Esaminiamo da vicino i primi due capitoli della saga del terrore indonesiana che strizza un po' troppo l'occhio a The Conjuring e Annabelle da poco arrivata in esclusiva su Netflix
Quello della bambola indemoniata è un sottofilone dell’horror assai nutrito, che sin dalle origini del cinema ha collezionato vari titoli, molti rimasti nell’immaginario collettivo. Prima ancora dei celebri franchise che tutti conosciamo, infatti, il maligno pupazzo per ragazzine già terrorizzava il pubblico: era il lontano 1936 quando debuttò nei cinema americani La bambola del diavolo (The Devil-Doll) diretto da Tod Browning. Se poi non tutti conoscono il film del terrore in bianco e nero, certo molto più celebre è il letale Chucky, giocattolo per bambini in cui è imprigionata l’anima di un serial killer al centro della longeva serie di La bambola assassina. Molti estimatori della cinematografia del brivido avranno inoltre dimestichezza con i molti capitoli di Puppet Master, saga grottesca popolata di burattini con istinti omicidi, oppure con Giocattoli infernali (Demonic Toys, 1992) di Peter Manoogia – sempre della Full Moon -, o ancora con l’inquietante Dolls (1987) di Stuart Gordon.
Vena non ancora esauritasi, alcuni dei recenti horror americani con più seguito, come Annabelle (2014) di John R. Leonetti – e prequel -, o The boy (2016) di William Brent Bell declinano in maniera diversa la stessa idea di un bambolotto dalla sinistra natura sovrannaturale pronto a fare del male. Tuttavia, non solo in Occidente imperversa questo genere, ma anche in Indonesia le bombole hanno ispirato una mini saga del terrore messa ora a catalogo da Netflix: quella composta da The Doll, The Doll 2 e Sabrina, tutti diretti da Rocky Soraya.
Dopo avervi parlato di Sabrina (la nostra recensione) e con la possibilità di potersi gustare i film da casa sulla piattaforma di streaming, abbiamo quindi deciso di esplorare gli altri due capitoli di questa insolita trilogia.
The Doll: primi insicuri passi nell’immaginario della bambola demoniaca
Gli ingredienti fondamentali – come detto – sono essenzialmente gli stessi. Anzitutto c’è un duo di potenti medium, Dedi (Demian Aditya) e Laras (Sara Wijayanto), una versione autoctona dei coniugi Warren che però si avvalgono di riti islamici per scacciare gli spiriti maligni (non temete di rimanere smarriti, gli esorcismi sono molto simili a quelli a cui siamo abituati da L’esorcista di William Friedkin in poi). Il regista proveniente dal sud-est asiatico non si limita, tuttavia, a prendere ispirazione dalla serie americana incentrata sulla coppia di demonologi, ma attinge a piene mani anche dalla storia al centro di Annabelle. Il canovaccio è sempre il medesimo: due novelli sposi, Daniel (Denny Sumargo) e Anya (Shandy Aulia) si trasferiscono in una nuova casa (vi ricorda qualcosa?). Inoltre, lei ha una passione per le bambole e una stanza ad esse dedicata; quindi quando ne compare una dal nulla, decide malauguratamente di tenerla, nonostante in The Doll (al contrario di Annabelle) essa sia malconcia, spelacchiata e le abbiano cavato gli occhi, che sono tutti ricoperti di nero e di sporco.
Il preambolo è rappresentato da una lieve variazione dei termini fondamentali della trama, ma il concetto è sempre quello; lui, che lavora nell’edilizia, s’imbatta in un sinistro giocattolo appollaiato su un albero da abbattere in un terreno in costruzione – fatto quantomeno singolare, che avrebbe dovuto farlo riflettere sul da farsi-. Gli operai, a conoscenza di quanto è accaduto in quella zona, si rifiutano caldamente di abbattere la pianta, ma lui non solo imperterrito procede nel suo intento, ma raccoglie anche lo strano giocattolo e la porta a casa da buttare! Non contento, quando la moglie afferma che sia carina, fa spallucce e gliela fa tenere, senza proferir parola sul funesto passato dell’oggetto.
Non c’è ritmo e la narrazione è piatta, tanto da non concederci nemmeno dei veri e propri jumpscare! Questa incertezza nel maneggiare le leve del terrore è scusabile in parte con l’inesperienza di Rocky Soraya, per cui The Doll costituisce il primo horror paranormale e il terzo film, dopo le commedie romantiche Chica e Sunshine Becomes You. Bisogna riconoscere anche che sul finire, nonostante qualche altro stereotipo (come il solito corpo che fluttua abbruttito dalla possessione) il livello migliora un poco. Il cineasta arrischia la sua opera con qualche effetto speciale non del tutto malvagio e un po’ più cruento (con succulenti brandelli di pelle e lingue strappati a morsi o teste mozzate che volano!) e, soprattutto, esiste una backstory che motiva l’astio dello spirito infestante. Si giunge a suggerire, idea più intrigante del totale fatalismo occidentale, che le vittime non siano scelte casualmente, ma abbiano delle colpe da espiare.
The Doll 2: un lieve miglioramento in un universo horror confuso
Il tono, però, è del tutto differente sin da principio; The Doll 2 si apre con un registro assai più drammatico, con i due coniugi che, per un malfunzionamento ai freni della macchina, sono vittima di un tragico incidente, in cui la loro amata figlioletta perde la vita. Proprio per superare il lutto, la madre afflitta ricorre a una strana formula tesa ad evocare la piccola scomparsa e, come previsto dalle istruzioni, una bambola è il tramite per entrarvi in contatto (un corpo per lo spirito). Qualcosa però va storto e l’occupante rimane nel nuovo simulacro, manifestando un temperamento tutt’altro che mansueto. Giusto per essere precisi, va sottolineato che il vecchio giocattolo malridotto viene abbandonato sin dai primi fotogrammi del sequel e sostituito dalla più accattivante Sabrina, che tornerà successivamente nel terzo film.
Per concludere, altrettanto sfilacciato è il collegamento con il terzo film, Sabrina appunto, arrivato nel 2018, che ancor una volta riproduce su per giù lo stesso schema dei due precedenti con tanto di rivelazione e digressione.
Di seguito i trailer ufficiali di The Doll e The Doll 2: