Voto: 7/10 Titolo originale: The Twilight Zone , uscita: 27-09-1985. Stagioni: 4.
Ai confini della realtà: quando Wes Craven giocò a poker col Diavolo
07/06/2025 recensione serie tv The Twilight Zone di Gioia Majuna
Nel cast dell'episodio c'era Morgan Freeman

La serie originale di Ai confini della realtà (The Twilight Zone), creata da Rod Serling e trasmessa tra il 1959 e il 1964, ha ridefinito il concetto di fantascienza televisiva, coniugando atmosfere inquietanti, riflessioni morali e una costruzione narrativa sofisticata. Il revival degli anni ’80, andato in onda su CBS dal 1985 al 1989, nacque dal desiderio di rinnovare quel linguaggio mantenendone intatto lo spirito. All’interno di questa nuova stagione antologica, l’episodio Un poker col Diavolo, diretto da Wes Craven, rappresenta una delle prove più riuscite e affascinanti, capace di fondere comicità, tensione e suggestioni teatrali in poco più di venti minuti.
Un poker col Diavolo si apre con un gruppo di amici che si ritrova per la consueta partita di poker del venerdì sera. L’atmosfera è rilassata, conviviale, attraversata da battute e complicità da bar di provincia. Ma presto emerge un elemento perturbante: uno dei giocatori, Nick, interpretato con sottile ambiguità da Dan Hedaya, si rivela essere il Diavolo. L’episodio non fa uso di effetti visivi né scenografie elaborate: tutto si svolge in una cucina, attorno a un tavolo da gioco.
La forza narrativa deriva esclusivamente dal dialogo, dalla recitazione e dalla regia. Wes Craven, noto per capolavori horror come Nightmare e Scream, qui sorprende adottando un approccio minimalista, quasi teatrale, rinunciando all’horror visivo per esplorare l’inquietudine attraverso i gesti e le parole.
Morgan Freeman, nel ruolo di Tony, emerge con naturalezza all’interno del cast corale. In un’epoca in cui non era ancora associato a ruoli di saggezza e autorità morale, Freeman interpreta un uomo comune, partecipe ma mai dominante, regalando una performance ironica e contenuta. Il suo personaggio è profondamente umano, lontano dagli archetipi che lo renderanno celebre negli anni successivi. Accanto a lui brillano Garrett Morris, ex Saturday Night Live, esilarante nel ruolo di Jake, M. Emmet Walsh come Peter, figura malinconica e disillusa, e Barney Martin, ingenuo e appassionato di poker.
L’interpretazione di Dan Hedaya nel ruolo del Diavolo è l’elemento chiave: recita con misura, senza alcuna teatralità eccessiva, incarnando un male quotidiano, manipolatore e pacato, che incute timore proprio perché disarmante nella sua normalità.
L’episodio si distingue per la sua capacità di riecheggiare l’impostazione classica di Ai confini della realtà, recuperando il modello di episodi come Cinque caratteri in cerca di un’uscita o Mostri in Maple Street, in cui l’elemento fantastico irrompe in uno spazio chiuso e ordinario, trasformando l’ambiente in un laboratorio di tensioni morali. Il poker, gioco di strategia e inganno, diventa metafora perfetta del confronto tra verità e apparenza, tra destino e libero arbitrio. Non si tratta solo di scoprire l’identità del Diavolo, ma di capire fino a che punto i personaggi siano disposti a convivere con l’ignoto pur di non spezzare la routine.
Wes Craven, regista spesso associato al genere horror puro, dimostra qui una finezza inedita. La sua regia è attenta, contenuta, calibrata sui tempi della parola e sull’interazione tra i personaggi. L’assenza di movimento di macchina e l’uso di inquadrature ampie contribuiscono a creare un’atmosfera di sospensione teatrale. Ogni personaggio viene definito attraverso le sue battute, le esitazioni, i silenzi. Un poker col Diavolo non è solo un episodio ben scritto: è un piccolo esercizio di stile, che dimostra quanto la tensione possa nascere anche da un’ambientazione statica e da una narrazione che gioca sul non detto.
Dal punto di vista storico, l’episodio ha anche il merito di offrire uno sguardo su un Morgan Freeman meno codificato, in una fase di carriera in cui poteva ancora interpretare ruoli più liberi, lontani dalla mitologia del “narratore saggio” che avrebbe poi accompagnato la sua immagine. Vederlo scherzare, bere birra e battibeccare con i compagni di gioco lo rende straordinariamente umano, e restituisce una dimensione più ampia del suo talento.
Un poker col Diavolo è quindi molto più di un curioso episodio del revival di Ai confini della realtà. È una riflessione sull’inganno, sull’identità e sulla complicità, orchestrata da un maestro dell’horror che qui mette da parte il sangue per esplorare le ombre psicologiche. È anche un esempio riuscito di come la serie potesse ancora, negli anni ’80, raccontare storie potenti e ambigue, capaci di far ridere e riflettere nello stesso momento.
Per chi cerca un episodio che recuperi lo spirito dell’originale senza imitarlo, Un poker col Diavolo è la scelta ideale: intelligente, inquietante, e sorprendentemente attuale.
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