Voto: 5/10 Titolo originale: Ash , uscita: 20-03-2025. Regista: Flying Lotus.
Ash – Cenere mortale: la recensione del film fanta-horror di Flying Lotus (su Prime Video)
25/04/2025 recensione film Ash - Cenere mortale di Gioia Majuna
Eiza Gonzalez e Aaron Paul sono al centro di un'opera visivamente ambiziosa ma narrativamente carente, che mescola suggestioni di vari cult senza trovare una vera identità, privilegiando l’estetica psichedelica alla coerenza

Nel fanta-horror Ash – Cenere mortale, un gruppo di astronauti etnicamente e geograficamente eterogeneo viene inviato verso i confini più remoti della galassia come ultima speranza per la Terra. A loro è stato affidato il compito di trovare un nuovo pianeta abitabile per una futura ripopolazione, poiché quello d’origine è ormai condannato, devastato da una catastrofe ecologica.
Tuttavia, qualcosa è andato terribilmente storto: dopo l’atterraggio su un pianeta alieno, l’intero equipaggio – tranne la nostra “final girl” – è stato massacrato a bordo della nave. Colpita da amnesia, l’unica sopravvissuta conserva solo ricordi frammentari di ciò che è accaduto, ma è ossessionata dall’idea che l’equipaggio sia stato contagiato da un’infezione e che nessuno fosse realmente ciò che sembrava.
La paranoia prende il sopravvento, ulteriormente alimentata dal ritorno di un altro astronauta, che si pensava fosse impegnato in una missione a lungo raggio, il quale torna sull’astronave in cerca di risposte. Ci si può fidare di lui? La protagonista può persino fidarsi di se stessa?
Ash – Cenere mortale è scritto e diretto dall’artista hip-hop/elettronico Flying Lotus (già regista nel 2017 dell’antologia horror-comedy Kuso, dove si era accreditato semplicemente col suo vero nome, Steve), e se questa trama suona come un collage di elementi pescati da titoli molto amati, non è solo un’impressione.
In un’analogia quasi troppo esplicita, il regista “campiona” elementi da – per citare solo alcune influenze evidenti – Alien, Sunshine, La Cosa, Punto di non ritorno, Interstellar e Alta Tensione, remixandoli in qualcosa che si rivela meno della somma delle sue parti.
L’autore ha di fatto “esternalizzato” la trama, i personaggi, i dialoghi e i temi ai suoi illustri predecessori, concentrando tutte le proprie energie creative nell’inventare paesaggi digitali psichedelici, immergere le scene in luci magenta e blu, offrire un design retro-futuristico delle scenografie, stratificare distorsioni digitali e droni nella colonna sonora e regalare agli spettatori effetti gore talmente estremi da essere, in questo caso, più descrittivi che iperbolici.
Non a caso, la versione ideale di questo film sarebbe proiettata su uno schermo gigante dietro una consolle da DJ, fungendo da accompagnamento visivo per un set EDM in cui la familiarità degli elementi sarebbe un punto di forza. Ash – Cenere mortale dà il meglio di sé quando lo si guarda di sfuggita, magari mentre si balla sotto l’effetto di qualche droga di sintesi. In altre parole, la visione concentrata non giova al film.
La protagonista e surrogato dello spettatore è Riya (Eiza González), che si risveglia sulla nave trovando la maggior parte dei colleghi morti in pozze di sangue, i loro corpi spezzati e l’integrità della navicella ormai compromessa. Riya stessa è malconcia, insanguinata, con una vistosa ferita alla fronte che potrebbe spiegare la sua perdita di memoria a breve termine, anche se continua ad avere flash traumatici di attacchi da parte dei compagni, tra cui l’amico con benefici Kevin (Beulah Koale) e Adhi (Iko Uwais, già protagonista di The Raid, il cui coinvolgimento promette più di quanto il film possa offrire).
L’aria all’esterno è tossica – anche se ciò non impedisce a Riya di vagare fuori senza casco per diversi minuti – e la nave perde ossigeno. A milioni di chilometri da ogni civiltà o possibilità di soccorso, la situazione sembra disperata, finché un rumore violento proveniente dalla porta dell’airlock non richiama la sua attenzione.
Dopo aver aggredito preventivamente lo sconosciuto in tuta spaziale, Riya scopre che si tratta di Brian (Aaron Paul), un membro dell’equipaggio partito mesi prima per monitorare il pianeta dall’orbita e tornato ora a causa del segnale di soccorso della nave. Riya non ricorda molti dettagli, ma Brian sembra conoscere più di lei sulla missione e sull’equipaggio, sa muoversi bene nell’infermeria, applica cerotti sedativi per abbassarle la febbre e gestisce un apparecchio medico automatico che esegue operazioni chirurgiche accompagnate da istruzioni giapponesi allegrette e suoni da videogame 8-bit.
La navicella di Brian dista alcuni chilometri e c’è solo una finestra temporale ristretta per abbandonare il pianeta e raggiungere l’astronave madre, quindi le consiglia di riposare il minimo indispensabile per affrontare il viaggio. Ma Riya non riesce a scrollarsi di dosso l’idea che la sua squadra sia stata infettata da qualcosa di sconosciuto e che un membro, Clarke (Kate Elliott), sia ancora disperso e possa rappresentare una minaccia, sospetti che Brian liquida con troppa rapidità.
Si dice spesso che una delle cose più difficili da dirigere sia una semplice conversazione tra due attori seduti a un tavolo; ci sono pochi modi per renderla interessante visivamente, ma mille modi per anestetizzare lo spettatore con spiegoni verbosi. Questo pensiero ricorre durante la visione di Ash – Cenere mortale, che forse è l’opera di un artista visivo promettente, ma non ancora di un vero regista.
È facile distinguere le parti in cui Flying Lotus si coinvolge con la materia narrativa e quelle in cui invece si disinteressa. Una sequenza onirica mostra Riya svegliarsi in campi di grano color ruggine vestita come una regina africana, con la luce che filtra tra gli alberi: immagini suggestive come in uno spot di profumo, ma prive di reale significato e totalmente avulse dal film.
Lo stesso vale per le tute spaziali indossate dai personaggi, con compartimenti trasparenti illuminati di verde innaturale che rivelano porzioni dello scheletro: almeno una variante rispetto all’omogeneità funzionale solita del genere.
Discorso analogo per la vera star del film, il già citato robot-chirurgo, che viene mostrato come i WC giapponesi nei cartoni animati, con animazioni morbose durante le autopsie che offrono condoglianze digitali e chiedono di valutare il servizio. Il risultato complessivo è una somma di concept visivi intriganti e protesi splatter degne di Fangoria, ma manca quasi del tutto un vero film attorno a questi elementi.
Quando si tratta dei fondamentali, Ash – Cenere mortale si muove da una scena all’altra senza urgenza – nonostante la presenza di più “orologi” narrativi – e fatica a comunicare le informazioni di base: spesso si ha l’impressione che il film sia bloccato nel semplice passaggio da un punto all’altro della trama.
Si ricorre così a fusioni mentali, narrazione onnisciente e una cascata di flashback inediti, scelta frustrante visto che molte delle opere da cui attinge sono modelli di economia narrativa. Inoltre, la natura stessa del personaggio di Paul prevede uno degli espedienti più abusati del cinema contemporaneo (chi conosce la New French Extremity probabilmente avrà già intuito di cosa si tratta).
Insomma, Ash – Cenere mortale rimane in un limbo sfortunato tra astrazione pura e artigianato digitale low budget à la Benson & Morehead e il B-movie raffazzonato che continua ad aggiungere colpi di scena anche nel secondo atto. Il film è lacerato tra due pulsioni opposte, senza abbandonarne mai una a favore dell’altra e senza riuscire a conciliarle.
L’intera operazione soffre di una sindrome da videoclip, dove il “colpo d’occhio” prevale sulla sostanza e la coerenza narrativa. Eppure, per quanto Ash insegua la filosofia del “vibes first” e metta in scena “roba figa”, manca quasi completamente di un vero flusso visivo o narrativo. Ha l’aspetto esteriore di qualcosa di divertente, ma al suo interno i pezzi sono assemblati in modo errato.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Ash – Cenere mortale, in esclusiva su Prime Video dal 23 aprile:
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