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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Friday the 13th Part VII: The New Blood , uscita: 13-05-1988. Budget: $2,800,000. Regista: John Carl Buechler.

Dossier Venerdì 13 parte VII e VIII: Jason Voorhees alle prese con le variazioni sul tema

13/10/2023 recensione film di Francesco Chello

Tra il 1988 ed il 1989 escono Il Sangue Scorre di Nuovo ed Incubo a Manhattan. La saga prova a rinfrescare la formula con qualche elemento novità per due capitoli magari imperfetti ma divertenti, capaci di gettare nuova legna nel fuoco di un’icona come il boogeyman di Crystal Lake che per l’occasione trova in Kane Hodder il suo interprete più noto

Jason Il sangue scorre di nuovo film venerdì 13

L’ho detto altre volte, per un fan dell’horror la data di oggi non può essere una data qualunque. E chiaramente non mi riferisco ad una ricorrenza, quanto proprio alla giornata calendariale. Quella di oggi, ovvero il sempre suggestivo venerdì 13, il secondo di questo 2023 a distanza di dieci mesi dal precedente che aveva inaugurato l’anno nel segno di Crystal Lake. Già, perché è inevitabile associare la giornata alle gesta di Jason Voorhees. Da queste parti, poi, è ormai tradizione.

Lo so perché dal 2019 ho avuto l’onore di celebrare il venerdì 13… parlandovi di uno o più Venerdì 13! Avevamo iniziato dall’ultimo capitolo, il reboot del 2009 in occasione del suo decennale (la recensione), passando poi per il quarantennale del capostipite (l’approfondimento). Nel 2022 vi avevo raccontato dei capitoli II e III e della genesi del mito di Jason e dell’iconica maschera (il dossier), mentre a gennaio di quest’anno era stata la volta del ciclo di Tommy Jarvis attraverso lo specialone su parte IV, V e VI (il dossier).

Le tradizioni sono fatte per essere portate avanti, non potevo quindi esimermi dall’onorare questo venerdì 13 ottobre 2023 parlandovi di altri due capitoli della saga. Mi riferisco naturalmente a Il Sangue Scorre di Nuovo e Incubo a Manhattan, vale a dire parte VII e VIII. Anche stavolta ho voluto dare un senso all’abbinamento. Che non è quello di avere entrambi un trailer narrato dalla voce di Percy Rodriguez (curiosità vera, tra l’altro).

Dopo un ciclo intenso come quello di Tommy Jarvis, il franchise prova a cercare la variazione su quello che fondamentalmente resta il tema di sempre. Ed è l’ultima volta che succede, visto che nono e decimo episodio possono essere considerati esperimenti più o meno folli che si distaccano in qualche modo da tutto quello che avevamo visto in precedenza – ma di questo parleremo nel prossimo dossier, non appena il calendario ci fornirà una nuova occasione – prima di lasciare il campo ad un crossover ed un reboot.

Insomma, settimo e ottavo sono gli ultimi due capitoli a presentare un determinato tipo di contesto e di struttura, e sono accomunati dal fatto di volerci inserire ognuno un proprio elemento novità, nel primo caso un ulteriore (e più marcato) tocco sovrannaturale, nel secondo uno cambio d’ambientazione in qualche modo storico.

Il sangue scorre di nuovo film poster venerdì 13Non solo, sono anche gli ultimi due ad essere realizzati sotto l’ala della Paramount prima del passaggio dei diritti a New Line, salvo poi tornare a bordo in occasione del suddetto restart del 2009 prodotto (prevalentemente) dalla Platinum Dunes di Michael Bay.

Due capitoli che – ve lo dico subito se non volete leggere il resto che tanto se siete arrivati qui avete ci avete già concesso il click – potranno anche essere considerati minori se paragonati ad altri notoriamente ed oggettivamente più riusciti, ma tutto sommato riescono a trovare una loro dignità, portano avanti la saga in maniera onesta, rispettosa della fanbase, episodi piacevolmente divertenti (parte VIII probabilmente la migliore del dittico) che gettano nuova legna nel fuoco di un mito come Jason Voorhees. Voglio dire, se siete fan del killer con la maschera da hockey come lo sono io, dovrebbe già bastare.

Passettino indietro per contestualizzare, Venerdì 13 parte VI: Jason Vive non era stato un successo clamoroso come ad esempio alcuni dei suoi predecessori, a mio parere un risultato immeritato per uno dei miei capitoli preferiti in assoluto. Il film diretto da Tom McLoughlin era stato persino il primo della serie a non superare il tetto dei 20 milioni di dollari al boxoffice fermandosi a poco più di 19. Che non saranno tanti, ma in relazione ad un budget di appena 3 milioni sono sembrati comunque un buon motivo per non pensare di fermarsi. Per la gioia di noi fan, aggiungerei.

Considerati gli incassi in fase calante, la Paramount si mette alla ricerca di un’idea che potesse risollevare le sorti finanziarie del brand. In un momento storico in cui i sequel di un franchise in qualche modo ‘rivale’ come quello di A Nightmare on Elm Street portavano a casa quasi il doppio al botteghino. L’idea in questione, per certi versi apprezzabilmente audace, era quella di un crossover evento che facesse incontrare due icone del calibro di Jason Voorhees e Freddy Krueger.

Ecco così che arriva la proposta di Paramount alla rivale New Line, vale a dire produrre un film insieme con i primi che avrebbero mantenuto la distribuzione domestica ed i secondi a beneficiare di quella internazionale. Proposta che stuzzica la New Line senza però convincerla, complice anche il fatto che la Paramount probabilmente puntava a mantenere un certo controllo produttivo a dispetto di una property come quella di Elm Street la cui forza commerciale del periodo equivaleva ad una posizione di forza all’interno di una trattativa che finisce inevitabilmente per naufragare, con la New Line che qualche anno dopo si toglierà lo sfizio di beffare il competitor rilevando i diritti di Venerdì 13 in modo da poter produrre in proprio sia un paio di stand alone che il tanto atteso crossover che vede la luce soltanto nel 2003.

La Paramount incassa il colpo ma non demorde, con un soggetto già abbozzato bisognava ingegnarsi per trovare qualcuno da (rim)piazzare come avversario di Jason. La resurrezione e conseguente immortalità di Parte VI avevano certificato lo swap della serie nello slasher soprannaturale.

Un campo che apriva il ventaglio di soluzioni e personaggi abbattendo limiti di realismo e verosimiglianza. Logiche che portano allo spunto che sta alla base del settimo capitolo, imbastire una specie di Jason vs Carrie attraverso l’inserimento di Tina, una ragazza dai poteri telecinetici che potesse (provare a) contrastare il massacratore di Crystal Lake.

Il sangue scorre di nuovo film venerdì 13 (2)Aprendo, in maniera timidamente collaterale, uno sguardo critico sui medici privi di etica ed inclini a sfruttare i propri pazienti come fenomeni da baraccone su cui costruire le proprie fortune. La produttrice esordiente Barbara Bachs aveva ambizioni farneticanti, voleva realizzare un capitolo raffinato, il più prestigioso mai realizzato, magari puntando all’Oscar e – leggere per credere – chiedendo a Federico Fellini di dirigerlo. Poi qualcuno deve averle messo la camicia di forza.

Venerdì 13 parte VII: Il Sangue Scorre di Nuovo viene realizzato in tempi relativamente brevi. La Paramount spende la prima parte del 1987 nei suddetti negoziati (poi falliti con New Line), a giugno assume Daryl Haney per una bozza di sceneggiatura che viene cestinata in autunno (che prendeva in prestito alcuni elementi da Jaws / Lo Squalo, raccontando di alcuni imprenditori intenzionati a costruire condomìni a Crystal Lake ignorando i fatti di sangue) quando Haney viene licenziato a produzione in corso dopo che il suo agente aveva chiesto un aumento immotivato a Frank Mancuso Jr., e lo script viene ultimato da un autore sconosciuto che viene accreditato come Manuel Fidello.

A novembre viene scelto John Carl Buechler alla regia con la pre-produzione che inizia realmente a dicembre per una release prevista a maggio. L’intera fase produttiva viene realizzata in circa sette mesi (di cui cinque ufficiali), con le riprese che si sono svolte prevalentemente nella contea di Baldwin e nella vicina Mobile, entrambe in Alabama.

Friday the 13th part VII: The New Blood si apre nostalgicamente sulla voce narrante di un non accreditato Walt Gorney, che ricorderete interprete di quel Crazy Ralph presente nei primi due capitoli della saga, qui al suo ultimo lavoro prima del pensionamento. Un breve recap, tre minuti di materiale di repertorio, spezzoni presi da alcuni dei film precedenti (ultimo della serie a ricorrere a questa pratica) utili a mettere in chiaro cosa fosse capace di fare il nostro amico Jason, nello specifico spezzoni tratti da L’Assassino ti Siede Accanto, Capitolo Finale e Jason Vive oltre alla sequenza che vede uno zoom con dolly cam sul cimitero in una notte piovosa ed un fulmine che fa esplodere la lapide del buon Voorhees presa direttamente dal trailer di Parte VI.

Un modo per ricordarci anche che il suo corpo giace incatenato ad un masso in fondo alle acque di Crystal Lake, unico particolare che collega gli eventi precedenti ad una storia nuova al pari dei personaggi introdotti. D’altronde il sottotitolo ‘The New Blood’ stava proprio a indicare l’inizio di un potenziale miniciclo che in caso di successo avrebbe dovuto avere Tina come personaggio ricorrente, sottotitolo che nella versione italiana diventa ‘Il Sangue Scorre di Nuovo’ assumendo tutt’altro significato.

Il sangue scorre di nuovo film venerdì 13Jason Voorhees in fondo al lago riporta quindi al finale del predecessore, creando una coerenza temporale che viene però subito minacciata da una gestione anagrafica un po’ superficiale. Il prologo ci mostra Tina bambina, lasciando presumere che la cosa si svolga poco dopo il sesto capitolo; successivamente viene mostrata una Tina ventenne che dovrebbe comportare uno spostamento temporale di almeno dieci anni, quando invece il contesto estetico/ambientale resta palesemente quello degli anni ’80.

Peccatuccio, comunque sia, veniale per una saga che in passato non si è preoccupata di particolari più rilevanti come cambiare il look di Jason da un capitolo all’altro. A farci sentire l’aria di casa, l’immancabile maltempo serale e il gatto che veicola il falso jumpscare, le apparizioni repentine di Jason in seguito a spostamenti logisticamente improbabili (e sistematicamente senza che nessuno lo veda arrivare), oltre ai consueti pruriti arrapaticci che trovano il proprio apice nel momento in cui tre coppie copulano in stanze diverse ma contemporaneamente; citazione a caso per Terminator attraverso un ‘I’ll be back’ pronunciato con un accento che scimmiotta Schwarzenegger da un personaggio secondario.

La carriera di John Carl Buechler parla di un importante background nel campo degli special effects, senza disdegnare la regia che tra le esperienze precedenti a Venerdì 13 vedeva la presenza del divertente Troll del 1986. Lui che con la data aveva un legame personale, visto che venerdì 13 ottobre del 1978 era andato al primo appuntamento con sua moglie.

Tutto sommato la sua su parte VII è una buona prova, 88 minuti compatti e scorrevoli, cercando di sottolineare i punti di forza di una sceneggiatura scricchiolante, vedi spettacolare scontro finale in più fasi (che include incendio ed esplosione roboante, oltre ad una resurrezione tanto sorprendente quanto delirante), con Tina che controlla natura ed oggetti utilizzandoli per combattere Jason (dalle radici, alla pozzanghera, ai chiodi o ai cavi elettrici), trovando il tempo per ritagliarsi un cameo attoriale alla fine nei panni del pompiere che raccoglie quel che resta della maschera da hockey.

E, soprattutto, capisce che deve valorizzare il suo boogeyman come se fosse l’eroe del film – e tra poco ci arrivo. Molti indicano la mancanza di sangue e violenza come uno dei difetti principali di Venerdì 13 parte VII: Il Sangue Scorre di Nuovo. Che non è totalmente falso. La prima uccisione arriva a cavallo tra i minuti 18 e 19, neanche prestissimo se si considera l’economia di questo tipo di slasher.

Il sangue scorre di nuovo film venerdì 13 (4)Ma conoscendo i retroscena post produttivi si può concedere più di un attenuante al regista e al risultato finale, al punto da assolvere entrambi. Nel corso degli anni, Buechler si è lamentato più volte pubblicamente del trattamento ricevuto dall’MPAA in termini di censura, attraverso molteplici richieste di modifiche al fine di evitare un rating X che hanno portato il film ad essere presentato nove volte davanti alla commissione per poter ottenere un Rated R a quel punto sovrastimato considerato che si tratta del capitolo probabilmente più maltrattato dai tagli imposti dalla censura con i fan che, non a caso, lo soprannomineranno Friday the 13th: The No Blood.

Purtroppo le speranze di vedere una versione uncut e completa sono svanite nel momento in cui la Paramount ha dichiarato di aver cestinato parte del girato residuo, esiste giusto qualche rimanenza dei tagli o di scene eliminate ma in versione troppo grezza da poter essere inserita in un nuovo cut del film.

Il bodycount comunque si difende bene con 16 vittime all’attivo, con qualcuno che allude ad una diciassettesima includendo un pescatore annegato da Jason. Tutte le morti avvengono in notturna, il repertorio include colpi di picchetto alla gola, un coltello da macellaio (la seconda volta della saga), pugni che sfondano il torace passando dalla schiena, machetate in faccia o alla gola, colpi di falce, un cranio schiacciato, una trombetta in un occhio, corpi legati o inchiodati, teste lasciate come souvenir, un fantasioso utilizzo di attrezzi da giardino come un decespugliatore con lama circolare, senza dimenticare la celebre uccisione della tizia nel sacco a pelo sbattuta contro l’albero.

Certo, il rammarico aumenta quando si scopre che la censura si è portata via una serie di dettagli truculenti da ogni singola uccisione girata originariamente in maniera splatterosa per poi finire sullo schermo a malapena monca e per pochi secondi.

Ma veniamo al pregio principale di Venerdì 13 parte VII. Il suo (vero) protagonista. Quel Jason Voorhees che si presenta in una delle versioni migliori di sempre sia per look che per interpretazione. Merito di Johnn Carl Buechler, per entrambe le questioni. L’aspetto del nostro boogeyman è chiaramente studiato per bene, e qui viene fuori il background principale del regista.

Jason ha trascorso una decina d’anni sott’acqua, ne viene fuori in una condizione marcia, logora, putrefatta. Una sorta di profilo zombesco. Cassa toracica ed altre ossa in vista, residuo di catena, vestiti a brandelli. Per non parlare dell’azzeccatissimo volto senza maschera per il capitolo che mostra Jason unmasked per più tempo in assoluto; colorito quasi marrone come fosse carne andata a male, non ha più il naso, ha le labbra corrose, denti sporgenti, frammenti di cranio visibili, l’occhio giallastro.

Il sangue scorre di nuovo film venerdì 13 (3)Che se vi esalta come giusto che sia, segnalo la bellissima action figure della Neca della serie Cult Classics (ora fuori catalogo, poi riproposta in scala inferiore in ultimate edition), una delle mie preferite di sempre tra quelle presenti nella mia collezione. La maschera viene realizzata partendo dallo stesso stampo di Weekend di Terrore a cui vengono apportate diverse modifiche, come i danni procurati dall’ascia o dalle pale dell’elica, o il taglio dei bordi per renderla più piccola e mostrare maggiormente la testa (truccata) di Kane Hodder.

Maschera e costume che oggi sono custoditi dal Friday the 13th Props Museum di proprietà di Mario Kirner. Una mise del genere necessita di un’interprete all’altezza. E qui, in qualche modo, si scrive un’altra pagina di storia del franchise. Il Sangue Scorre di Nuovo è la prima volta di Kane Hodder (stuntman di lunga data e, all’occorrenza, attore) nei panni di Jason Voorhees, il primo e l’unico a cui viene offerta l’opportunità di riprendere il ruolo in più film, saranno quattro in totale con Incubo a Manhattan, Jason va all’Inferno e Jason X.

Ancora oggi, quello di Hodder è il nome a cui molti fan pensano quando si parla di Jason, nonostante sia entrato nella saga soltanto dal settimo episodio. C.J. Graham aveva fatto un ottimo lavoro in Jason Vive e sarebbe stato riconfermato nel nuovo sequel – io stesso ho sempre apprezzato molto la sua performance e non mi sarebbe dispiaciuto vederlo ancora all’opera, il mancato ingaggio (appreso con grande rammarico dall’attore) non è dipeso da motivazioni imputabili a lui quanto al rapporto tra John Carl Buechler e Hodder; i due avevano lavorato insieme sul set di Prison, di cui Buechler ha curato gli special effects e nel quale Hodder ha recitato (dopo averla suggerito in prima persona) in una sequenza con dei vermi vivi che gli fuoriuscivano dalla bocca, una dedizione che ha colpito il regista al punto da insistere tantissimo con la Paramount (che, appunto, voleva riconfermare Graham) riuscendo a spuntarla.

Il buon Kane ripaga la fiducia, fa valere ogni grammo della sua forte presenza, sfonda porte e pareti, scaraventa persone manco fossero cuscini, ma non solo, è perfetto nel body language, a partire dal respiro marcato che diventa suo marchio di fabbrica, non sbatte mai la palpebra dell’unico occhio visibile in scena (e non lo farà mai in nessuno dei capitoli successivi).

Senza contare gli stunt realizzati in prima persona (lui che del film era anche stunt coordinator), con una nota di merito per la folle sequenza dell’incendio in cui Hodder in cui accetta di prendere realmente fuoco e girare almeno quaranta secondi tra le fiamme, un record al tempo che gli costerà ustioni sul collo, sulle mani e sul petto. Menzione per le impegnative condizioni di lavoro, tanto sudore nel make-up in latex che poi doveva essere riutilizzato, con la crew che scherzosamente lo soprannomina stinky Voorhees.

La prima bozza dello script era intitolata Friday the 13th part VII: Jason’s Destroyer. Il finto working title Birthday Bash trae in inganno alcune attrici come Kerry Noonan, che aveva già partecipato a Parte VI e che nel momento in cui ha capito che si trattava di un provino per un nuovo Venerdì 13 si è trovata costretta a dirlo al regista che per questo ha dovuto scegliere di non ingaggiarla.

Storia analoga a quella di Marta Kober a cui fu offerto un ruolo senza sapere che aveva interpretato Sandra in L’Assassino ti Siede Accanto, motivo per cui venne poi sostituita. John Carl Buechler aveva intenzione di affidare il ruolo di Tina a Paula Irvine, all’epoca 19enne e quindi aderente anagraficamente al ruolo; la Irvine però nel frattempo viene ingaggiata per interpretare Liz in Phantasm II, spingendo il casting ad andare sulla ventiseienne Lara Park-Lincoln che cambia pettinatura più volte prima di convincere l’executive producer Frank Mancuso Jr., per le riprese viene truccata in modo da sembrare più giovane, scelta anche per una vaga somiglianza con Sissy Spacek, celebre protagonista di Carrie a cui in qualche modo ci si ispirava per il personaggio di Tina.

Il sangue scorre di nuovo film venerdì 13 (5)Park-Lincoln che esegue da sola alcuni dei suoi stunt e che sul set non aveva molto feeling con Kevin Spirtas interprete di Nick, suo love interest, al punto che quest’ultimo scrive una propria versione di uno script per un potenziale ottavo capitolo in cui si scopre che gli eventi precedenti erano solo un sogno e che Nick aveva in realtà ucciso Tina, i due legheranno in età matura dopo essersi rincontrati ad una convention e diventati grandi amici.

E riprenderanno i rispettivi ruoli di Tina e Nick (insieme a Terri Kiser, che ‘resuscita’ il suo Dr. Crews) nel 2009 in occasione del fan film Rose Blood (dedicato alla memoria di Buechler) – sì, ho visto anche quello, apprezzabile il fatto che tenti di ricollegarsi a un capitolo come The New Blood solitamente ignorato da altri fan film, incostante però nel risultato con due atti deprimenti (Jason compare solo dopo un’ora e cinque minuti, un autogol clamoroso) che deve fare media con una mezzora finale col botto che include mattanza e una sorpresa che non posso svelare (un crossover totalmente inaspettato) che potevano valere un cortometraggio di tutto rispetto anziché un lungo così così.

William Butler è Michael, il fortunatissimo festeggiato che riceverà la morte violenta come regalo di compleanno, un modo per aggiungere un’altra tacca al suo curriculum di personaggi assassinati – moriva, ad esempio, anche in Leatherface o La Notte dei Morti Viventi (entrambi del 1990). Susan Jennifer Sullivan ottiene il ruolo di Melissa senza sapere che il provino fosse per un film horror, nel documentario Crystal Lake Memories del 2012 viene data per morta nel 2009, ma si era trattato di uno scambio di persona con l’attrice che invece vive ancora nella California del sud.

Cast e crew lavorano in armonia, si racconta di feste selvagge tra una ripresa e l’altra. Lo score musicale viene attribuito ufficialmente ad Harry Manfredini e Fred Mullin, in realtà gran parte della colonna sonora viene riciclata dal lavoro di Manfredini sui capitoli precedenti mentre Mullin ha composto le partiture restanti.

Il 1988 sembra essere un’annata magica per i fan dell’horror e dei franchise rappresentativi del decennio. Oltre a Il Sangue Scorre di nuovo, escono Nightmare 4: Il Non Risveglio, Halloween 4: Il Ritorno di Michael Myers, Hellbound: Hellraiser 2, Phantasm 2 oltre all’esordio di Chucky in Child’s Play / La Bambola Assassina. Immaginate se succedesse ora, impazziremmo di hype.

Friday the 13th Part VII: The New Blood esordisce nelle sale americane venerdì 13 maggio 1988. La corsa al boxoffice si assesta su un risultato simile al predecessore: poco più di 19 milioni di dollari a fronte di un budget da 2.8 milioni. Nel 1989 è stato il primo film della Paramount a debuttare via cavo a pagamento su HBO e Cinemax negli Stati Uniti. Insomma, numeri ancora una volta non eccezionali ma costanti e commercialmente accettabili. E allora, perché fermarsi?

Venerdì 13 Parte VIII - Incubo a Manhattan (1989) posterJohn Carl Buechler inizia a pensare a un nuovo capitolo incentrato su Tina che esce dal manicomio per fronteggiare nuovamente Jason, Lara Park-Lincoln aveva già chiesto un aumento (non visto di buon occhio) per tornare nel ruolo. La Paramount, però, era di tutt’altro avviso, nel momento in cui decide di non proseguire quella storyline ma di cercare nuovamente una storia senza legami con la precedente, che proponesse un altro fattore novità da piazzare intorno alla presenza di Jason Voorhees, che resta l’unico elemento in continuity.

Per fare questo si sceglie di concedere una chance a Rob Hedden, ex dipendente Universal che aveva al suo attivo qualche esperienza sul piccolo schermo tra film e serie tv, già testato dalla Paramount sulla serie tv di Venerdì 13 (scrive 4 episodi e ne dirige 2) prima di avere la possibilità di esordire alla regia ed alla sceneggiatura di un lungometraggio cinematografico.

Hedden inizia a ragionare su quale possa essere quella novità, torna anche lui sull’idea del crossover con Freddy ma deve scartarla praticamente subito visto che la New Line continua a non volerne sapere di una produzione congiunta. A quel punto pensa all’ambientazione, ritenendo fosse arrivato il momento di lasciare quello ‘stupido’ (le sue testuali parole) Crystal Lake.

Magari per ritrovarsi in una metropoli come New York – mostrata principalmente nel suo degrado anche sociale, seconda gita fuori porta in assoluto per Jason che prima di allora aveva lasciato Crystal Lake soltanto in L’Assassinio ti Siede Accanto quando aveva raggiunto la casa di Alice per ucciderla a domicilio. Con una semplice mossa aveva trovato lo spunto alla base di Friday the 13th part VIII: Jason Takes Manhattan.

E pazienza se per farlo si deve ricorrere ad ingombranti incongruenze geografiche, considerando che si era sempre parlato di un laghetto sperduto e circoscritto senza fare riferimento alcuno a chissà qualche corso d’acqua capace di ospitare una nave da crociera e di permetterle di raggiungere l’Oceano Atlantico.

Poco male dico io, ci prendiamo volentieri la bizzarra licenza geografica, se serve a rinfrescare un po’ la formula per un capitolo nel complesso assolutamente spassoso, che non sarà il migliore ma per diverse ragioni nei sondaggi risulta spesso uno di quelli a cui i fan sono più affezionati.

In fase embrionale, Rob Hedden butta giù due concept, uno che vedeva la storia ambientata su una nave da crociera – una sorta di Alien in salsa slasher, e l’altro a New York con Jason che avrebbe lasciato la sua scia di sangue in posti iconicamente riconoscibili come Brooklyn, Empire State Building, Madison Square Garden o la statua della libertà.

Alla Paramount i concept piacciono entrambi al punto da chiedere di combinarli. Anche se poi il budget riduce di parecchio la quota New York a cui viene riservata l’ultima mezzora, perlopiù vissuta tra molo, metro e vicoletti loschi ricostruiti però a Vancouver, con le riprese nella Grande Mela che si riducono a soli due giorni necessari a girare la scena di Times Square.

A conti fatti, Jason Takes Manhattan è un titolo un po’ fuorviante per un film che i fan chiamano simpaticamente Jason Takes Vancouver. Appassionati che, dicevo, conservano un buon ricordo a dispetto di quello che ne pensa lo stesso Hedden, che negli anni è arrivato persino a chiedere scusa alla fanbase ed a rinnegare il prodotto finito, differente da come lo aveva concepito.

Venerdì 13 Parte VIII - Incubo a Manhattan (1989)La sua intenzione era quella di una trama che sottolineasse e utilizzasse maggiormente la figura di Jason alla stregua di un entità spirituale sovrannaturale, vedi tutto il discorso delle visioni oniriche e del Jason bambino che, a dirla tutta, risultano il particolare più incerto dello script, specie in un finale che riporta tutto al principio, e che da un lato trova una sua coerenza metaforica ma dall’altro pecca di plausibile fattibilità anche in un contesto irrazionalmente sovrannaturale come quello in cui si è spostata la saga da ormai tre capitoli.

Come se non bastassero le frustrazioni, Rob Hedden si ritrova costretto ad effettuare diversi tagli per ridurre un’ambiziosa durata iniziale di due ore per arrivare ai quasi 100 minuti che ne fanno comunque il capitolo più lungo della saga.

La storia di Venerdì 13 parte VIII: Incubo a Manhattan si svolge un anno dopo quella del capitolo precedente, all’inizio vediamo Jason in fondo al lago tra le macerie del pontile su cui aveva dovuto soccombere alla fine de Il Sangue Scorre di Nuovo, da cui risorge grazie ad una forte scarica elettrica.

