Il regista Frant Gwo gira uno dei film più visti della storia in Cina, ma strizza un po' troppo l'occhio ai classici catastrofici hollywoodiani, cadendo malamente in cliché e ingenuità
Aggiudicandosi il secondo posto di sempre per incassi sul mercato cinese con i suoi 645 milioni di dollari – e primo a livello globale di inizio 2019 con un totale di 650 milioni di dollari – The Wandering Earth (Liu Lang Di Qiu, 流浪地球) ha indubbiamente fatto parlare di sé nelle ultime settimane. Tuttavia, nonostante l’incredibile successo di pubblico in patria, il kolossal sci-fi diretto da Frant Gwo (Deskmate), pubblicizzato come il primo blockbuster mai prodotto nella Repubblica Popolare, difficilmente si potrebbe definire ‘memorabile’, anzi sin dalla premessa sono molti gli aspetti a lasciare piuttosto perplessi.
Bisogna riconoscere a The Wandering Earth che il concept su cui è basato non manchi certo di fantasia, ma non è tutto … Per favorire lo spostamento del nostro pianeta in pericolo, non solo ne viene interrotta la rotazione sul proprio asse – con buona pace degli sventurati rimasti sull’emisfero costantemente all’ombra, ma vengono anche posizionati numerosi propulsori sul suo ‘posteriore’ in modo da fornire lo slancio necessaria a raggiungere la nuova sconosciuta meta, più volte chiamata “casa”. Tuttavia, è stimato – intoppi a parte -, che il processo impiegherà circa 2.500 anni (già …). Intanto, con la Terra che è diventata gelida, dacché si sta gradualmente allontanando dal Sole con la prime accelerazioni, tutti i suoi abitanti sono stati ricollocati a decine di metri nel sottotuolo, un po’ come succedeva – ma per diversi motivi – in L’esercito delle 12 scimmie (la nostra recensione). In superficie si avventura solamente il personale autorizzato, di cui fa parte il nonno di Liu Qi, Han Ziang (Man-Tat Ng), che guida i camion che trasportano il combustibile per far funzionare i fondamentali propulsori terrestri.
Pur sforzandosi di soprassedere alle innumerevoli e fantasiose trovate, è il registro narrativo di The Wandering Earth a suonare stantio, tipicamente inserito nei canoni hollywoodiani del genere: tra l’epopeico e il catastrofico, si alternano sequenze di cataclisma naturale spettacolare in stile L’alba del giorno dopo o 2012, ambedue diretti dal maestro Roland Emmerich, ad altri – reiterati – di ‘eroismo kamikaze’ e drammatizzato alla Armageddon – Giudizio finale di Michael Bay o Independence Day (anche lui di Emmerich). Da notarsi è che, come quest’ultimo, l’azione venga ambientata – del tutto o parzialmente non è chiaro – durante una festività nazionale (il 4 luglio in uno, il Capodanno cinese nell’altro), giusto per acuire la retorica edificante e didattica del lungometraggio. Quando tutto è perduto, la propensione al sacrificio estremo è pertanto una scelta pressoché scontata e, sovente, si accompagna allo scioglimento lacrimevole degli attriti famigliari.
Eccezion fatta per gli abbondanti effetti speciali, realizzati perlopiù al computer, decisamente d’impatto (il budget è di quasi 50 milioni di dollari), per alcuni affascinanti scorci ravvicinati del pianeta Giove e per la singolarità di non vedere citati in nessun modo gli americani (russi, inglesi, coreani e francesi invece si …) The Wandering Earth in definitiva risulta uno spetaccolone oltremodo poco logico, eccessivamente ‘classico’ (nel senso di assolutamente prevedibile e datato) ed emotivamente poco coinvolgente per le masse (quelle più sgamate occidentali almeno), appesantito dalle oltre 2 ore di durata.
Di seguito il trailer originale (con sottotitoli inglesi) del film, che verrà messo in esclusiva a catalogo da Netflix nei prossimi mesi: