Voto: 6/10 Titolo originale: Bullet Head , uscita: 07-12-2017. Regista: Paul Solet.
Bullet Head | La recensione del film con Adrien Brody e John Malkovich
20/03/2020 recensione film Bullet Head di Francesco Chello
I due attori, con Antonio Banderas e Rory Culkin, al centro di un beast movie dalle venature noir diretto dal regista Paul Solet
La sera del 20 marzo, Rai 4 trasmetterà (in prima TV in chiaro) Bullet Head, un film che aveva avuto una release cinematografica su alcuni mercati minori verso la fine del 2017, per poi essere distribuito direttamente in home video negli States e nel resto del mondo a partire da gennaio 2018, arrivando in Italia a luglio dello stesso anno in DVD e Blu-ray targati Koch Media.
Io lo avevo preso un po’ al buio, stuzzicato dai nomi su una locandina che mi aveva portato a farmi un’idea di un titolo crime, allo stesso tempo incuriosito da come si ponesse un prodotto di questo tipo in un percorso fin qui orrorifico come quello del regista Paul Solet (Dark Summer). In realtà, Bullet Head è proprio una via di mezzo tra le due cose.
Il film di Solet, infatti, crea uno stranissimo abbinamento tra thriller/noir ed elementi da beast movie d’assedio, un mix sicuramente inusuale ma particolare, che si rivela per forza di cose un punto a favore del progetto. In pratica, tre rapinatori un po’ sfigati si rifugiano in un enorme edificio abbandonato dopo un colpo più complicato del previsto in attesa di un complice che possa aiutarli ad aprire la cassaforte trafugata; non sanno, però, di non essere soli, il luogo viene utilizzato per ospitare combattimenti clandestini tra cani e di giorno è presidiato da un enorme mastino lasciato a guardia degli introiti delle scommesse dal proprietario della bisca. Insomma, ve l’avevo detto che erano un po’ sfigati.
La quota ‘bestiale’ è quella che funziona decisamente meglio. Il mastino è devastante. Enorme, sporco, feroce. Le sequenze a lui dedicate sono ben congegnate, tesissime, i danni (anche alle cose) sono quasi percepibili. E questo senza mietere vittime tra i protagonisti, ma chiudendo il film con una sola (ma importante) uccisione, a dimostrazione dell’efficacia della messinscena – che comprende alcune riprese mostrate dal punto di vista dell’animale. Volendo essere pignoli (o assetati di sangue, fate voi), io qualche morto in più lo avrei aggiunto, che in questi casi un cadavere ci sta sempre bene, ma non ne facciamo un dramma. Un cane ipertrofico che incute terrore, eppure sarà capace di veicolare i momenti emotivamente più intensi, oltre che farsi indirettamente portavoce di un condivisibile messaggio animalista contro il maltrattamento degli animali ed il fenomeno criminale dei combattimenti clandestini.
Non a caso, i titoli di coda di Bullet Head si concludono sul guaito di un cane ed una didascalia che sottolinea che una parte dei proventi è destinata ad associazioni che si occupano di combattere il fenomeno. Per portare De Niro (questo il nome del cagnone, scritto su un tabellone degli incontri in cui ogni animale che combatte ha il nome di un attore famoso) sulla scena sono stati utilizzati tre esemplari differenti di mastino delle Canarie, a seconda dei compiti da svolgere.
Peccato solo per un piccolissimo frangente in cui viene preferita una CGI poco convincente. Nel film compare anche un cucciolo di mastino che, al termine delle riprese, sarà regalato al produttore Yariv Lerner, il quale deciderà di chiamarlo proprio De Niro.
Purtroppo non sono tutte rose e fiori, Bullet Head incespica un po’ nella sua parte noir. A cominciare da una struttura a flashback che se da un lato serve a caratterizzare meglio i protagonisti, dall’altro finisce per frammentare troppo il meccanismo narrativo minando puntualmente la tensione che la situazione d’assedio aveva creato. La cosa sfiziosa è che tutti i racconti hanno, in qualche modo, il cane come argomento comune denominatore.
Flashback che si inseriscono in un tono generale eccessivamente malinconico, spingendolo ulteriormente verso tristezza e pessimismo – il più eloquente, in questo senso, è il racconto del più giovane del trio, marcatamente strappalacrime. Di contro (e di buono), ciò permette agli interpreti di far venire fuori delle performance apprezzabili, che per un film (in sostanza) di genere non possono che essere un pregio. Il leader del gruppo è un Adrien Brody, che si presenta con un codino alla Zlatan Ibrahimovic (ma l’attore vince la gara dei nasi), è un ladro che mette passione nel suo ‘lavoro’, ha dei princìpi morali e vive nel rimpianto di una storia d’amore finita (?) male.
Singolare quando si salva nascondendosi in un pianoforte, che per Brody evoca i dolcissimi ricordi da Oscar de Il Pianista. John Malkovich è il ladro anziano, l’esperto, il saggio che parla per massime e metafore. Rory Culkin (il minore dei fratelli Culkin, la famiglia del famoso Macaulay aka Kevin McCallister) è il giovane problematico, il colpo si complica a causa della sua tossicodipendenza che in realtà nasconde una sostanziosa sofferenza interiore, al suo personaggio vengono riservati i momenti più tristi – perché il passato è come un macigno, non puoi nuotare se te lo porti dietro.
Piccola partecipazione per Antonio Banderas, che inizialmente compare in maniera sporadica, tenuto in caldo per il gran finale; criminale elegante (anche nell’outfit), si adegua alla tendenza generale di parlare per ricordi e nel mezzo di una sparatoria si mette a raccontare un aneddoto personale che porta a un flashback anche per De Niro, trattato alla stregua degli altri personaggi, completando così il quadro con coerenza.
La regia di Paul Solet è curata, si affida ai dettagli, si avvolge di una confezione adeguata e sfrutta nel migliore dei modi una location dal potenziale grande quanto la sua metratura. Bullet Head è tutta farina del suo sacco, considerando che anche lo script porta la sua firma. Una sceneggiatura non sempre fluida, che di tanto in tanto compromette un clima di tensione costruito con pazienza, ma che nel complesso non pregiudica la visione di un film che si fa notare per un’originale combinazione di generi, concepito con ingegno e professionalità. E nobilitato da un apprezzabile messaggio animalista che lo rende consigliato ai cinefili cinofili.
Di seguito il trailer internazionale di Bullet Head:
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