Il regista italiano torna sulle scene per portarci nella giungla cambogiana per seguire una spietata caccia all'uomo senza esclusione di colpi
La caccia è aperta e non resta che correre il più veloce possibile! Jimmy Henderson, filmmaker italiano basato tra Londra e la Cambogia (la nostra intervista), dopo Jailbreak (2017) torna ad ambientare nel Sudest asiatico un action thriller al cardiopalma: The Prey, in cui certo non si risparmiano scontri all’ultimo colpo, coltellate e sparatorie d’ogni genere. Forse, alcuni dettagli della trama scricchioleranno un poco e il finale potrebbe a taluni apparire rasente l’assurdo, ma a un film del genere certi eccessi creativi si perdonano, poiché in fondo è l’azione che conta…
Tuttavia, la prigione è solo una tappa di passaggio per qualcosa di molto peggio. Il Direttore infatti è solito organizzare una battuta di caccia segreta nella giungla circostante per alcuni selezionati ospiti disposti a pagare profumatissime somme per avere la possibilità di braccare e uccidere alcuni sventurati. Vi ricordate l’Elite Hunting Club di Hostel? Trasferitelo en plein air nelle lussureggianti foreste asiatiche e utilizzate soltanto detenuti come prede; il concetto di base non è molto distante. Naturalmente, si tratta di una formula collaudatissima che ha origini piuttosto lontane, basti pensare al classico del 1932 Pericolosa partita di Ernest B. Schoedsack e Irving Pichel, a La preda nuda di Cornel Wilde, oppure al più recente Senza tregua, primo film americano di John Woo con un memorabile Jean-Claude Van Damme. Natrualmente, Xin è uno dei ‘fortunati’ candidati prescelti e dovrà provare in ogni modo a sopravvivere, e magari a vendicarsi dei sadici inseguitori.
Il fulcro narrativo di The Prey – che è anche il lungometraggio più costoso mai girato in Cambogia (1 milione di dollari di budget) – non è inedito, non v’è dubbio, ma l’ambientazione nella giungla e soprattutto le scene di combattimento ci regalano una declinazione della formula della manhunt decisamente accattivante. A costituire il maggiore punto di forza è difatti il modo in cui i plurimi scontri sono coreografati da Jean-Paul Ly, che torna a collaborare con Jimmy Henderson dopo Jailbreak e che architetta sequenze notevoli sia nelle violente scazzottate collettive che negli scontro corpo a corpo. Memorabile è ad esempio la lotta scatenata nel cortile della prigione per scegliere le future prede; si tratta di una caotica ammucchiata selvaggia in cui fulminei i pugni e calci calano da ogni dove. C’è chi scappa su un albero, chi cerca di ripararsi in qualche modo, chi ricambia con veemenza. Impossibile è capire l’origine del flusso e la fine degli scontri può essere determinata solo dall’arrivo delle guardie a sedare i combattenti.
Che poi la trama del film sia solo un mezzo per collegare un momento action a quello successivo non è certo una sorpresa. I dialoghi sono al limite del grottesco e via via che il minutaggio avanza la narrazione diventa sempre più assurda, fino all’apoteosi finale che tange il surreale. Ci sono personaggi totalmente folli e scelte di copione oltremodo ardite e poco approfondite (la questione della psicosi di uno dei villain in particolare), che sembrano inserite solo per portare avanti l’azione o aggiungere un tocco di estro a un format già più volte esplorato, giusto per differenziarsi.
Le peculiarità nella sceneggiatura e i cliché, che sembrano abbracciati senza problemi da Jimmy Henderson, non tolgono però nulla al fascino minimale e un po’ ingenuo del protagonista e dell’antagonista principale. Nonostante la loro caratterizzazione e le loro battute non siano proprio all’insegna dell’approfondimento psicologico, Xin funziona come tenace eroe action, ma a brillare è soprattutto l’eccentrico Vithaya Pansringarm, già memorabile nel ruolo di giudice e giustiziere del sottobosco criminale tailandese in Solo Dio perdona di Nicolas Winding Refn. L’attore 59enne ancora una volta dà vita a un personaggio eccentrico, un super cattivo che balla sulle note di una canzoncina locale mentre con un gesto invita una guardia a dare la scossa ad alto voltaggio al prigioniero di turno. Sovente, con un tocco di dark humor, oscilla tra servilità, avidità e pura malvagità, regalandoci un ritratto memorabile, che quasi da solo vale la visione.
Di seguito trovate intanto il trailer internazionale (con sottotitoli inglesi) di The Prey: