Voto: 7.5/10 Titolo originale: One Battle After Another , uscita: 23-09-2025. Budget: $175,000,000. Regista: Paul Thomas Anderson.
Una battaglia dopo l’altra: la recensione del film di Paul Thomas Anderson
24/09/2025 recensione film Una battaglia dopo l’altra di William Maga
Leonardo DiCaprio è al centro di un thriller politico monumentale: inseguimenti, satira del potere e al cuore il rapporto padre-figlia

Una battaglia dopo l’altra è il film più urgente e, insieme, più intimo di Paul Thomas Anderson: un thriller politico che corre come un treno e, mentre corre, ti chiede cosa resti della rivolta quando l’adrenalina finisce. Anderson dichiara fin dai primi minuti che non gli interessa illustrare pedissequamente un romanzo: prende lo spirito di “Vineland” di Thomas Pynchon, lo porta nell’oggi e lo rimodella in un presente riconoscibilissimo, in cui l’onda lunga del razzismo istituzionale e del nazionalismo continua a infrangersi sulle vite dei singoli.
È un adattamento per sottrazione e per metamorfosi: i temi restano (cicli di militanza, disillusione, ritorni di fiamma dell’autoritarismo), i personaggi cambiano, la forma diventa cinema d’azione ad altissima consapevolezza.
Al centro c’è Bob Ferguson (Leonardo DiCaprio), artificiere del gruppo clandestino French 75, complice e amante della leader Perfidia Beverly Hills (Teyana Taylor), figura magnetica e contraddittoria: feroce con i carnefici, impulsiva nel confine tra desiderio e potere. Sull’altro fronte si staglia il colonnello Steven Lockjaw (Sean Penn), creatura di puro dominio: un’autorità che maschera l’inadeguatezza con culto della forza e ossessione psicosessuale per la nemica.
La prima parte – liberazione di un campo per migranti, umiliazione del colonnello, rapine, sabotaggi – è un vortice di montaggio espressivo, che affida allo spettatore la ricostruzione etica e narrativa senza appunti a margine. Poi il tempo salta: sedici anni più tardi, Bob è un relitto affettuoso e stordito, rifugiato a Baktan Cross con la figlia Willa (la rivelazione Chase Infiniti), addestrata a difendersi più che a crescere; a vigilarli, un Sensei (Benicio Del Toro) che fa della calma una strategia e dell’aiuto reciproco una rete invisibile.
Qui il film mostra il suo doppio respiro. Da un lato, Anderson affila il genere: inseguimenti automobilistici che reinventano la geografia dello schermo, assedi urbani girati con chiarezza tattile, set pubblici trasformati in scacchiere morali. Dall’altro, mette a nudo la malinconia dei vinti: chi ha bruciato la giovinezza nella lotta e ora si misura con il logorio, la paura, il senso di colpa.
L’azione non è mai gratuita: ogni sparatoria ha una conseguenza affettiva, ogni fuga una ferita nella fiducia. Il lavoro sonoro di Jonny Greenwood accompagna questo moto con una partitura nervosa e mutante, capace di passare dal jazz nervato alla nota unica che pulsa come allarme; la fotografia su pellicola in grande formato valorizza spazi e colori (costumi, auto, segnali stradali) senza feticismo, e l’uso di inquadrature ampie nelle sequenze chiave produce un’epica concreta, non celebrativa.
Il film parla chiaro di razzismo strutturale, privatizzazione della violenza e mitologie tossiche dell’élite (il “club” che reclama purezza e genealogie), ma evita il trattato: mostra meccanismi, non li spiega. Lockjaw è volutamente scolpito con linee nette, quasi caricaturali, e Penn gli dà un corpo ridicolo e terribile insieme; è l’icona di un potere che si nutre di vergogna, desiderio di controllo e riscrittura della memoria. In contrappunto, i French 75 e i loro alleati sono un mosaico: militanza, errori, compromessi, reti di mutuo soccorso che funzionano proprio perché non hanno volto unico. In questo quadro, la linea padre-figlia dà al film il suo cuore: DiCaprio lavora sulla fragilità comica di un uomo che scopre di essere d’ostacolo più che scudo, e la relazione con Willa diventa il vero arco drammatico. L’eroismo non sta nel far saltare un edificio, ma nel restare presenti quando l’istinto dice di scappare.
Non tutto è perfetto. La sezione centrale indulge talvolta in una comicità da sballato che smorza l’urgenza; qualche rivelazione si vede arrivare; Perfidia, figura potentissima nella prima parte, esce di scena a lungo, lasciando un vuoto che il film colma solo in parte. Ma l’insieme regge perché il disegno è coerente: Una battaglia dopo l’altra non cerca la vittoria definitiva, rifiuta il trionfalismo e trova un finale che suona come promessa fragile e insieme necessaria.
Il titolo, letto come lamento esausto, diventa anche un grido: la storia procede per attrito, la resistenza è continuità più che eccezione, e la trasmissione tra generazioni è l’unico vero investimento sul futuro.
Sul piano del linguaggio, Anderson unisce la furia di un’ “epica americana” all’elasticità dei suoi film più liberi: l’energia dei primi lavori, la naturalezza di Licorice Pizza, la severità morale di Il petroliere. L’azione non è virtuosismo fine a sé stesso: il celebre inseguimento sulle creste stradali, costruito con posizione della mdp, montaggio e musica in sincrono, non impressiona solo per difficoltà tecnica; visualizza l’angoscia contemporanea di avanzare senza vedere cosa c’è oltre la prossima salita.
E quando il film rallenta, affiora l’umanesimo: la lezione del Sensei (“si resiste come le onde”), gli sguardi di Willa che assorbono e superano le mancanze del padre, i piccoli gesti di una comunità che salva senza proclami.
Una battaglia dopo l’altra è quindi, insieme, polemica e abbraccio: analisi spietata delle motivazioni dei carnefici e atto d’amore verso chi ogni giorno, lontano dai riflettori, tiene accesa una candela. Il cinema di PTA, qui, mette la propria maestria al servizio di un’idea semplice e difficile: non esiste rivoluzione senza responsabilità affettiva. E se il potere riscrive la storia, l’unico contro-racconto possibile passa per una figlia che sa già cosa fare quando il padre ha dimenticato la parola d’ordine. In tempi di fumo e rovine, è abbastanza per continuare a lottare.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Una battaglia dopo l’altra, nei nostri cinema il 25 settembre:
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