In un dialogo del film si dice che Jason sia annegato trent’anni prima, collocando la vicenda intorno alla fine degli anni ’80 come l’effettiva data di uscita del film, peccato che svolgendosi circa un anno dopo parte VII dovremmo come minimo aver superato la metà degli anni ’90.

Le nuove location risultano espediente semplice, ma efficace nel fare da variazione sul tema. Il leitmotiv resta il death show portato in scena da Jason che, prima sulla nave e poi tra i vicoli di New York, può seminare cadaveri abbattendoli in maniera fantasiosa. Il bodycount parla di 20 vittime accertate, non rientrano nel conteggio ufficiale alcuni studenti e membri dell’equipaggio che dovrebbero essere annegati a causa del vecchio Voorhees.

La prima uccisione arriva quasi subito e riguarda un tizio trapassato da un fucile subacqueo, citazione di Weekend di Terrore in cui Jason utilizzava la stessa arma (anche se qui non spara il colpo, ma la utilizza come oggetto contundente) dopo aver trovato la maschera da hockey, avvenimento che si ripete nella scena in questione con il ritrovamento di una nuova maschera che deve rimpiazzare quella andata distrutta alla fine del settimo episodio.

Il campionario poi include roba come arpionate di vario tipo, chitarrate in faccia, teste spaccate in più modi, un petto sfondato da una pietra lavica bollente durante una sauna, squarci nella carne a colpi di frammenti di specchio, gole tagliate, strangolamenti a mano e con cavetteria, accettate alla schiena, vittime scaraventate in ogni dove, colpi di chiave inglese, pugnalate a colpi di siringa, gente infilzata sui pali, uno spettacolare pugno con decapitazione.

Se la morte viene presa sul serio, non mancano un paio di indovinati momenti ironici che nel tempo sono rientrati tra le scene più citate del film, come quando Jason resta perplesso di fronte al cartellone sull’hockey, oppure quando a Times Square calcia lo stereo di alcuni punk (uno di loro è interpretato da Daryl Kahan, cantante della band hardcore Citizens Arrest) scatenandone l’ira poi trasformata in strizza nel momento in cui si mostra a volto scoperto per dissuaderli.

Venerdì 13 Parte VIII - Incubo a Manhattan (1990)Jason resta la star come è giusto che sia, una cosa che sembrerebbe scontata ma che non è detto che lo sia (ogni riferimento all’ignobile Halloween Ends di quell’infame di David Gordon Green NON è casuale) e che per questo apprezzo ogni volta che avviene.

Ennesimo cambio di look per una saga che non vuole proprio saperne di mantenere una linea fedele sull’argomento; la tonalità degli indumenti passa dal verde al blu, così come la carnagione dal marrone ad un pallidissimo (e niente male) bianco semi violaceo, con meno ossa in vista mentre si scorgono (specie sulla nuca) meritevoli dettagli di putrefazione.

Mormorio sulla continuità a parte, il nuovo outfit sa comunque farsi apprezzare ed ha il suo perché, con un tocco di costante viscidume di un corpo che non riesce a smaltire l’umido putridume del tempo trascorso sul fondo del lago. Unico neo la versione unmasked, non molto convincente in determinati dettagli come l’occhio malandato evidentemente posticcio e plasticoso, ed a sensazione direi che lo sapevano anche loro considerando il minutaggio limitatissimo in cui Jason appare a volto scoperto.

Per il ruolo del boogeyman di Crystal Lake, la Paramount aveva sondato il mercato canadese individuando lo stuntman Ken Kirzinger. Kane Hodder convinse con determinazione lo studio a riscritturarlo, scoprendo con sorpresa che non era stato contattato in quanto pensavano che non fosse interessato a riprendere il ruolo.

Con la conferma di Hodder, Kirzinger venne comunque assunto per fargli da controfigura in alcune scene, oltre che avere una particina nei panni dell’uomo che viene scaraventato sulla parete/specchio del diner. Ma, si sa, i casi della vita sanno offrire giri particolarissimi, come quello riservato a Ken Kirzinger che avrà la possibilità di interpretare (e bene) Jason Voorhees in Freddy vs Jason del 2003, con disappunto di Hodder che ancora oggi non ha mandato giù l’aver dovuto dire addio al personaggio che ha contraddistinto la sua carriera (per una questione di altezza, visto che la produzione cercava un attore ancora più grosso per sottolineare la differenza di stazza con Robert Englund / Freddy Krueger) alla vigilia di un crossover/evento che nel bene o nel male sarebbe stato ricordato negli anni a venire.

Incubo a Manhattan conferma l’ottimo lavoro di Kane Hodder sul personaggio, l’impegno fisico ma anche interpretativo per portarlo in scena. Hodder che vomita più volte dopo aver dovuto ingerire diverse brocche d’acqua per girare la scena finale, si rifiuta di girare una scena (poi cancellata) presente nel primo draft dello script in cui Jason doveva prendere a calci un cane, si presenta in costume per promuovere il film allo show di Arsenio Hall senza uscire dal personaggio e senza pronunciare una sola parola.

Il ruolo di Rennie va a Jensen Daggett, la più giovane interprete femminile del franchise; Rob Hedden le chiede più volte di realizzare una sequenza di nudo (ricevendo un rifiuto) in quanto voleva sfatare il mito della final girl sempre casta al contrario di chi si mostra nuda facendo puntualmente una brutta fine.

Una parte che era stata offerta a Lisa Wilcox (che declina) e per la quale avevano sostenuto il provino anche Dedee Pfeiffer (sorella della più famosa Michelle), Pamela Anderson ed Elizabeth Berkley. L’attore bambino aveva problemi con le scene subacquee per le quali viene rimpiazzato dal figlio del montatore casualmente in visita sul set quel giorno.

Barbara Bingham è Coleen Van Deusen che prende il nome dal Van Deusen Lodge, la capanna in cui Alice e Pamela Voorhees avevano avuto il primo incontro nel film del 1980, mentre Peter Mark Richman offre il volto al rigido professor McCulloch, una delle vittime più maltrattate per la gioia del pubblico.

Incubo a Manhattan segna il debutto cinematografico di Kelly Hu, a cui viene assegnato il primo personaggio asiatico della saga, quelli della mia generazione la ricorderanno in Italia negli spot di Philadelphia in cui interpretava la giapponese Kaori (per gli amici ‘poco poco’).

Venerdì 13 Parte VIII - Incubo a Manhattan (1991)Impegno più fisico quello di Vincent Craig Dupree nei panni di Julius, sia per i tagli alla mano procurati involontariamente nella scena della cabina telefonica che per i 59 cazzotti sferrati a Jason sul tetto prima di capitolare col colpo da k.o. più brutale di sempre. Il marinaio di Alex Diakun è una sorta di omaggio a Crazy Ralph (emblematico il suo ‘this journey is doomed’). Particina per Peggy Hedden (la cameriera del diner), sorella del regista che sceglie anche il nome del cane chiamandolo Toby come un cane che aveva avuto in passato.

Cast che si era preparato alle riprese con una maratona dei sette capitoli precedenti, come stimolo per essere all’altezza della situazione. Al pari di Kirzinger, anche il make-up artist canadese Bill Terezakis lavorerà a Freddy vs. Jason.

Il finto working title del progetto era Ashes to Ashes, con Jason che veniva rinominato Ethan per non far capire agli aspiranti attori di quale film si trattasse. In fase promozionale girava un’immagine di Jason che strappava il poster ‘I love New York’, poi rimossa in seguito alle lamentele del Comitato del Turismo della Grande Mela.

Incubo a Manhattan è uno dei tre capitoli del franchise a non avere la colonna sonora di Harry Manfredini, Fred Mollin stavolta compone da solo lo score musicale, la (sua) canzone che stava suonando J.J. prima di morire viene utilizzata anche in Dark Knight del 1992. Il film è l’ultimo della serie ad essere registrato in Ultra Stereo.

Friday the 13th part VIII esordisce nelle sale a stelle e strisce il 28 luglio del 1989, costato 5 milioni di dollari ne racimola appena 14, un risultato deludente che scoraggerà la Paramount al punto di cedere i diritti proprio a quella New Line che aveva inutilmente corteggiato per una produzione congiunta, compiendo una scelta che ancora oggi non ritengo molto sensata se non proprio scellerata.

Vabbè, io un paio di idee su come festeggiare questa particolare data ve le ho date. No, no, non fatevi prendere dall’entusiasmo omicida, non vi stavo consigliando di andarvene in giro a fare a pezzi il prossimo a colpi di machete. Ma magari (ri)gustarvi sullo schermo le imprese di qualcuno che questa cosa sa farla molto bene. Come il nostro amico Jason Voorhees, che non delude nemmeno in due capitoli che qualcuno definirebbe minori, ma che io classificherei come diversamente efficaci. Ad avercene oggi, dopo 14 (quasi 15) anni senza il re di Crystal Lake.

Di seguito trovate una clip da Incubo a Manhattan: