Titolo originale: The Stand , uscita: 08-05-1994. Stagioni: 2.
Intervista a Mick Garris su L’Ombra dello Scorpione, i 30 anni di una miniserie ‘King approved’
21/11/2024 news di Alessandro Gamma
Abbiamo ricordato col regista l'esperienza di quel progetto impossibile del 1994
Ospite del Festival di Sitges 2024, abbiamo avuto il piacere di sederci a fare quattro chiacchiere con lo sceneggiatore e regista Mick Garris, che tra i molti lavori nel curriculum vanta anche il primo adattamento del mastodontico L’Ombra dello Scorpione (The Stand) di Stephen King, portato in TV con una miniserie nel 1994 con protagonisti Gary Sinise e Molly Ringwald,
Approfittando del trentennale dalla messa in onda, abbiamo quindi chiesto a Mick Garris di ricordare questo grande progetto.
La trama ufficiale:
Un virus letale viene diffuso da un laboratorio militare segreto; la popolazione terrestre viene quasi spazzata via. I pochi superstiti partono alla ricerca di altri sopravvissuti. Durante il viaggio sono attratti da due potenti forze, Madre Abigail, il Bene, e il satanico Randall Flagg: in gioco la sopravvivenza dello stesso genere umano.
Quali differenze hai notato tra i tuoi progetti precedenti e L’ombra dello scorpione (The Stand) in termini di portata e complessità?
Non avevo mai lavorato a un progetto di questa scala prima d’ora. Tutti i miei lavori precedenti erano relativamente contenuti. Critters 2 era un “grande piccolo film”, ma comunque circoscritto. Sleepwalkers era un film con un’ambientazione chiusa, così come Psycho 4. Anche la mia esperienza televisiva era limitata a produzioni su piccola scala.
Poi arriva questa sceneggiatura: 460 pagine tratte da un romanzo di 900 pagine, uno dei libri più venduti di Stephen King e ancora oggi il suo più grande successo. Ci siamo trovati a gestire 600 comparse per una scena a Las Vegas, a girare in sei stati diversi, con una logistica e una complessità che non avevo mai affrontato. Era qualcosa di completamente nuovo per me.
Come ti sei sentito sapendo che Stephen King ti aveva affidato un progetto così importante?
Il fatto che Stephen King mi avesse affidato un’opera così significativa era sia un onore che una fonte di grande pressione. Mi ripetevo continuamente: non posso permettermi di fallire. Era importante per me, sia come fan di lunga data che come regista, che questa produzione fosse un successo. Avevo già collaborato con King per Sleepwalkers, ma non eravamo ancora molto vicini. Ci eravamo incontrati solo un paio di volte di persona.
Quando abbiamo iniziato a lavorare su L’ombra dello scorpione (The Stand), King ha scritto personalmente la sceneggiatura e ha partecipato attivamente alla produzione, essendo presente sul set per circa metà delle riprese. Questo ovviamente aumentava la mia responsabilità: era come avere un enorme gorilla sulle spalle. Tuttavia, sapere che avevo un grande script e il suo supporto mi ha dato una spinta enorme.
Quanto è stato importante avere Stephen King come sceneggiatore per mantenere la fedeltà al romanzo?
Avere King come sceneggiatore è stato essenziale. La sua scrittura è incredibilmente visiva; i suoi libri sembrano quasi dei film sulla pagina. Questo ci ha permesso di rispettare la struttura narrativa originale del romanzo, che è un viaggio epico, una vera odissea. King è sempre stato molto chiaro sul fatto che le sue opere debbano mantenere il loro cuore drammatico, con l’elemento horror che arriva in secondo piano.
La sua sceneggiatura ha reso possibile mantenere l’essenza del libro, anche in una trasposizione così complessa. Quando hai una base così solida, il lavoro del regista diventa quello di far risaltare al meglio ciò che già c’è.
Quali sono state le maggiori sfide tecniche durante le riprese di L’ombra dello scorpione (The Stand)?
Le difficoltà tecniche sono state innumerevoli. Le riprese sono durate 20 settimane: le prime 13 con settimane da cinque o sei giorni, e le ultime sette con sei giorni pieni. Questo significava avere solo un giorno alla settimana per organizzare il lavoro per i sei giorni successivi.
Ogni giorno di lavoro durava 12 ore più pausa pranzo, e spesso il turno successivo iniziava un’ora più tardi. Alla fine, il sabato lavoravamo tutta la notte, e la domenica era appena sufficiente per fare il bucato e rimettersi in sesto prima di ricominciare il lunedì mattina. Era un ritmo brutale, che metteva alla prova tutti.
Come avete gestito i problemi logistici legati alle riprese in sei stati diversi e con 600 comparse?
Girare in sei stati diversi ha richiesto una pianificazione estremamente dettagliata. Ci trovavamo spesso a doverci adattare alle condizioni atmosferiche. Se una scena richiedeva il sole, arrivava la pioggia, e viceversa. Non avevamo il lusso di ricreare tutto su un set al chiuso; dovevamo lavorare con quello che avevamo. Una scena con 600 comparse a Las Vegas è stata una delle più impegnative, ma anche una delle più spettacolari. Ogni giorno portava nuove sfide, ma il risultato finale dimostra che ne è valsa la pena.
Com’era la percezione del pubblico quando è stato annunciato il progetto?
Quando il progetto è stato annunciato, eravamo agli albori di Internet. Non esistevano i social media di oggi, solo forum e gruppi di discussione. La reazione iniziale è stata negativa: Molly Ringwald? Critters 2? Questo sarà un disastro. Non c’era quasi nessuna voce di supporto. Le persone sembravano pronte a demolire il progetto ancora prima di vederlo.
Come hai vissuto la transizione dalle critiche iniziali alla reazione positiva durante la messa in onda?
Quando L’ombra dello scorpione (The Stand) andò finalmente in onda, tutto cambiò. Seguendo i commenti in tempo reale dalle trasmissioni sulla costa orientale deli USA, ho visto come l’opinione pubblica si trasformava. La gente iniziava a dire: Wow, è davvero fantastico. Alla fine, è diventata la miniserie più seguita della sua epoca, un risultato che oggi, con la frammentazione del pubblico, sarebbe quasi impossibile.
Cosa pensi dell’approccio narrativo della versione del 2020 con Alexander Skarsgard rispetto alla tua produzione del 1994?
La versione del 2020 ha scelto un approccio diverso, raccontando la storia in modo non lineare, saltando avanti e indietro nel tempo. Questo, secondo me, ha diluito la forza narrativa del viaggio, che è il cuore del libro. Inoltre, hanno girato quasi tutto su un soundstage a Vancouver, togliendo quel senso di vastità e desolazione che noi avevamo cercato di trasmettere con location autentiche.
Come ti senti sapendo che, dopo 30 anni, L’ombra dello scorpione (The Stand) è ancora apprezzato?
Oggi, guardando indietro a 30 anni fa, mi sento incredibilmente orgoglioso. Durante una proiezione speciale a Hollywood con una versione restaurata, mi sono concesso il lusso di guardare il lavoro non come regista, ma come spettatore. È stato emozionante vedere come questa storia continui a parlare al pubblico e a lasciare un segno. Ogni sforzo, ogni sfida superata durante le riprese ha contribuito a creare qualcosa che è riuscito a resistere alla prova del tempo.
Di seguito trovate il trailer di L’ombra dello scorpione del 1994:
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