Il film sui jinn diretto da Timothy Woodard Jr. getta alle ortiche il grande potenziale a causa di una sceneggiatura eccessivamente ondivaga
I jinn – o djinn – sono esseri soprannaturali noti fin dall’epoca preislamica nella regione araba. Probabilmente, in moltissimi ricollegano questo termine a Wishmaster di Robert Kurtzman del 1997 (la nostra recensione), film che ha terrorizzato la giovinezza di molti fan del cinema del terrore, in cui la creatura del titolo non era altro che un essere malvagio che concede alcuni desideri aumentando specularmente il suo potere. Naturalmente, anche l’azzurro Genio animato dell’Aladdin della Disney del 1992 appartiene alla medesima categoria, garantendo anch’egli tra desideri a chi lo ha risvegliato. La differenza tra i due sta che, mentre il secondo cerca l’agognata libertà dalla prigionia della lampada, il primo intende soltanto attraversare la ‘barriera’ tra i due mondi e portar con sé un esercito di suoi simili per scatenare il caos sulla Terra. Dettagli.
Come dimostrato anche dal recente Wish Upon di John R. Leonetti (la recensione) l’affascinate concetto di jinn si presta facilmente ad essere esplorato nel genere horror. Anche in questo caso, The Final Wish prevede un boogeyman in grado di concedere ben sette desideri a chi lo desta, una trovata che consente naturalmente un’interazione maggiormente prolungata tra l’essere soprannaturale e l’umano. Tuttavia, questa opportunità viene qui abbastanza sprecata, poiché, sebbene il jinn – un po’ alla maniera degli shingami di Death Note – sia sempre presente, solo raramente ‘forza’ Aaron, il nostro protagonista nonché vittima predestinata, a esprimere desideri.
Talvolta – fortunatamente – utilizza degli inganni per raggiungere l’obiettivo, mostrando così la sua potenza e superiorità intellettuale e lasciando il ragazzo in una posizione di frustrazione dovuta all’impotenza. Diverso dal Genio di Aladdin o dal jinn di Wishmaster, il suo obiettivo è semplicemente di impossessarsi dell’anima dello sventurato di turno.
Anche se la premessa di veder sguinzagliato un mostro di questo tipo sono sempre interessanti, la sceneggiatura di The Final Wish non rende loro giustizia. Una grande quantità del minutaggio è infatti insolitamente – gliene va dato atto – dedicata all’approfondimento dei problemi dei protagonisti, che, anche quando sono importanti per comprendere le motivazioni dietro ai desideri, è davvero eccessivamente dilatata. A ciò si aggiunge che molti dei dialoghi e delle situazioni spesso appaiono quantomeno forzati o incoerenti, in alcuni casi inseriti soltanto per buttar lì idee che hanno poco senso con il resto della storia e finiscono per tranciare la fluidità della narrazione. Il che dà da pensare, considerato che sia il regista che lo sceneggiatore Jeffrey Reddick (la saga di Final Destination) dovrebbero aver ormai acquisito una certa esperienza.
Ma se la protagonista di Insidious e Dead End si dimostra ancora una volta garanzia di professionalità, l’interprete di Candyman è relegato – ancora una volta … – al solito mero professionale cammeo ‘esplicativo’ di pochi minuti.
In definitiva, The Final Wish non può che risultare deludente alla luce dei buoni presupposti sopra elencati e degli interessanti valori produttivi messi in campo. Poche scene – e il finale, che risulta piacevolmente inaspettato – finiscono per essere pienamente godibili, mentre il resto del lungometraggio scivola via con indifferenza. Gli immancabili jumpscares sono pure efficaci, anche se i migliori vengono mostrati già nel trailer, riducendone notevolmente l’impatto e il divertimento. Principalmente, è la sceneggiatura, con situazioni inutili e dialoghi forzati la principale responsabile di una storia troppo debole e ad impedire che il film sia un’esperienza migliore di quella che si dimostra.
Di seguito il trailer internazionale di The Final Wish, al momento ancora senza una data di uscita per l’Italia: