Paul Dano scopre tutti gli strumenti di cui ha bisogno per sopravvivere su un'isola deserta nel poliedrico cadavere di Daniel Radcliffe nella commedia più bizzarra dell'anno
Fin dalle prime immagini e dai trailer – e dalle conferme provenienti dall’ultimo Sundance, dove Swiss Army Man – Un amico multiuso è stato proiettato in anteprima – era chiaro che ci saremmo trovati davanti a un film che avrebbe puntato molto sul nuovo ‘strano’ ruolo interpretato da Daniel Radcliffe, ovvero quello di un cadavere flatulente (ma ovviamente c’è molto di più).
Il nuovo pallidissimo ed emaciato arrivato è Manny (Radcliffe), e il gas che emette dalle viscere assume nuove dimensioni quando il corpo comincia ad andare alla deriva di nuovo tra le onde, spingendolo in là. I titoli di testa scorrono trionfanti, mentre Hank monta letteralmente Manny, tirandogli giù i pantaloni e sfrecciando a tutta velocità tra le onde verso una fuga vittoriosa.
Inutile dire che non si è mai visto nella storia del cinema uno spunto simile, ma non è certo l’unica gag scandalosa che l’opera ci offre; i due registi la usano come punto di partenza per la più bizzarra buddy comedy mai realizzata. Ritrovandosi novello naufrago sperduto in una foresta, Hank trascina Manny attraverso la boscaglia, cantando motivetti inventati – la frizzante colonna sonora a cappella è stata scritta esclusivamente per il film – mentre a poco a poco realizza nuovi ingegnosi modi per utilizzare il corpo di Manny come una risorsa.
La sua inventiva alla Rube Goldberg lo porta addirittura a rimanere idratato grazie all’acqua che fluisce inspiegabilmente copiosa dalla bocca di Manny. Poi in qualche modo quello che sembrava un semplice cadavere ritorna gradualmente in vita – almeno un po’, contraendo le guance quel tanto che basta per comunicare, ma senza mostrare segni di sapere o ricordare qualcosa del mondo.
È in questo momento che Swiss Army Man prende il volo, con Hank che costruisce con rami e sterpi un villaggio di legno per educare il suo nuovo amico riguardo la civiltà, anche se lui è il primo che vorrebbe fuggire da essa. Girata in modo vibrante dal direttore della fotografia Larkin Seiple, la pellicola è un’esperienza delirante ed eccentrica, sebbene sempre controllata. La frastagliata tecnica di montaggio mantiene l’ambiguità sull’effettiva realtà degli avvenimenti che Hank sta sperimentando, che semplicemente potrebbero anche esistere soltanto entro i confini della sua mente squilibrata.
I due Daniel sembrano particolarmente intenzionati a prendere in giro satiricamente il modo in cui la cultura popolare instrada i gusti del pubblico e limita le esperienze umane.
Sia quando Hank scimmiotta gli accordi della colonna sonora di Jurassic Park di John Williams all’inizio di una delle sue canzoni che quando tenta di spiegare a Manny il significato di Netflix, i registi gettano riferimenti effimeri nella narrazione nel modo in cui Jackson Pollock scagliava vernice su una tela. Questa è più che altro pop art realizzata attraverso una slapstick grossolana, con una premessa che suggerisce qualcosa alla Cast Away che incontra Weekend con il Morto ma assume talvolta più la forma dell’idea pazzerella per una commedia fuori dagli schemi di un grande studio (o forse quella di uno scienziato pazzo …).
Non ogni stravagante ingrediente di Swiss Army Man colpisce infatti nel segno. La pagina del manuale di Michel Gondry sugli oggetti realizzati a mano è un po’ scarna, il suggerimento di una tensione omoerotica tra i due protagonisti è troppo poco sviluppata e le scene finali non hanno purtroppo la stessa spettacolare visionarietà di quelle che ci hanno portato fino a esse. Tuttavia, le reazioni istintive del pubblico che all’epoca aveva lasciato schifata la sala per effetto delle insistite flatulenze che dominano i primi minuti del film (fino a quando Hank non trova un tappo di sughero per provi rimedio …), riflettono più la tendenza ostile a reagire contro il cattivo gusto percepito che il provare a lottare davvero con il contesto della narrazione.
Difficile dire se un’opera del genere possa trovare riconoscimenti dal cinema ‘mainstream’ (nonostante tutto, in Italia non è ancora stato acquistato da alcun distributore …), ma si tratta indubbiamente di qualcosa che esiste al di fuori di quel continuum legato all’hype del momento, in cui i distributori cercano un prodotto con la possibilità di raggiungere un pubblico più ampio possibile, dove esiste un potenziale diverso.
La ricerca di un grande risultato implica indiscutibilmente il porre il consenso sopra ogni altra cosa. Ma la cultura vive di sperimentazione, di disaccordo e di persone disposte a rompere le regole. I film che dividono ci rendono soltanto più forti e Swiss Army Man appartiene a quella categoria, non importa quante persone riescano a rimanere sedute in sala fino alla fine.
Di seguito il trailer internazionale di Swiss Army Man – Un amico multiuso: