Voto: 6.5/10 Titolo originale: We Own This City , uscita: 25-04-2022. Stagioni: 1.
We Own This City – Potere e Corruzione: la recensione della miniserie che studia da The Wire (su Sky)
29/06/2022 recensione serie tv We Own This City di Marco Tedesco
C'è sempre David Simon dietro le quinte (e molti attori sono gli stessi), ma bisogna andarci piano coi paragoni e le aspettative
Quando The Wire debuttò su HBO quasi 20 anni fa, rivoluzionò velocemente il modo in cui la televisione poteva raccontare una storia. Il crime drama ideato da David Simon riuscì a plasmare un mondo in cui lo spettatore era in grado di vedere più lati della stessa persona e delle istituzioni con le quali si trovava a fare i conti quotidianamente.
I poliziotti venivano visti attraverso gli occhi dei criminali, i politici venivano spiati dietro le quinte della vita pubblica e persino ai senzatetto veniva dato spazio per mostrare le loro misere lotte e la loro umanità. La serie si rivelò un diorama vivente di Baltimora, proiettato sul piccolo schermo. Da allora non c’è mai stata un’altra serie che abbia avuto così tanto da dire sull’ambiente in cui si svolge.
Anche se gli ascolti furono bassi durante la prima stagione e non ricevette alcuna nomination agli Emmy, i nuovi fan e quelli più anziani resero presto The Wire uno dei classici della televisione. Mettendo sul piatto concetti e idee sulla società americana che sono ancora così rilevanti oggi, specialmente sul mondo delle forze dell’ordine e del razzismo, non è allora sorprendente che David Simon, il suo abiutale co-creatore George Pelecanos e il resto del suo storico team abbiano deciso di fare un altro giro per le strade difficili della città del Maryland nella nuova miniserie della HBO We Own This City – Potere e corruzione.
Questa volta la trama affonda le radici direttamente negli eventi realmente accaduti che hanno portato all’arresto degli uomini che facevano parte della ‘Gun Trace Task Force’ del Dipartimento di Polizia di Baltimora, come descritto nell’omonimo libro del giornalista del Baltimore Sun, Justin Fenton.
Questo dettaglio toglie inevitabilmente alcune delle libertà creative che la serie ‘madre’ vantava, dato che molti dei personaggi qui sono persone realmente esistite, mentre quelli di The Wire erano di pura fantasia (anche se con qualche ispirazione alla vita reale).
Tuttavia, ciò che il pubblico brama naturalmente di capire è se We Own This City sia in grado di saziare quella voglia di narrazioni cupe e visceralmente intense per cui The Wire si distinse nel panorama del suo tempo. Un paragone è azzardato e prematuro forse, ma anche inevitabile.
Comunque, la cosa che più piacerà ai fan di The Wire è il gran numero di attori di quella serie che ritornano in scena.
Jamie Hector, che là interpretava Marlo Stanfield, è l’ex più importante del cast. In We Own This City è un detective della omicidi, un personaggio diametralmente opposto al boss di strada cui aveva dato volto e corpo. Tra gli altri ci sono poi Domenick Lombardozzi, alias Herc, e Delaney Williams, che era Jay Landsman.
Il problema di queste scelte di casting è che non riescono a compensare il fatto che il lavoro fatto dagli sceneggiatori sui personaggi in We Own This City è gravemente carente rispetto a quello di The Wire.
Nell’arco di (appena) 6 episodi non riusciamo infatti ad avere abbastanza tempo con queste nuove facce per interessarci fino in fondo alle loro motivazioni. Il ritorno di certe facce contribuisce certo a far sentire la serie parte integrante del ‘Simonverse’, ma non hanno un ruolo veramente funzionale nel portare avanti la narrazione.
Jon Bernthal garantisce grande ardore e intensità nel ruolo principale de-facto di Wayne Jenkins. Non è uno dei grandi ‘ex’ di cui sopra, ma vanta ugualmente una certa esperienza nel ruolo di un poliziotto dalla scarsa morale (la sua iconica interpretazione di Shane Walsh in The Walking Dead è ancora molto fervida nella memoria dai fan di quella serie).
