Voto: 6.5/10 Titolo originale: Adagio , uscita: 14-12-2023. Regista: Stefano Sollima.
Adagio: la recensione del film ‘romano’ diretto da Stefano Sollima
14/12/2023 recensione film Adagio di William Maga
Favino, Servillo, Mastandrea e Giannini sono i protagonisti di un crime-thriller urbano decadente e ai limiti del distopico
Se si tolgono lo stile e l’attitudine neo-noir dall’ultima fatica di Stefano Sollima, si ottiene una storia non particolarmente originale di tre poliziotti corrotti alla ricerca di un ragazzo spaventato che sa un po’ troppo dei loro magheggi.
Tuttavia, c’è anche un bonus molto attrattivo, al di là delle ambientazioni romane cariche di atmosfera e presagi: il casting di Pierfrancesco Favino e Toni Servillo nei panni di due anziani mafiosi che un tempo erano i ‘maschi Alfa’ della malavita della capitale.
In parti cucite sul loro talento, Adagio – che è stato presentato in anteprime all’ultima Mostra del Cinema di Venezia – vede entrambi gli attori superare se stessi nell’entrare nella pelle rugosa e coriacea di questi uomini segnati ma ancora minacciosi, vulcani dormienti che aspettano solo di esplodere, attraverso interpretazioni fisiche e crude.
Con Sicario (la recensione) e Senza Rimorso (la recensione), Stefano Sollima aveva certo dimostrato di saper gestire un film d’azione americano, ma si percepiva chiaramente che era stato un semplice ‘shooter’ in quei casi. Adagio è – invece – inconfondibilmente suo.
Mentre si gustano i suoi lavori televisivi (Gomorra, ZeroZeroZero), gli aficionados del regista hanno aspettato ben otto anni perché tornasse al soggetto che sembra tirare fuori il meglio di lui: la sua città natale.
Certo, Adagio ha alcuni difetti, a parte la sua storia già vista, tra cui uno sfondo di incendi fuori controllo ai margini della metropoli che lascia intendere un’ambientazione distopica.
Tuttavia, questo lavoro dovrebbe essere accolto dal pubblico più attento al cinema di genere di classe, o almeno da coloro che sono disposti ad accettare che un sottofondo omofobico sia giustificato dal fatto che Adagio parla sostanzialmente di una cultura di mascolinità romana tossica.
Il film è presentato come la terza e ultima parte di una trilogia su Roma iniziata nel 2012 con ACAB e proseguita nel 2015 con Suburra.
A un certo punto, alla domanda se avesse commesso un crimine particolarmente efferato, uno dei boss della malavita di Suburra risponde: “È stata Roma”. In Adagio, Roma lo fa di nuovo.
Lontano dai cliché turistici, l’antico agglomerato urbano in decadenza è una pentola a pressione da cui non c’è scampo. Questa è una Città Eterna che ha la sensazione di poter finire domani. I condomini popolari rientrano negli antichi acquedotti e i panni vengono stesi ad asciugare a pochi metri dal traffico incessante di un cavalcavia. Griglie e cancelli tengono rinchiusi i personaggi, mentre le finestre sporche sono posizionate in alto, lasciando entrare una luce da sottomarino negli appartamenti in cui girano ventilatori da quattro soldi.
Gianmarco Franchini interpreta Manuel, un giovane rapper sensibile – e piccolo spacciatore – che viene sorpreso a prostituirsi da un trio di poliziotti corrotti e costretto a fare da cameraman clandestino a una festa decadente organizzata da un politico travestito. Ma il video del ricatto viene messo da parte quando Manuel fugge dalla festa, allarmato dalla scoperta di una telecamera nascosta. Non importa che qualsiasi ragazzo intelligente pensi che questa telecamera di sorveglianza (e la missione che gli è stata affidata) siano collegate. Ci basta sapere che è spaventato e che i poliziotti che lo hanno ‘assunto’ lo stanno inseguendo.
Il primo punto di riferimento di Manuel è il “Pol Niuman” di Valerio Mastandrea, che un tempo era uno dei principali esponenti della Banda della Magliana di Roma. Anche il padre di Manuel, ‘Daytona’ (Servillo), era uno dei pezzi grossi della Magliana, così come Romeo, alias ‘Il Cammello’ (Favino). Tutti e tre sono dei relitti: Pol Niuman è cieco, Daytona non c’è più e Romeo ha il cancro.
Alla faccia della trama raffazzonata, Adagio è più interessato alla vita interiore dei suoi personaggi. Il poliziotto di Adriano Giannini, appena dopo essere stato ferito da un colpo di pistola e ricucito, è al telefono con il figlio maggiore per negoziare l’orario della televisione per la sera.
In attesa dell’ascensore da Romeo, Manuel viene incaricato di portare al piano superiore il carrello della spesa di un’anziana matrona romana. La vaghezza mentale di Daytona va e viene, apparentemente a piacimento; un attimo prima lancia il suo sandalo contro un piccione sulle strisce pedonali, un attimo dopo appare dal nulla, coltello alla mano, nell’auto della polizia che lo stava inseguendo.
Ma è il Romeo di Pierfrancesco Favino il personaggio più memorabile di Adagio, per non dire la sua trasformazione più impressionante (questo è un film che nei titoli di coda elenca non uno, ma due agenti “anziani”). È un Ercole in disfacimento, calvo e curvo, sdraiato in posizione fetale sul pavimento sotto il letto della sua ex amante nel vano tentativo di sfuggire al caldo e all’umidità romana, ma ancora capace di momenti di forza e ferocia di un toro.
Di seguito – sulle note di Tutto il resto è noia – trovate il full trailer di Adagio, nei cinema dal 14 dicembre:
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