personaggi cinematografici. Una trovata che, anche solo a pensarla, avrebbe meritato una denuncia per lesa maestà al cinema horror.
La svolta arriva nel momento in cui Damian Shannon e Mark Swift, che stavano già lavorando per la New Line, ebbero l’opportunità di scrivere una loro versione priva di condizionamenti; i due avevano notato che tutte le bozze precedenti non prendevano in considerazione (almeno non a sufficienza o nel modo corretto) la mitologia dei due franchise e la storia dei due personaggi, e che la chiave di volta doveva essere il cercare di rispettare quello che c’era stato prima, le regole delle due saghe, l’aura dei due boogeyman, lasciare intatto il loro mondo in modo che tutto torni e che i fan potessero esserne felici.
Dimostrando una tale conoscenza della serie di Friday the 13th che colpisce i produttori al punto da affidargli anche il reboot del 2009. Il punto di partenza dei due autori è stata l’ultima scena di Jason va all’Inferno (non a caso, una delle cose migliori di quel film), cercare di ragionarci, di dare (e darsi) una spiegazione del perché Freddy abbia deciso di portare Jason negli inferi. Che poi era anche un modo per non cancellare del tutto dalla continuity un film incerto, ma di dare allo stesso tempo un colpo di spugna ad una serie di elementi improbabili.
Scena, dicevamo, da cui poi hanno iniziato a scrivere una storia (passata per una decina di bozze) che potesse portare i due eroi al loro antico splendore e permettergli di combattere nei rispettivi ambienti. Ne viene fuori una mega sceneggiatura che tradotta in screentime avrebbe avuto bisogno di una durata di 2 ore e 28 minuti. Uno sproposito per le esigenze commerciali di un progetto di questo tipo, per quanto personalmente sarei stato curioso di gustarmi tutti e 148 minuti originariamente concepiti.
Per snellire (ma non svilire) uno script ritenuto meritevole, la New Line ingaggia (non accreditandolo) David S. Goyer che taglia il superfluo, comprime e fonde scene ed alcuni personaggi. Avrebbe potuto esserci anche Tommy Jarvis per il quale era stato scelto Jason Bateman, ma il personaggio è stato tagliato per il timore da parte dello studio di produzione che il pubblico occasionale non cogliesse il riferimento.
Così come erano previsti maggiori elementi legati alla mitologia di Crystal Lake, ridotti su richiesta del produttore Robert Shaye (fondatore della New Line, a bordo fin dal primo Nightmare) che sembrava più interessato al versante Freddy, cosa che al di là dei tagli non ha condizionato più di tanto Shannon e Swift che hanno dato giusto peso ad entrambi i personaggi (anzi, volendo si può notare persino un occhio di riguardo per Jason su alcune questioni di cui parleremo a breve). Freddy vs. Jason si colloca cronologicamente dopo Nightmare 6 – La Fine del 1991 e Jason Va all’Inferno del 1993, ma ovviamente prima di Jason X del 2001.
La collocazione temporale è quella del 2003, visto che Jason va all’Inferno si suppone si svolgesse in quell’anno (due mesi prima), mentre Jason X partiva dal 2008. I riferimenti chiaramente non si contano, a partire dalla fighissima resurrezione di Jason nel prologo che sembra proprio un’appendice della suddetta sequenza finale di Jason goes to Hell.
Prologo che utilizza molti spezzoni dei primi sei Nightmare ma nessuno dei Venerdì 13 in quanto la Paramount aveva concesso i diritti sul personaggio ma non sulla saga e sui capitoli precedenti. La storia alterna realtà ed onirico, così come l’ambientazione passa da Crystal Lake a Springwood. La presenza della famosa filastrocca ‘One, two, Freddy’s coming for you’.
La battuta ‘how sweet, dark meat’ è una citazione di ‘how sweet, fresh meat’ presente in Nightmare 4 – Il Non Risveglio del 1988, stesso discorso per Lori che dice ‘now i lay down to sleep’ come Nancy Thompson nel primo Nightmare. La capra (vera, ha girato sul serio e senza maltrattamenti) nei primi incubi di Blake è un riferimento all’incubo di Tina nel capostipite del 1984.
In un flashback si vede Jason bullizzato tra le altre cose con un sacco di tela in testa, riferimento al look che mostra in L’Assassino ti Siede Accanto del 1981 in cui è presente un double kill che viene riproposto in maniera molto simile. In un sogno si può notare la testa di Pamela che il figlio custodiva sempre in Parte II. Il vice Stubbs all’inizio sostiene che l’assassino possa essere un imitatore di Jason, analogia con la gimmick su cui era costruito Part V – Il Terrore Continua.
Torna ad avere importanza la celebre casa del 1428 di Elm Street, quella in cui vivevano sia Nancy Thompson nel primo Nightmare che Jesse Walsh in Nightmare 2 e che in Nightmare 6 veniva mostrata in rovina, e che adesso ospita la famiglia di Lori Campbell. L’Hypnocil era il farmaco che veniva assunto da Nancy Thompson (Heather Langenkamp) in Nightmare 3 – I Guerrieri del Sogno nel 1987, fu lei a suggerire di somministrarlo ai pazienti del Westin Hills, il luogo in cui Freddy era stato concepito e che era già comparso nel suddetto terzo capitolo e che torna per ospitare una porzione di Freddy vs. Jason.
Nel girato finale però c’è anche una battuta che pare sia stata improvvisata e che i due sceneggiatori hanno disconosciuto fin dal primo momento, quando Kia in cui insulta Freddy apostrofandolo ‘faggot’ contrariando diversi membri di cast e crew.
Se quella della sceneggiatura è stata un’odissea, la scelta del regista non scherza. Detto di Rob Bottin, tra gli altri nomi presi in considerazione si contano Peter Jackson (che pare avesse scritto una propria sceneggiatura nel 1994, rigettata anche quella), Lewis Abernathy, Mark A.Z. Dippé, Guillermo del Toro, Stephen Norrington. Avrebbe potuto dirigerlo anche James Wan che però era già impegnato con la pre-produzione del suo Saw che uscirà nel 2004. Stessa proposta ricevuta da Rob Zombie che rifiuta per dedicarsi al suo House of 1000 Corpses. Una poltrona al centro di un casting che viene ingenuamente dichiarato aperto dalla New Line, con circa 60 candidati valutati (provenienti da settori diversi, inclusi video musicali e spot pubblicitari), tra cui James Isaac (già regista di Jason X) che avrebbe voluto ambientare la storia in una Crystal Lake in versione invernale.
A spuntarla è Ronny Yu, la sua non è un’autocandidatura, è la New Line a contattarlo e la cosa bella è che al primo tentativo la sua risposta è negativa, servirà una seconda proposta per convincerlo ad accettare.
Le premesse non sembravano ottimali, oltre alla suddetta titubanza del regista c’era il fatto che per sua stessa ammissione conosceva poco e niente dei due franchise; è vero che cinque anni prima aveva già maneggiato un’icona horror come Chucky in Bride of Chucky, ma pur trattandosi di un sequel nel complesso godibile è altrettanto vero che proponeva una virata comedy che non ho mai metabolizzato del tutto e che, soprattutto, non avrei visto bene in un film di Freddy o Jason che per quanto possano contenere qualche punta di ironia restano horror seri e seriosi.
Il merito di Yu è stato quello di smentire con i fatti questa diffidenza. A cominciare dall’elemento humour che appare come tocco velato, piazzato con garbo e moderazione. Ma anche l’umiltà di voler apprendere il necessario delle due saghe, di documentarsi, fare ricerche, di non voler deludere gli appassionati, vivere l’esperienza alla stregua di un viaggio.
Il buon Ronny si dimostra uomo sensibile alla cultura popolare, chiede (ed ottiene) la possibilità di dire la sua in corso d’opera sulla sceneggiatura, concede il giusto spazio a violenza e sangue (300 saranno i litri di sangue finto utilizzati per le riprese) consapevole che si tratti della portata principale, e mette in risalto la componente action mutuando da Hong Kong la tecnica di riprendere a varie velocità in modo da accentuare l’impatto dell’azione durante i combattimenti.
Dirà di essersi ispirato nientemeno che a Rocky per la crudezza delle scene di lotta, di immaginare Freddy e Jason su un ring per un incontro di wrestling, di dover rendere i colpi e le ferite percepibili al pubblico. Il grosso lo fanno gli omicidi, ma il già menzionato ‘versus’ presente nel titolo viene giustificato da alcuni showdown degni di nota.
Dalle esperienze cinesi lo raggiunge Hang Sang Poon a cui affidare la regia della seconda unità e molte responsabilità nelle scene d’azione, che seguono storyboard dettagliati per essere portati in scena con buona visione d’insieme e valorizzazione di stunt pratici, campi larghi ed un numero non eccessivo di stacchi.
C’è padronanza tecnica al pari di diverse intuizioni interessanti, come girare il flashback a Crystal Lake a 11 fps per poi stampare a 24 ed ottenere un effetto stroboscopico, oppure ricorrere all’undercrank per l’uccisione del letto girando ad una velocità ridotta rispetto alla media per poi velocizzare in un secondo momento. Scene pericolose e tanto fuoco, con le controfigure di Monica Keena e Jason Ritter che bruciano le parrucche per le temperature troppo elevate.
Girato in formato 2.35:1, la prima volta per un film della saga di Nightmare mentre era già avvenuto in quella di Venerdì 13. Il primo cut prevedeva 40 minuti in più di sequenze che saranno cancellate, solo 12 di questi minuti finiranno tra gli extra del dvd.
Notevole il peso specifico anche del lavoro scenografico di John Willett, non così scontato in un progetto di questo tipo. Il versante onirico è quello che ha richiesto una maggiore cura concettuale, il look è sinistro, una realtà distorta ma non fiabesca, basterebbe la casa inclinata nel lago circondata da corpi che fuoriescono dal terreno per rendersene conto.
Il locale caldaie è ispirato alla città cinese di Kowloon contraddistinta da un urbanesimo selvaggio, sfrutta un luogo esistente integrato da tonnellate di tubi ed altre parti metalliche e ricoperto da una vernice che fornisce l’effetto di ruggine e di quel fuoco che rappresenta l’elemento primario dell’inferno di Freddy, mentre l’acqua svolge il compito analogo per Jason e le sue paure. Importante la scelta dei materiali, con acciaio e cemento a strutturare scene a base di fiamme che avrebbero potuto essere pericolose.
Girato in Canada (è il primo Nightmare a non essere girato negli States), tra gli obiettivi scenografici c’è stato anche quello di trovare una casa di Elm Street che ricordasse quella vista negli altri capitoli della saga. Ad enfatizzare gli ambienti ci pensa la fotografia di Fred Murphy, la sua gestione dei toni caldi e freddi, l’utilizzo di colori primari forti ed intensi, al fine di ottenere profondità ed il giusto texture oltre ad effetti visivi raffinati.
Il lago scelto per Crystal Lake è lo stesso utilizzato per le scene finali di X-Men 2 uscito sempre nel 2003, i due cast hanno soggiornato nello stesso albergo e Bryan Singer da buon fan della serie di Venerdì 13 era sul set in occasione della prima uccisione di Jason affermando che avevano scelto il make-up giusto.
Nota di merito per la quota violenza e sangue. Il bodycount fa registrare 24 omicidi. Ed annovera una serie di belle cosette tipo gente impalata, fulminata, schiacciata da una porta di metallo, vittime affettate e smembrate a colpi di machete, decapitazioni, teste girate a 360 gradi. Ottimo il comparto effettistico vecchia scuola tra make-up ed effetti prostetici, non sempre convincenti le integrazioni in CGI (mi sarei risparmiato il Freddy in formato bruco) che in alcuni casi mostrano il peso dell’età.