Proprio come Jimmy McNulty (aka Dominic West) in The Wire, Wayne Jenkins è un protagonista solido, ma non il tipo di personaggio attorno al quale possono orbitare tutti gli altri. Il resto dell’ensemble è – ancora una volta – cruciale per far quadrare il cerchio.
Il motivo principale per cui The Wire si è rivelato un prodotto così ‘letterario’ e così pregno di discussioni culturali era perché esplorava più di un angolo di Baltimora. È vero che si trattava essenzialmente di ‘poliziotti contro spacciatori’, ma c’erano così tanti aspetti differenti della società che andavano a comporre l’universo creato da David Simon.
We Own This City non offre la stessa discussione ad ampio raggio di The Wire. La miniserie si concentra sulla corruzione all’interno del Dipartimento di Polizia del Maryland e le sei ore di durata dell’intera storia non lasciano molto spazio alle scene non ‘poliziesche’.
Ciò significa che i nostalgici dello show del 2002 potranno assistere a molte di quelle stesse grandi discussioni dietro le quinte tra poliziotti, a quegli stessi dialoghi taglienti e a quelle stesse decisioni moralmente ambigue prese dai membri della Polizia. Quello che però non avrete è la visione a tutto tondo della città di Baltimora che si aveva in The Wire.
Ogni stagione di quella serie si fondava sugli eventi della precedente per creare a poco a poco un quadro completo della città. Era quindi possibile vedere il punto di vista di politici, insegnanti, studenti, giornalisti, spacciatori, poliziotti e altri ancora. Ogni pezzo della popolazione era influenzata a vicenda dalle altre, in modo da diventare ‘intercambiabile’. La Polizia diventava insegnante e gli studenti diventavano spacciatori.
È giusto e doveroso che We Own This City abbia voluto concentrarsi esclusivamente sulle brutalità della polizia, considerata l’importanza che questo tema riveste nel 2022. David Simon e George Pelecanos hanno chiaramente ritenuto che il periodo storico in cui stiamo vivendo oggi non sia più adatto a fotografare tutti i diversi angoli.
Lo show punta così molto sulla rappresentazione dei poliziotti come persone orribili, dimostrando come anche le azioni di un solo agente si sovrappongano ad altre per creare il sistema moralmente gretto che è in vigore.
Una di queste scene, nel terzo episodio, mostra l’agente Jenkins che prende ripetutamente a pugni un uomo semplicemente seduto davanti alla porta di casa sua. Quando i colleghi lo rimproverano per la sua eccessiva violenza, non è perché sono arrabbiati per quello che ha fatto, ma piuttosto perché è stato beccato in flagrante.
The Wire era stata un po’ più simile a qualcosa in cui lo spettatore era in grado di interpretare da solo ciò che i creatori avevano predisposto a monte. Con We Own This City si ha invece la sensazione che gli sceneggiatori ci stiano imboccando su cosa dobbiamo provare e come sentirci di fronte a quanto accade.
È una serie che fotografa e analizza (e giudica?) soprattutto quella che è la polizia di Baltimora (americana?) in questo momento storico preciso. Non che ci sia nulla di male, ma questo porta a pensare che non invecchierà particolarmente bene come The Wire, specie a causa della quantità di riferimenti a fatti accaduti nella metà degli anni ’10, in particolare per la quantità di volte in cui l’omicidio di Freddie Gray (2015) viene tirato in ballo da un certo personaggio.
Detto questo, e ammettendo che raggiungere quelle vette era uno sforzo improbo anche per loro, ogni fan di The Wire dovrebbe dare un’occhiata al frutto della nuova collaborazione tra David Simon e George Pelecanos.
We Own This City non espande esattamente l’universo della serie ‘madre’, ma permette di entrare nella psiche delle persone che l’hanno creata. Mette a disposizione una nuova lente per interpretare il codice politico e i messaggi che usava The Wire (che, ricordiamolo, è disponibile per intero su Sky e NOW). E questo dovrebbe essere più che sufficiente per la maggior parte degli spettatori.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di We Own This City – Potere e corruzione, in esclusiva su Sky Atlantic e on demand dal 28 giugno:
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Fonte: DofG