Dal punto di vista puramente del ‘tifo’, gli unici che potrebbero storcere il naso potrebbero essere (ma sottolineo con forza il condizionale) i fan di Freddy/detrattori di Jason visto che Krueger compie soltanto un omicidio (escludendo quelli dei flashback presi da altri capitoli della saga), mentre tutto il resto è a carico (ed a favore) del rivale – probabile dimostrazione del fatto che Shannon e Swift avessero un beniamino. Parlando diplomaticamente c’è chi considera un pareggio l’esito della sfida, qualcun altro (tipo Mark Swift. Ma anche io, se conta qualcosa) assegna la vittoria a Jason.
La killing scene del letto era stata inizialmente rifiutata dalla New Line, i due sceneggiatori hanno lottato per ottenere il suo inserimento (arrivando a ‘recitare’ la scena davanti a Ronny Yu) venendo ripagati dalla reazione del pubblico delle proiezioni di prova. Test screening in cui non veniva mai mostrato il finale sostituito da una didascalia che recitava ‘On August 15th, 2003 see the final sixty seconds and see who has survived and what is left of them’ riferimento alla famosa tagline di Non Aprite Quella Porta del 1974.
Se parliamo del cast di Freddy vs. Jason bisogna necessariamente partire da Robert Englund, fosse anche soltanto per la nota storico/statistica e relativa emozione del vederlo per l’ultima volta sullo schermo nei panni di Freddy Krueger, in uno di quei rapporti simbiotici tra interprete e personaggio di cui il cinema non può fare a meno. Successivamente avrà modo di indossarli nuovamente in occasione di qualche evento di vario tipo, per poi dirgli addio nel 2014 in occasione di un’operazione commerciale che potesse fungere da commiato.
Englund è carico, motivato, ha atteso il main event ed è intenzionato a rendergli giustizia. Istrionico, mette a segno il suo campionario di battute (tra cui un’overdose di ‘bitch’), di sadico sarcasmo. Inutile dire di gustarlo in originale, risparmiandosi un adattamento italiano che include una battuta alquanto razzista laddove in originale non c’era (‘make-up on your face’ diventa ‘faccia da scimmia’ detto ad una attrice afroamericana).
Robert realizza alcuni dei suoi stunt (inclusi quelli subacquei), si sottopone a sedute di trucco che impiegano tre ore per l’applicazione ed una per la rimozione – ottimo il lavoro di Bill Terezakis per un make-up così spesso da avere difficoltà nel rimuoverlo, diverse le versioni tra cui un look demoniaco decisamente suggestivo. Tra le controfigure di Englund anche il famoso wrestler Ray Mysterio.
Main event a cui sembrava dovesse partecipare anche Kane Hodder, l’unico ad aver interpretato (ufficialmente, da interprete principale) Jason Voorhees in più di una circostanza – quattro, per la precisione, da Part VII – Il Sangue Scorre di Nuovo a Jason X – il quale non stava nella pelle per la possibilità di riprendere nuovamente il suo ruolo della vita, a maggior ragione in un fenomeno cinematografico così atteso.
Hodder aveva persino ricevuto una copia della sceneggiatura finale e si preparava alle riprese, Yu non avrebbe avuto problemi a lavorarci tant’è che aveva chiesto il suo numero per iniziare a discutere del film ed anche in seguito spenderà parole dolci per lui sicuro che avrebbe fatto un buon lavoro. Tuttavia, a pre-produzione in corso, la New Line optò per un recasting in quanto voleva dare a Jason una fisicità ancora più imponente in modo da accentuare la differenza di stazza con Freddy in una sorta di versione horror di Davide e Golia, oltre a cercare un approccio diverso e meno ‘aggressivo’ di quello di Kane, ma anzi più lento e fluido.
Nel corso degli anni, Hodder non ha mai nascosto la delusione ed il risentimento per questa cosa, ma senza nutrire rancore nei confronti di Ken Kirzinger (e della sua performance), il suo sostituto che – fun fact era stato la sua controfigura in Parte VIII – Incubo a Manhattan (che lo rende l’unico, insieme a Hodder, ad aver indossato la maschera in più di un film anche se in questo caso in maniera non ufficiale) in cui era anche stunt coordinator.
Hodder, inoltre, ha raccontato che anche C.J. Graham (che interpretava Jason in Parte VI – Jason Vive) aveva ricevuto l’offerta per riprendere la maschera da hockey in Freddy vs Jason, poi rifiutata per lealtà nei confronti dell’amico Kane nei cui confronti i produttori si stavano comportando scorrettamente – aneddoto che secondo me andrebbe verificato, ma vabbè. Kane Hodder comunque nel film compare indirettamente (ed involontariamente), nella scena nell’ospedale psichiatrico si intravedono spezzoni di Leatherface del 1990 in cui Kane aveva lavorato come stunt double.
A prendere il suo posto lo stuntman di lunga data Ken Kirzinger, che col suo metro e novantasei centimetri diventa il Jason più alto di sempre – eguagliato solo da Derek Mears nel reboot del 2009. Scelto due settimane prima delle riprese, ha ottenuto il ruolo quasi per caso in quanto era andato alla New Line per un colloquio da stunt coordinator quando i produttori hanno notato la sua stazza e gli hanno chiesto di fare un provino per il ruolo del mitico massacratore di Crystal Lake.
Viste le iniziali resistenze dei fan, Kirzinger rilascia la prima intervista direttamente in costume per testimoniare la fedeltà nei confronti del personaggio e trasmettere fiducia agli spettatori. Ma i dubbi vengono realmente e definitivamente spazzati sul campo dove compie un ottimo lavoro, il suo Jason è imponente, spalle larghe e corporatura massiccia, una macchina da morte dalla forza distruttrice.
Movenze e brutalità sono quelle giuste, accompagnate da un look (nuovamente differente dai precedenti) che si rivela azzeccato, contraddistinto da una pelle scura, violacea, un giaccone logoro, guanti neri, maschera vissuta (che durante la visione si arricchisce dei graffi di Freddy), machete arrogante e andiamo a comandare.
Prestazione in cui torna utile la sua esperienza in fatto di stunt, con Yu e la produzione che gli chiedevano di limitarsi per evitare infortuni (e beghe legali), come in una delle scene ambientate nell’ospedale psichiatrico quando una scintilla fa prendere fuoco il suo costume e vent’anni di esperienza gli hanno permesso di mantenere una calma olimpica al contrario dei membri della crew accorsi per spegnerlo con l’estintore.
Secondo Kirzinger, la cosa più difficile che ha dovuto affrontare è stato affondare nel lago, scena che Ronny Yu ha girato in una vasca ad alto contenuto di cloro e colma di detriti che la facevano sembrare acqua di Crystal Lake; il regista aveva bisogno di un primo piano dell’occhio sinistro e che quindi Ken affondasse nell’acqua tenendolo aperto, senza considerare le difficoltà di una respirazione che non doveva essere visibile, motivo per cui Kirzinger si è sdraiato lasciandosi sprofondare fino al fondo della vasca senza respirare, tenendo l’occhio sinistro aperto e trattenendo davvero il fiato mentre il cloro nell’acqua gli procurava forte bruciore agli occhi.
A dirla tutta, sono addirittura tre gli interpreti di Jason nel crossover in questione. Il secondo è Glenn Ennis che fa da controfigura a Ken Kirzinger, per lui non solo il lavoro sporco ma anche l’onore (e l’onere, vista la sua realizzazione) di comparire sullo schermo in una delle sequenze migliori del film, mi riferisco alla mattanza del campo di grano quando Jason percorre il campo avvolto dalle fiamme, lasciando dietro di sé una scia di fuoco in un momento di una bellezza inenarrabile che si posiziona di diritto nel best of del caro vecchio Voorhees.
Sequenza delicata e pericolosa, più di 20 metri percorsi tra le fiamme (ed alla cieca, guidato da un’auricolare) che evidenzia il coraggio e la dedizione di Ennis e della figura dello stuntman in generale – mai troppo apprezzato e riconosciuto, per dire io sono tra quelli che istituirebbe un Oscar per la categoria. Il making of della scena è presente tra gli extra corposi di un’edizione home video che a distanza di anni sotto il profilo dei contenuti si dimostra più ricca e curata di roba che esce adesso.
Il terzo Jason compare nell’epilogo. La scena finale ha dovuto essere girata nuovamente dopo una risposta negativa da parte del pubblico di prova, purtroppo però Ken Kirzinger non era disponibile in quel momento spingendo la produzione ad ingaggiare Douglas Tait – che inizialmente era stato considerato tra i candidati per il ruolo – per qualche giorno di riprese in gran parte trascorsi sott’acqua.
Una sequenza che ha richiesto molta preparazione. La crew si è resa conto che nel momento in cui Tait si bagnava risultava più magro di Kirzinger, ragion per cui si è reso necessario dargli volume con assorbenti e vestiti extra in modo che sembrasse grosso abbastanza.
Un peso extra che ha aumentato il livello di difficoltà, specie considerando che Ronny Yu voleva che Tait camminasse come se fosse sul terreno, dare l’impressione che potesse camminare nell’acqua senza salire in superficie; per ottenere questo effetto, Tait era aggrappato con la mano sinistra ad una corda strategicamente legata sott’acqua, in modo da tenersi a terra e potersi tirare avanti per camminare.
Douglas Tait sarà anche lo stunt double di The Shape in Halloween Kills del 2021 diventando di fatto l’unico ad aver vestito la maschera di Jason Voorhees e Michael Myers.
Il tratteggio dei personaggi (specie giovanili) è volutamente stereotipato, si colloca infatti nel discorso del voler rispettare le regole non scritte delle rispettive saghe. Il ruolo di Lori viene proposto a Christina Ricci che rifiuta per prendere parte a Monster, successivamente vengono considerate anche Brittany Murphy e Yan-Kay Crystal Lowe, per poi scegliere Monica Keena che da ragazzina aveva così paura di Freddy da portare gli insegnanti a credere che subisse abusi a casa e che in seguito ammetterà di non essere particolarmente convinta dallo script ma di aver accettato l’offerta principalmente per soldi e per aumentare la propria notorietà.
Un po’ l’opposto di Kelly Rowland che interpreta Kia (dopo aver sondato anche Bianca Lawson) e che si è sempre detta fiera di avervi preso parte – e questo ce la rende simpatica a prescindere dai gusti musicali diversi dai nostri – alla faccia di molti giornalisti che hanno provato a metterla in imbarazzo per la partecipazione a questo film.
Robert Englund era un fan di Ginger Snaps (Licatropia Evolution, horror licantropesco canadese del 2000) ed era entusiasta del casting di Katharine Isabelle che inizialmente avrebbe dovuto interpretare un personaggio (di nome Jenny) poi tagliato dal film per poi essere dirottata sul ruolo di Gibb (che ha incorporato alcune delle caratteristiche e delle battute di Jenny) per il quale era stata inizialmente ingaggiata Lauren Lee Smith ed era stata valutata Amber Benson; in alcune scene Gibb indossa un cappellino rosso in riferimento al personaggio interpretato da PJ Soles in Carrie del 1976 in un cerchio chiuso dalla stessa Isabelle che aveva preso parte al Carrie del 2002.
L’attrice in seguito si lamenterà degli scontri e dei successivi attriti con Ronny Yu che insisteva per una scena di nudo nonostante nel suo contratto fosse presente un’apposita clausola no nudity, dopo varie discussioni si scelse di utilizzare una controfigura (Tammy Morris) per le sequenze senza veli. Brad Renfro era stato scelto per interpretare Will ma è stato necessario sostituirlo ad una settimana dalle riprese quando si è presentato sul set evidentemente sotto stress a causa di quei demoni personali che ne segneranno prematuramente la vita, dopo aver preso in considerazione Ian Somerhalder (che Yu riteneva fosse eccessivamente carino) e Kerr Smith si andò su Jason Ritter che inizialmente non aveva superato il provino per la stessa parte, figlio di quel John Ritter che aveva partecipato a Bride of Chucky e che passerà a miglior vita proprio nel 2003.
Brendan Fletcher era stato ingaggiato per un altro ruolo per poi essere spostato su quello di Mark che era stato scritto inizialmente per un attore latino che abbandona il progetto prima dell’inizio della produzione; Fletcher aveva già lavorato con la Isabelle in Piccoli Brividi del 1995 e tornerà a farlo nel 2004 in occasione dei due seguiti di Ginger Snaps girati back to back (Ginger Snaps 2: Unleashed e Ginger Snaps Back: The Beginning da noi distribuiti – al contrario – rispettivamente come Lincantropia Evolution e Licantropia) oltre che in Ogre, produzione SyFy del 2008, e in Rampage nel 2009.
Nel cast Brent Chapman e Kyle Labine che erano apparsi in Halloween Resurrection del 2002, cosa che li rende gli unici attori ad essere apparsi in film di Jason, Freddy e Michael, tra l’altro Chapman può vantare di essere stato decapitato in entrambi i casi e sempre off-screen. Tra le comparse anche una giovane Evangeline Lilly, presente tra la folla a scuola.
Lisa Wilcox avrebbe potuto riprendere il ruolo di Alice Johnson presente in Nightmare 4 e 5 ma la trattativa è naufragata, stesso destino di Betsy Palmer che viene contattata per riprendere quello di Pamela Voorhees, con l’attrice che rifiuta (per l’ennesima volta) di tornare in quanto riteneva che la parte fosse troppo breve. Cameo di Robert Shaye (il preside della scuola) accreditato come L.E. Moko, terza volta in un film di Freddy dopo le apparizioni in Nightmare 4 e 6, sua anche l’idea dell’occhiolino finale.
Freddy vs. Jason viene girato in 53 giorni di riprese, sfruttando un budget da 25/30 milioni di dollari, il più alto per il franchise di Venerdì 13. Così come il budget pubblicitario per questo film ha superato quello dei dieci capitoli precedenti messi insieme. Tra le tante iniziative promozionali si segnala la conferenza di presentazione al Bally’s Casino impostata come quella di un incontro di boxe, alla presenza di Englund e Kirzinger nel trucco e nei panni dei rispettivi personaggi.
Ed anche la prima mondiale schedulata dalla New Line il 13 agosto 2003 presso la Alamo Drafthouse di Austin (Texas), evento organizzato come un campo estivo anni ‘70/80 terminato con la proiezione all’aperto del film. Ottima campagna marketing con qualche neo, tipo includere una versione del poster in cui Freddy indossa il guanto artigliato sulla mano sbagliata. In Italia arriva ad ottobre dello stesso anno. Alla fine della corsa saranno quasi 117 milioni di incasso.
Numeri e seguito tali da dare adito all’idea di un sequel di cui si è mormorato per anni prima di finire – anche lui e stavolta definitivamente – nel development hell. Tra le varie idee per un potenziale seguito c’era quella di coinvolgere Ash Williams (dando seguito in qualche modo ad oggetti come il necronomicon ed il pugnale kandarian presenti in Jason va all’Inferno), spunto che sarà poi sviluppato in un fumetto della Wildstorm tra il 2007 ed il 2008. Altri rumour parlavano di Michael Myers o Pinhead, tutte strade non semplici da percorrere a causa dei diritti appartenenti a studi differenti.
Un sequel che chiaramente avrei visto molto volentieri. Ma anche nuovi stand alone andrebbero benissimo. Jason, ad esempio, ormai manca sullo schermo dal 2009. Noi fan ne sentiamo la mancanza. Anche per poter celebrare altri venerdì 13 tornando a Crystal Lake.
Se siete curiosi di leggere la sceneggiatura originale di Damian Shannon & Mark J. Swift, la trovate al link.
Di seguito una scena di Freddy vs. Jason:
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